Luca Trapanese a Diletta Leotta: “Io gay e papà di Alba (con Sindrome di Down). Cos’è la normalità?”
- 24/01/2024
- Trend
Luca Trapanese è assessore al Welfare di Napoli e papà single di Alba. La piccola, con sindrome di down, è venuta al mondo quando Luca aveva manifestato la sua disponibilità al Tribunale di Napoli, a prendere in affidamento un bambino che avesse una qualsiasi forma di disabilità. “Non per un gesto eroico, ma perché mi sentivo prontissimo per questa sfida”, ha rivelato a Diletta Leotta di cui è stato ospite a #Mammadilettante.
“La mia storia non è tradizionale – ha spiegato Luca, ospite al format social della commentatrice sportiva -. Sono napoletano e ho 46 anni. Sette anni fa ho chiesto al tribunale di prendere in affido un bambino o bambina con disabilità perché sono cresciuto nella disabilità e so le difficoltà che hanno questi bambini ad essere adottati. Non ho fatto nessuna richiesta particolare al tribunale, mi sono posto in una modalità di disponibilità assoluta, spuntando qualsiasi caratteristica: dal bambino con una sola sindrome ad uno con una grande disabilità motoria. Dopo sei mesi, sono stato chiamato per una neonata, affidata da mamma (biologica, ndr) all’ospedale e che non riusciva a trovare una famiglia perché disabile”.
Il quadro normativo
Luca Trapanese ha ottenuto l’affidamento di sua figlia grazie all’art. 44 della legge 1983 e che tutela le adozioni in casi particolari come handicap degli adottati e la presenza di genitori non coniugati. In questo modo, dopo neanche un mese, ha preso tra le sue braccia Alba e l’ha accolta nel suo mondo: “Mi sono sentito il papà di Alba quando il giudice mi ha reso idoneo all’adozione. L’infermiere me l’ha quasi “buttata” tra le braccia: in quel momento mi sono sentito padre, con ansie, gioie e paure per il futuro di una creatura. È straordinario, ma nulla in più rispetto alle altre famiglie”.
“Quella dell’83 è una legge che rispecchiava una società che oggi non esiste più in Italia – ha poi proseguito Luca -. La società è già cambiata. Ci sono già tanti modelli di famiglia, tutti validi se al centro c’è l’amore per i propri figli, indipendentemente che i genitori siano tre, due o uno. Quello che possiamo fare è parlarne, spingere il legislatore ad affrontare una verità: abbiamo bisogno di cambiare questa legge e renderla attuale rispetto ai bisogni di una società che sente l’esigenza di essere all’avanguardia. Ci vantiamo di essere un Paese moderno, ma siamo circondati da Paesi che l’anno cambiata, noi nel 2023 ancora no.
“Normale”
Diletta Leotta, durante l’intervento di Luca Trapanese ha preso la parola per la domanda successiva confessando il fatto che le piacerebbe che sua figlia, Aria, non imparasse mai la parola “normale”. In merito, il papà di Alba ha risposto: “Vogliamo per forza convincerci che dobbiamo essere i primi, i migliori e seguire un istinto di normalità che non appartiene all’essere umano. Siamo tutti pieni di disabilità. La nostra società non ci spinge a valorizzare i difetti”.
E ha continuato: “Chi mi conosce dice che sono nato padre. È una vocazione. Mi sentivo pronto. Essere un papà single è faticoso per le decisioni da prendere e non puoi confrontarti col tuo partner. Quella scelta non la riesci a condividere con nessun altro e speri che sia quello il suo bene”.
Il momento più bello?
“Alba mi abbraccia e mi chiama papà venendo nel lettone: questa è la cosa più bella che ricordo di quando era più piccola. Poi un momento indimenticabile è stato vederla camminare: non è scontato per un bambino con una disabilità grave. Vederla camminare all’improvviso in un prato e corrermi dietro: è stata un’emozione indimenticabile.
Essere genitore oggi è un lavoro faticoso. L’impegno che ho come assessore al welfare di Napoli ti induce ad essere sempre presente e io cerco di non far mancare nulla ad Alba e di essere presente nelle sue cose e nei miei impegni. Mi lascio affidare agli eventi e mi sento responsabile di questo ruolo per la mia città, soprattutto per i temi legati alle fragilità.
La storia di Luca Trapanese
Quella di Luca Trapanese è una storia che conquista il grande pubblico per la sua spontaneità, determinazione e coraggio dimostrato. Non tanto nell’adottare una bambina con Sindrome di Down anche se single, ma l’essere disposto a crescerla in un mondo complesso che è ricco di pregiudizi e critiche e trova nei social la massima espressione.
Luca ha raccontato di aver creato la sua community social quando si è reso conto che la gente si era appassionata alla sua realtà, alla sua famiglia. Così è riuscito ad aprirsi al “pubblico” e diventare un simbolo e un esempio per molte persone, un modello positivo di inclusione e apertura alle ostilità.
Nonostante le critiche non siano mancate, Luca Trapanese ha proseguito la sua vocazione alla genitorialità. Con quest’ultima, anche la carica al Welfare di Napoli è stata un’altra grande sfida: “Essere di Napoli mi ha aiutato. Il tribunale o i servizi sociali si sono preoccupati solo della mia consapevolezza di avere un figlio disabile e della mia situazione economica. Così mi sono sentito libero di parlare anche della mia omosessualità. Napoli è quella città in cui tutto può succedere nel bene e nel male”.
L’importanza del messaggio
La sua storia è d’ispirazione per tutte quelle persone che hanno paura di avere un figlio, nonostante ne abbiano le possibilità. Può essere un modello per chi è disposto a regalare amore anche a persone che si ritrovano in condizioni di fragilità. Dalle sue parole è emerso il concetto di “rete familiare” che non individua solo in quella tradizionale la sua massima espressione, ma che oggi è una vera e propria catena di legami, costituita da chi si sceglie di amare, indipendentemente dai vincoli di sangue.
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