Chiama il figlio Lecco, ma in Italia potrebbe essere illegale: ecco perché
- 21/10/2024
- Trend
Di nomi strani ce ne sono tanti al Mondo, ma alcuni colpiscono per rarità e particolarità. È il caso di Lecco Lee Sice, il neonato di Marlee Sice, venuto al mondo nelle scorse settimane e che, portando il nome della città lombarda, è già divenuto un caso di cronaca rosa internazionale.
La giovane mamma di Geraldton, in Australia, ha dato alla luce il suo secondogenito chiamandolo Lecco, scelta condivisa dalla compagna Phoebe Wale: “Prende il nome dal bellissimo borgo d’Italia in cui ho vissuto, e dal mio meraviglioso papà”, ha scritto sul proprio profilo Instagram sotto il post che ritrae in foto il neonato. Lecco Lee Sice è nato alle 10.13 del 13 ottobre, pesa poco meno di quattro chili ed è già la mascotte dei lecchesi, che si sono congratulati in massa sui social.
Ma in Italia, siamo sicuri si possa chiamare il figlio proprio come si desidera? Scopriamolo insieme.
Nomi vietati in Italia
Scegliere il nome per un neonato è spesso una fonte di grande gioia. Altre volte crea discussioni che portano a compromessi tra i genitori o le famiglie. La legge italiana, però, è chiara e offre ampia libertà ai genitori nella scelta del “prenome”. Il nostro ordinamento riconosce infatti un particolare valore al nome proprio di ciascuno, configurando un vero e proprio “diritto al nome” (composto da nome e cognome), dedicandogli ben quattro articoli del Codice Civile (artt. 6, 7, 8 e 9 c.c.). In particolare, il D.P.R. n. 396 del 2000, nel suo art. 34, stabilisce alcune limitazioni (o meglio, divieti) nella scelta del nome. Scopriamoli insieme.
Il caso di omonimia
L’articolo 34 vieta di imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi. La questione riguarda l’omonimia, di cui di casi al mondo ce ne sono già troppi, ed evitarli nella propria famiglia contribuisce ad una facilitazione legale e ad una maggiore identificazione personale.
Cognome-nome?
Se avessi intenzione di chiamare tuo figlio Berlusconi o Maradona, ad esempio, sarebbe vietato. Si parla di divieto di imporre il cognome ad un neonato.
Nomi ridicoli o vergognosi
Sei un appassionato di cartoni o manga e pensi di chiamare tuo figlio Pikachu? Potresti avere qualche problema, perché la definizione di “ridicolo” o “vergognoso” non ha limiti specifici e un nome non propriamente “normale” rischia di rientrare entro quelle sfumature di “ridicolo” o “vergognoso” vietate dalla legge: come potrebbe intendersi il nome di una città, presumibilmente.
Nomi stranieri
Anche sui nomi stranieri ci sono dei limiti. Quelli imposti dai genitori ai bambini aventi la cittadinanza italiana devono essere espressi in lettere dell’alfabeto italiano, con la estensione alle lettere: J, K, X, Y, W e, dove possibile, anche con i segni diacritici propri dell’alfabeto della lingua di origine del nome.
Genitori sconosciuti?
Infine, in caso in cui i genitori siano sconosciuti al bambino, non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l’origine naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente conosciute nel luogo in cui l’atto di nascita è formato. E qui diciamo che “Esposito”, ad esempio, non sarebbe proprio indicato.
Sanzioni e modifiche alla legge
E ora ti starai chiedendo “Cosa succede se do a mio figlio un nome vietato dalla legge italiana?”. Se il dichiarante intende dare al bambino un nome in violazione del divieto stabilito nel comma 1 o in violazione delle indicazioni del comma 2, “l’ufficiale dello stato civile lo avverte del divieto, e, se il dichiarante persiste nella sua determinazione, riceve la dichiarazione, forma l’atto di nascita e, informandone il dichiarante, ne dà immediatamente notizia al procuratore della Repubblica ai fini del promovimento del giudizio di rettificazione”.
L’art. 35 del D.P.R. è stato modificato dall’art. 5 della L. n. 219/2012. La versione originale dell’art. 35 recitava: “Art. 35. – (Nome). – 1. Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere costituito da uno o più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre. 2. In quest’ultimo caso, tutti gli elementi del prenome dovranno essere riportati negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe”.
La versione aggiornata ora prescrive: “Art. 35. – (Nome). – 1. Il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere costituito da un solo nome o da più nomi, anche separati, non superiori a tre. 2. Nel caso siano imposti due o più nomi separati da virgola, negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale dello stato civile e dall’ufficiale di anagrafe deve essere riportato solo il primo dei nomi”.
Questo caso ha aperto la diatriba sui cosiddetti “nomi neutri” come Andrea, Sole o Celeste. La giurisprudenza prima ha rifiutato l’uso di nomi tradizionalmente maschili per bambine e viceversa, poi ha aperto alla possibilità di assegnarli insieme a un altro nome di chiara corrispondenza al sesso del nato, e ora sta iniziando ad accettare anche la nozione di “neutro”.
Altri limiti
In passato, ci sono state difficoltà interpretative sul numero di nomi da poter attribuire a un neonato, poiché il D.P.R. n. 396 utilizzava l’espressione tecnica “elementi onomastici”. La legge del 2012 ha chiarito che i genitori possono assegnare fino a tre nomi, separati da virgole, che compariranno solo negli estratti integrali di nascita e non nei documenti ufficiali come il codice fiscale o la carta d’identità.Ora è possibile dare più di un nome al proprio bambino senza complicazioni burocratiche: l’obbligo di utilizzare sempre tutti i propri nomi (massimo due) ricordava ai genitori la funzione sociale del nome come “carattere distintivo dell’identità personale”.
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