Violenza sessuale? “Non conta il tempo di reazione”: lo dice la Cassazione
- 18 Giugno 2025
- Popolazione
Quanti secondi servono per opporsi a un’aggressione? La risposta giusta è: non conta. O almeno non dovrebbe essere un fattore determinante. A chiarirlo è la Corte Suprema di Cassazione che spiega che il ritardo nella reazione della vittima, “nella manifestazione del dissenso”, è “irrilevante” ai “fini della configurazione della violenza sessuale” stessa. La sentenza arriva dopo il ricorso del sostituto procuratore generale di Milano Angelo Renna, che ha disposto un processo d’appello bis per un ex sindacalista di 48 anni, dipendente all’aeroporto di Malpensa, accusato di abusi su una hostess.
Il 48enne era stato assolto perché la vittima, “in 30 secondi”, avrebbe potuto opporsi. Ma la Suprema corte ha stabilito che le sentenze di primo e secondo grado non sono in linea con i “pacifici orientamenti giurisprudenziali” e l’assoluzione dell’ex sindacalista Cisl va annullata con rinvio ad un nuovo secondo grado.
Ma questa sentenza non è solo una correzione giuridica, ribadisce un principio fondamentale: quanto deve lottare una vittima per essere creduta? Il nuovo processo dovrà rispondere anche a questa domanda.
Il caso della hostess molestata
La storia di Barbara D’Astolto, 48 anni, oggi insegnate a Busto Arsizio (Varese), all’epoca hostess di una compagnia di voli charter con partenza da Milano Malpensa, inizia nel 2018. La donna, di rientro dalla maternità, si era rivolta ad un sindacalista della Cisl Lombardia, Raffaele Meola, per essere supportata dalle discriminazioni che aveva subito dalla compagnia aerea insieme ad altre colleghe neomamme. La compagnia, infatti, aveva retrocesso ed emarginato la 48enne, perché aveva chiesto di essere esonerata dai turni notturni e dai voli a lungo raggio, dopo la nascita delle figlie.
Nella prima fase il sindacalista si era dimostrato collaborativo e presente. Ma durante un incontro a due nella sede del sindacato, l’uomo ha molestato pesantemente la donna. Circa 20-30 secondi, tanto è bastato per far sì che le sue mani raggiungessero gli slip di Barbara che – paralizzata dalla paura e sorpresa dall’aggressione repentina – ha reagito immediatamente. Non abbastanza per qualcuno che ha assolto in primo e secondo grado l’uomo perché la donna avrebbe potuto reagire prima.
Consenso: qual è la “vittima modello”?
La Corte d’Appello di Milano aveva confermato il verdetto del Tribunale di Busto Arsizio del 2022, ritenendo che i comportamenti dell’imputato – che i pm contestavano come abusi sessuali – non erano stati tali “da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta”. Condotta che, sostenevano i giudici, “non ha vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale”, ossia “20-30 secondi”, che “le avrebbe consentito anche di potersi dileguare”.
A febbraio, però, la terza sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso della Procura generale milanese sostenuto anche dal pg della Cassazione, che ha disposto l’appello bis ritenendo, si legge ora nelle motivazioni, che “entrambe le decisioni” di primo e secondo grado “non abbiano fatto buon governo dei consolidati principi affermati dalla giurisprudenza in materia di violenza sessuale”.
In questo caso, spiega la Cassazione, i giudici dei due processi non hanno mai “dubitato della insidiosità e repentinità degli atti sessuali”, che integrano “di per sé la violenza sessuale, ma hanno immaginato che la durata del contatto escludesse l’insidiosità del gesto e comportasse la necessità della violenza, della minaccia e dell’abuso di autorità per pronunciare la condanna“. Invece, chiarisce la Cassazione, “è chiaro” che la hostess che si era recata nel 2018 dall’allora sindacalista “per esporre un problema di lavoro e che per tutto il tempo aveva mantenuto in mano la cartellina contenente i documenti, era rimasta del tutto disorientata e sguarnita rispetto ai comportamenti dell’uomo”.
Una sentenza importante
La sentenza della Cassazione assume un ruolo importante. Il dibattito sul concetto di consenso, in Italia, è molto acceso. Nella letteratura scientifica, come chiariscono anche i giudici, esiste il fenomeno del “blocco emotivo”, cosiddetto “freezing”, cioè l’incapacità di reagire con lucidità e immediatezza ad una situazione di pericolo.
Ma esiste un modello di reazione della vittima o una vittima modello?! Chiaramente no. E a stabilirlo è la stessa Cassazione che ribadisce: sulla “mancata percezione del dissenso della donna” il ragionamento di Tribunale e Corte è “fallace”. In giurisprudenza è “pacifico” il principio che chi “agisce” deve acquisire “il consenso del destinatario degli atti sessuali, o comunque non lo escluda sulla base del contesto, anche in caso di gesto repentino”.
Questa sentenza della Cassazione solleva un tema fondamentale: il consenso e la reazione non possono essere misurati con il cronometro. La decisione ribalta un precedente giudiziario che sembrava basarsi su un presupposto errato, quello della “reazione ideale” da parte della vittima. E il nuovo processo, da fissare in appello a Milano, dovrà tenere conto di questi paletti ribaditi dalla Suprema Corte.