“Se guardi sei complice”: cosa c’è dietro i Qr Code di revenge porn in giro per Roma
- 08/04/2025
- Giovani Popolazione
Sicuramente chi ha inquadrato quei Qr code per le vie di Roma sperava di trovarci davvero un video di revenge porn. Uno di quei contenuti intimi messi in rete per vendicarsi (revenge) dell’ex fidanzata o per puro diletto. La malsana speranza, però, è durata solo qualche frame.
Nei primi secondi si vede il busto di una ragazza seduta su una scrivania con le gambe leggermente divaricate che inizia a scoprire una spalla. In sottofondo una voce maschile fuori campo le chiede di spogliarsi e di comportarsi in maniera sensuale. Sembra l’inizio di un video hot, invece è un avviso potente: se inquadri il Qr Code, “Sei complice”.
“Sei complice”, la campagna contro il revenge porn
La campagna di guerrilla marketing è nata dall’idea di cinque studentesse dello Ied per sensibilizzare sul tema della condivisione non consensuale di materiale intimo. Una di loro il revenge porn l’ha subito in prima persona.
In alcune vie, piazze e persino nei bagni di alcuni locali della capitale, le ragazze hanno affisso dei fogli di carta bianchi con sopra un gigante Qr Code anticipato da scritte come: “Guardate tutti quella stronza della mia ex nuda”, “Vaffanculo Elisa!!! Ora tutti vedranno i tuoi video!!!”, “Guardate Francesca com’è stata brava l’altra notte”.
Chi ha inquadrato il codice con il proprio smartphone si è trovato di fronte uno degli otto video preparati dalle studentesse, tutti basati sullo stesso canovaccio. Dopo l’illusione dei primi secondi, l’inquadratura si sposta sul volto di un ragazzo che chiede a chi sta dall’altra parte dello schermo cosa pensava di vedere e se è consapevole che anche guardare materiale intimo senza il consenso della persona ritratta lo rende partecipe del reato. Da qui il nome della campagna “Sei complice”.
L’iniziativa del collettivo non è solo originale da un punto di vista comunicativo, ma anche da un punto di vista sociologico.
In primis, l’ammonimento agli utenti viene lanciato da un ragazzo, rifiutando la logica per compartimenti stagni secondo cui tutti gli uomini sono malvagi. Questo approccio costruttivo consente di ridurre le distanze tra i generi ed esaltare i comportamenti degli uomini che si schierano dalla parte delle donne. “Sei complice”, inoltre, ribalta la prospettiva con cui viene trattata la violenza di genere: “Tutti si concentrano sulle vittime, ma nessuno punta il dito su chi alimenta il sistema”, spiegano le studentesse dello Ied.
La campagna spiega perché quella che a molti sembra una banale curiosità può trasformarsi in un comportamento lesivo della dignità umana. L’obiettivo è quello di “interrompere l’indifferenza e generare disagio in chi fruisce di questi contenuti, trasformando la semplice curiosità in consapevolezza. SE GUARDI, SEI COMPLICE”, scrive il collettivo in un post social.
Il reato di revenge porn in Italia
In Italia il revenge porn, ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona rappresentata, è reato dal 2019, con la legge numero 69, nota come “Codice Rosso”. Questa normativa ha introdotto l’articolo 612-ter nel Codice penale, che prevede pene severe per i colpevoli e offre maggiori tutele alle vittime.
In base a questa norma, chiunque diffonda immagini o video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati senza il consenso delle persone rappresentate è punito con:
- Reclusione da uno a sei anni e
- Multe da €5.000 a €15.000.
Le pene vengono aggravate se:
- Il reato è commesso da un coniuge, ex coniuge o partner;
- La diffusione avviene tramite strumenti informatici;
- La vittima è una donna in stato di gravidanza o una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica.
Come denunciato sul profilo Instagram del collettivo, l’app di messaggistica Telegram, nota per la segretezza della sue chat, ha un ruolo importante nella diffusione di questi materiali. Sul punto giova ricordare che, secondo l’interpretazione di alcuni giuristi, chi detiene, acquista o si procura immagini o video di revenge porn può essere punito con misure analoghe a quelle previste dall’articolo 612-ter del Codice penale.
I numeri del revenge porn in Italia
Dal 2019 al 2024, sono stati segnalati migliaia di casi di revenge porn alla Polizia Postale e alle autorità giudiziarie, più di mille solo l’anno scorso. In molti casi, tuttavia, le vittime non denunciano per paura di ritorsioni come avviene in altre fattispecie di violenza sulle donne.
Nel 2024 la Polizia Postale ha registrato + 45% dei casi di revenge porn rispetto al 2023, con un incremento particolarmente preoccupante (+83%) nella fascia d’età 10-13 anni. I casi di adescamento online di minori sono aumentati del 5% rispetto al 2023, soprattutto tra i ragazzi di 14-16 anni (+22%).
Vista la diffusione del fenomeno, lo scorso anno Motorola ha commissionato a Nielsen un’indagine sul revenge porn interrogando giovani tra i 18 e i 27 anni da cui come parte della campagna “Non mi violare”. Ne è emerso che il 25% di loro conosce personalmente una vittima di revenge porn. Il 4% degli intervistati lo ha subito in prima persona. Il 50% degli intervistati ha dichiarato che rifarebbe l’errore di condividere contenuti intimi, un dato che evidenzia l’urgenza di educare e sensibilizzare sul tema.
Come rilevato dall’Eurispes, spesso, il revenge porn è l’anticamera di reati più gravi. Anche per questo questo occorre agire subito. Sul sito di “Sei complice” è possibile trovare una sezione con tutte le informazioni utili e gli indirizzi a cui chiedere aiuto.