Il Vaticano ha davvero aperto al fine vita?
- 09/08/2024
- Popolazione
Dal Vaticano un’apertura sul fine vita? La risposta non può essere univoca, ma il vademecum diffuso ieri dalla Pontificia Accademia per la vita, l’organismo del Vaticano responsabile delle questioni bioetiche, rappresenta una novità per la Santa Sede.
Fine vita, cosa ha detto il Vaticano
Il Vaticano ribadisce il rifiuto dell’eutanasia ma parla anche della necessità di trovare, in società democratiche e pluraliste, “un punto di mediazione fra posizioni differenti”. È soprattutto sull’accanimento terapeutico che la Santa Sede va oltre le tradizionali posizioni sottolineando che “il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente che le rifiuti con una consapevole e informata decisione, anche anticipatamente espressa in previsione dell’eventuale perdita della capacità di esprimersi e di scegliere”.
Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, chiarisce i punti cruciali del vademecum intitolato “Piccolo lessico del fine vita”:
- Assoluta contrarietà a suicidio assistito ed eutanasia;
- difesa del diritto alla vita, soprattutto per i più deboli;
- necessaria valutazione dei trattamenti non proporzionati;
- maggior cura dei malati;
- collaborazione tra Chiesa e politica sui temi del fine vita
Paglia ridimensiona quella che da molti viene definita una “apertura storica” della Santa Sede, spiegando che le indicazioni presenti nel vademecum sono il frutto degli ultimi settant’anni di magistero dei Papi e della Chiesa.
Intanto, il Parlamento continua a non legiferare sul tema nonostante i ripetuti appelli della Corte costituzionale e le iniziative regionali. Chissà se l’invito del Vaticano cambierà le cose.
Il vuoto legislativo
Nel testo si legge: “Non si può ignorare che la sentenza della Corte costituzionale sollecita il Parlamento a colmare la lacuna legislativa rilevata in questo ambito, per di più in un contesto culturale che spinge, nei paesi occidentali, verso una deriva eutanasica. In questo quadro, far mancare il proprio apporto alla ricerca di un punto di convergenza tra differenti opinioni rischia, da una parte, di condurre a un esito più permissivo e, dall’altra, di alimentare la spinta a sottrarsi al compito di partecipare alla maturazione di un ethos condiviso”.
Il riferimento giurisdizionale è alla sentenza 135/2024 del 18 luglio scorso, quando la Consulta ha sostanzialmente ribadito che i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano quelli stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019, compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale.
In Italia si continua a colmare il vuoto normativo a cui fa riferimento il Vaticano con la sentenza “Cappato\Antoniani” del 2019, un provvedimento spartiacque in materia.
In quella occasione, la Consulta stabilì che non è punibile chi aiuta una persona a suicidarsi, purché la persona che chiede di poter porre fine alla sua vita:
– sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come la ventilazione meccanica o la nutrizione artificiale;
– sia affetta da una patologia irreversibile, che non lascia alcuna speranza di guarigione o di miglioramento;
– soffra in modo intollerabile, sia fisicamente che psicologicamente, a causa della sua malattia;
– abbia espresso il suo proposito di suicidio in modo autonomo e liberamente formatosi, dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie sulle sue condizioni di salute, sulle cure palliative disponibili e sulle modalità del suicidio assistito;
– sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, senza subire pressioni o influenze da parte di altri.
Anche la persone che assiste il suicidio deve rispettare delle condizioni.
Questi sono gli unici punti fissi dell’ordinamento italiano in tema di suicidio assistito. Nonostante i solleciti, mancano ancora regole e tempi certi. Per questo, lo scorso 30 luglio, dopo quasi vent’anni con la sclerosi multipla, una donna lombarda di 51 anni ha deciso di porre fine alle sue sofferenze martedì in Svizzera.
Il testo del Vaticano si interroga sui rapporti tra etica e legge chiedendosi in materia di eutanasia e suicidio assistito ribadendo che la Chiesa ha sempre sostenuto l’illiceità morale di queste pratiche ma chiedendosi se “in determinate circostanze, possano ammettersi mediazioni sul piano giuridico in una società pluralista e democratica, in cui anche i credenti sono chiamati a partecipare alla ricerca del bene comune che la legge intende promuovere”.
Sull’accanimento terapeutico
L’apertura diventa più netta in materia di sospensione della nutrizione e idratazione artificiale: “pur moralmente obbligatoria in linea di principio” si può valutare caso per caso anche in base al “disagio fisico del paziente” che “evoca il criterio della proporzionalità dei trattamenti”.
Il vademecum del Vaticano ricorda come “le società scientifiche principali definiscono unanimemente le NIA (nutrizione e idratazione artificiale, ndr.) come trattamento medico-sanitario a tutti gli effetti”.
Qui si pone, in sostanza, la questione per la Santa Sede: bisogna tenere distinte le attività di assistenza dagli altri trattamenti.
“Non si tratta pertanto di semplici procedure assistenziali e il medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente che le rifiuti con una consapevole e informata decisione, anche anticipatamente espressa in previsione dell’eventuale perdita della capacità di esprimersi e di scegliere”.
Dunque, la nutrizione e l’idratazione artificiali sono “moralmente obbligatorie in linea di principio nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente”. Riprendendo quanto affermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede in una risposta alla Conferenza episcopale statunitense, il vademecum della Santa Sede fa un passo importante riconoscendo la sussistenza di “motivazioni eticamente legittime per sospendere o non integrare la NIA in tre casi:
- non più efficace dal punto di vista clinico;
- non disponibile nel contesto sanitario considerato;
- se comporterebbe per il paziente “un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico”.
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