Cina, addio alla politica del figlio unico: arriva il bonus bebè
- 29 Luglio 2025
- Mondo
Anche la Cina punta ad incentivare la natalità. Come? Con il “bonus bebè” dal valore di 3.600 yuan all’anno, circa 430 euro, per ogni bambino con meno di tre anni. L’annuncio è arrivato dai media ufficiali, dopo che in passato c’erano state iniziative a livello locale.
L’agenzia Xinhua parla di quello che viene descritto come “un programma a livello nazionale di sussidi per l’assistenza all’infanzia“. L’obiettivo dichiarato è “sostenere le famiglie e la natalità”. Così il Dragone dice definitivamente addio alla politica del “figlio unico”.
Il bonus bebè in Cina
A spiegare il funzionamento del bonus è la Cctv che parla di una “misura a livello nazionale con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione” e di “ridurre” i “costi per l’istruzione dei figli”. Il ‘bonus’ è retroattivo. L’emittente spiega che “dal primo gennaio 2025 il sistema di sussidi per l’infanzia erogherà sussidi per i neonati di età inferiore ai tre anni”.
Il bonus vale per i bambini nati dal primo gennaio 2025, i cui genitori potranno beneficiare del sostegno per tre anni. I genitori dei piccoli nati prima del primo gennaio e di età inferiore a tre anni, avranno comunque diritto al ‘bonus’, ma in misura ridotta.
La denatalità in Cina
La misura arriva in tendenza con quelle adottate nei Paesi occidentali per incrementare le nascite. Anche in Italia, infatti, esiste il “bonus nuovi nati” ed è un contributo di sostegno al reddito introdotto dall’art. 1 comma 206 della legge 30 dicembre 2024, n. 207 a favore dei genitori, per incentivare la natalità e contribuire alle spese per il sostegno. Il contributo è riconosciuto a favore del genitore di un minore nato, in affido preadottivo o adottato dal primo gennaio 2025, con un valore Isee per prestazioni ai minorenni non superiore ai 40mila euro. Il bonus consiste in un importo di 1.000 euro una tantum.
E come per i Paesi occidentali, anche per il Dragone il 2024 è stato un “anno nero” per i tassi di fertilità al minimo storico, con un aumento delle famiglie composte da una sola persona e una marcata tendenza ad abbandonare sempre più l’idea di avere un figlio.
Secondo i dati del ministero per gli Affari civili della Cina, lo scorso anno nel gigante asiatico 6,1 milioni di coppie hanno registrato un matrimonio, il 20,5% in meno rispetto al 2023 e meno della metà rispetto al 2013, quando furono più di 13 milioni le coppie che decisero di sposarsi. All’epoca della diffusione dei dati la Cnn evidenziava come fosse il dato più basso da quando il ministero ha iniziato a diffondere le statistiche nel 1986.
Lo scorso anno nel gigante asiatico sono stati – dicono i dati ufficiali – 9,54 milioni i nuovi nati e 10,93 milioni i decessi. Dati che spiegano anche come mai dal 2023 è l’India, eterna rivale della Cina, il Paese più popoloso al mondo.
La politica del figlio unico
Era il 1979 quando entrava in vigore in Cina la “politica del figlio unico”, una misura drastica nata per contenere la sovrappopolazione che minacciava il welfare del Paese. Inizialmente promossa da Mao Zedong, la politica è stata successivamente rivista, fino ad arrivare a regole di pianificazione familiare, permessi per gravidanze e critiche internazionali per violazione dei diritti umani e pratiche come aborti forzati o infanticidi. Nel corso degli ultimi quarant’anni, questa politica, abolita ufficialmente nel 2013, ha portato a gravi squilibri di genere a favore dei maschi e a un eccessivo invecchiamento della popolazione.
Neanche con la possibilità di poter avere fino a tre figli il trend demografico negativo ha avuto occasione di riprendersi e quello che era un problema prima – la sovrappopolazione – oggi assume i tratti del problema inverso – la denatalità.
Con l’introduzione del bonus bebè, la Cina sembra pronta a voltare pagina dopo decenni di pianificazione familiare rigorosa. Un cambio di rotta che non è solo economico, ma culturale, nel tentativo di ricucire il tessuto demografico del Paese. Tuttavia, come dimostrano anche le esperienze occidentali, il semplice incentivo finanziario potrebbe non bastare a invertire il trend della denatalità. Serviranno politiche più ampie, capaci di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni e di rendere l’idea di famiglia di nuovo sostenibile e desiderabile.