Aumentano i risparmi degli italiani, su cosa investono le famiglie?
- 12/08/2024
- Popolazione
A prima vista, i numeri sembrano molto incoraggianti: rispetto al 2018, nel 2023 le somme detenute dalle famiglie consumatrici sono aumentate del 25,6% in termini nominali. Tuttavia, se si considera l’inflazione, l’incremento reale si riduce al 7,1%. I dati Infostat della Banca d’Italia, elaborati dal Sole 24 Ore, offrono un quadro dettagliato che riflette come le famiglie stanno cambiando le proprie strategie finanziarie lungo la penisola. Uno scorcio interessante per capire in che direzione stiamo andando.
Come cambiano i risparmi delle famiglie italiane
I dati della Banca d’Italia mostrano come siano stati disinvestiti 17 miliardi di euro per destinarli ai consumi o ad altre forme di investimento. Questo significa che lo scorso anno, per la prima volta, le famiglie italiane hanno prelevato risorse dalle attività finanziarie piuttosto che versarne di nuove.
I titoli di Stato
Un fenomeno interessante è il rinnovato interesse per i titoli di Stato, in particolare i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali). Negli ultimi sei anni, i risparmi investiti in titoli sono aumentati del 20% a prezzi costanti. Questo trend si è accentuato nel 2023, con 90 miliardi di euro di nuove risorse investite nei primi nove mesi dell’anno, che si aggiungono ai 55 miliardi del 2022. Questa tendenza è stata spinta dai dieci rialzi consecutivi dei tassi decisi dalla Bce che hanno spinto i risparmiatori a cercare rendimenti più elevati e allo stesso tempo poco rischiosi.
I depositi bancari perdono terreno
Per lo stesso motivo, i depositi bancari hanno subito un calo del 2% circa nello stesso periodo. In 68 province su 103 monitorate (escluse le province sarde per mancanza di dati confrontabili), i conti correnti delle famiglie registrano una diminuzione rispetto al 2018, considerando i prezzi costanti. Alessandria, Rimini e Macerata sono le province più colpite, con cali rispettivamente del 10,2%, 11% e 14,4%. Queste cifre evidenziano come l’impatto dell’inflazione abbia eroso il potere d’acquisto in modo particolarmente accentuato in alcune aree.
Il 2023 è stato caratterizzato dalla fuga dai conti corrente. Dopo l’accumulo di liquidità avvenuto durante la pandemia, le somme nei depositi bancari sono tornate a calare (-2,5% da aprile 2023 ad aprile 2024). L’aumento dei tassi di interesse ha reso più attraenti altre forme di investimento. Nonostante ciò, circa il 30% del risparmio familiare rimane sui conti correnti per effetto della tradizionale cautela dei risparmiatori italiani.
Al contempo, alla fine del primo trimestre del 2024, gli investimenti in titoli a custodia (cioè in titoli di stato o altre forme di investimento poco rischiose) hanno raggiunto quasi 925 miliardi di euro, ovvero +22,7% rispetto a marzo 2022 (218,5 miliardi di euro in più). Si potrebbe pensare che nelle aree più ricche i risparmiatori rinuncino a un po’ di sicurezza in cambio di redditività, ma in Italia non è così: nelle aree più ricche c’è una crescita ancora più rapida all’acquisto di titoli a custodia.
Come cambiano gli investimenti in Italia
Le scelte di investimento variano significativamente tra le diverse province. In generale, dove la ricchezza pro capite è più elevata, seppur senza rischiare eccessivamente c’è la volontà di investire alla ricerca di rendimenti maggiori alimenta la fuga dai conti correnti. Ad esempio, a Rimini o a Pesaro Urbino, in sei anni le somme ferme sui depositi sono solo lievemente aumentate, mentre quelle investite nei titoli salgono quasi del 60%.
D’altra parte, nelle province meno dinamiche economicamente, la ricchezza complessiva aumenta solo lievemente e i depositi perdono potere d’acquisto. Questo fenomeno si osserva in alcuni territori del Centro Italia e del Nord Ovest, penalizzati da una crescita economica ridotta, così come in alcune storiche province del Mezzogiorno, dove pesa l’impoverimento generale. Crotone, Messina e Caltanissetta sono esempi di queste realtà.
Disuguaglianze in aumento
La geografia dei conti correnti rivela persistenti e crescenti divari tra Nord e Sud. A Bolzano e Milano si registrano in media rispettivamente 29.100 e 26.400 euro pro capite nei conti correnti, mentre a Crotone e Trapani si scende a 9.100 e 19.200 euro. Preoccupante è l’allargamento di questo divario: nel 2018, i crotonesi detenevano in media 15.000 euro in meno rispetto agli altoatesini; oggi la differenza è salita a 20.000 euro. La ricchezza in Italia è estremamente concentrata.
Il 50% più povero della popolazione detiene meno dell’8% della ricchezza netta, mentre il 5% più ricco ne possiede il 46%. Questo fenomeno accomuna le principali economie europee, sebbene con intensità diverse. In Francia, ad esempio, il 5% più ricco detiene il 41% della ricchezza, mentre in Germania la percentuale sale al 48%.
Cambiamenti nel portafoglio finanziario
Il 2023 ha visto una ricomposizione significativa del portafoglio finanziario delle famiglie italiane. Mentre i depositi hanno subito prelievi per oltre 60 miliardi nei primi nove mesi dell’anno, i titoli di Stato hanno attratto nuove risorse. Fondi comuni, prodotti previdenziali e assicurativi hanno invece registrato disinvestimenti netti per quasi 30 miliardi.
L’impatto della pandemia e dell’inflazione
Il periodo post-Covid ha avuto un impatto significativo sulle scelte di risparmio. Venuto meno l’effetto degli accumuli di liquidità durante la pandemia, alimentati dal blocco dei consumi, le famiglie hanno dovuto attingere ai propri risparmi per far fronte al caro vita e all’incremento dei tassi di interesse sui prestiti. Rispetto al 2022, quando si registrarono le prime fiammate dei prezzi, il saldo totale dei depositi bancari delle famiglie consumatrici è crollato di 59 miliardi di euro, passando da 1.173 miliardi a 1.114 miliardi.
Il panorama del risparmio italiano sta cambiando rapidamente, con profonde differenze territoriali e socioeconomiche. La fuga dai depositi bancari verso investimenti più remunerativi, in particolare i titoli di Stato, riflette la ricerca di strategie per proteggere il potere d’acquisto in un contesto inflazionistico. L’allargamento dei divari territoriali e la concentrazione della ricchezza sollevano, però, interrogativi sulla distribuzione equa dei benefici di questa trasformazione.
Molti economisti, infine, considerano la tradizionale tensione degli italiani a non investire come un danno per l’economia del Paese. Una questione che oltrepassa i confini nazionali, tanto che l’Ue starebbe pensando a un piano per mobilitare i 10mila miliardi di euro presenti nei conti correnti dei cittadini europei.
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