Olimpiadi 2024, lo specchio di una società che cambia
- 06/08/2024
- Popolazione
Durante le Olimpiadi di Parigi 2024 il mondo guarda con ammirazione le prestazioni atletiche dei protagonisti e delle protagoniste. Ma i Giochi Olimpici sono anche una interessante chiave di lettura della società che cambia, tra atleti vincenti sempre meno giovani e una parità di genere che, nonostante le difficoltà, ha fatto passi da gigante nella storia dei Giochi.
Sara Errani, Novak Djokovic e l’oro dei 37enni
Domenica è successo qualcosa di straordinario. Dopo 2 ore e 52 minuti giocati a ritmi altissimi, Novak Djokovic è diventato il più anziano tennista della storia a vincere un oro olimpico. Ma il suo record è stato superato qualche ora dopo dall’azzurra Sara Errani che ha conquistato la medaglia d’oro (e completato il Career Golden Slam come il tennista serbo) in doppio con Jasmine Paolini. Sia Djokovic che Errani hanno 37 anni, ma la tennista emiliana ha sfilato il record al campione serbo vincendo l’oro a 37 anni e 97 giorni contro i 37 anni e 74 giorni di Nole.
In entrambe le finali, gli altri tennisti in campo erano molto più giovani: 21 anni per Carlos Alcaraz, 28 anni per Paolini, 17 anni e 20 anni per Mirra Andreeva e Diana Shnaider, le due atlete russe (ma neutrali alle olimpiadi) sconfitte in rimonta dal duo Errani-Paolini.
Prima di domenica scorsa, all’età di 37 anni non solo nessuno non aveva mai vinto l’oro olimpico, ma nessuno era neppure arrivato in finale. Insomma, anche nel tennis si diventa anziani sempre più tardi.
Zheng Haohao e le Olimpiadi a 11 anni
Un altro aspetto interessante riguarda le differenze di età tra le varie discipline. Ad esempio:
– Ginnastica artistica: l’età media a Parigi 2024 è di circa 21 anni, con molte atlete ancora adolescenti e diverse minorenni;
– Skateboard: da sempre la disciplina con i partecipanti più giovani, su tutti l’atleta cinese Zheng Haohao, stella prodigio che ha partecipato alle olimpiadi a soli 11 anni;
– Equitazione: qui troviamo alcuni degli atleti più anziani, con un’età media intorno ai 35-40 anni;
– Nuoto: l’età media si aggira intorno ai 23-24 anni, ma con notevoli eccezioni come il brasiliano Nicholas Santos, che a 44 anni ha partecipato ai Giochi di Tokyo.
Un caso emblematico è quello della ginnasta Oksana Chusovitina. Nata in Uzbekistan nel 1975, ha partecipato a ben otto Olimpiadi, l’ultima a Tokyo 2020 all’età di 46 anni. La sua carriera straordinariamente lunga sfida ha sfidato le convenzioni di una disciplina tradizionalmente dominato da atlete molto giovani. Impossibile non citare le azzurre Alice D’Amato e Manila Esposito, oro e bronzo nella ginnastica artistica rispettivamente all’età di 21 e 17 anni.
Tra di loro l’argento dell’atleta cinese Zhou Yaqin, non ancora 19enne, protagonista del simpatico siparietto del “morso della medaglia” insieme alle azzurre.
I progressi delle Olimpiadi sulla parità di genere
Le Olimpiadi sono anche un indicatore interessante dei progressi nella parità di genere. Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale), fortemente criticato per la scelta di ammettere al pugilato femminile la ragazza intersessuale algerina Imane Khelif, ha fatto della parità di genere uno dei suoi obiettivi principali.
E i risultati sono evidenti: a Parigi 2024, per la prima volta nella storia, si è raggiunta la piena parità di genere, con il 50% di atleti maschi e il 50% di atlete femmine.
Questo traguardo rappresenta il culmine di un lungo percorso:
– Atene 1896 (prime Olimpiadi moderne): nessuna donna;
– Londra 1908: 1,8% di atlete;
– Berlino 1936: 8,3% di atlete;
– Roma 1960: 11,4% di atlete;
– Los Angeles 1984: 23% di atlete;
– Sydney 2000: 38,2% di atlete;
– Rio 2016: 45% di atlete;
– Tokyo 2020: 48,8% di atlete;
– Parigi 2024: 50% di atlete.
L’evoluzione nella partecipazione femminile riflette i cambiamenti sociali di molti Paesi, con un aumento della partecipazione femminile non solo nello sport, ma anche nel mercato del lavoro e nella vita pubblica. Uno studio pubblicato sul “Journal of Sport Management” ha evidenziato una correlazione positiva tra la percentuale di donne in parlamento e la partecipazione femminile alle Olimpiadi, indice di come lo sport e la politica possano influenzarsi reciprocamente nel promuovere l’uguaglianza di genere.
Tuttavia, il percorso verso una totale e diffusa parità di genere è ancora molto lontano nella società civile così come nello sport. Alle Olimpiadi di Tokyo 2020, Paesi come Arabia Saudita, Pakistan e Iraq avevano meno del 20% di atlete nelle loro delegazioni. A distanza di quattro anni, la situazione è questa: il Pakistan ha 3 atlete donne su 7 totali; l’Arabia Saudita 7 su 10, mentre l’Iraq ha presentato solo atleti uomini (23).
Gender gap mediatico
Inoltre, come sottolinea uno studio pubblicato su “Gender & Society”, permangono differenze nella copertura mediatica e nella remunerazione tra atleti maschi e femmine. L’analisi ha rilevato che, nonostante i progressi, le atlete ricevono ancora meno del 10% della copertura mediatica sportiva complessiva al di fuori del periodo olimpico.
Diversità etnica, migrazione e l’appello di Kimia Yousofi
Le squadre olimpiche riflettono sempre più la diversità etnica e i flussi migratori delle società moderne. A Parigi 2024, come nelle edizioni precedenti, molti atleti gareggiano per Paesi diversi da quelli di nascita, rappresentando una nuova realtà demografica caratterizzata da maggiore mobilità e identità multiculturali.
Un esempio emblematico è la squadra olimpica dei rifugiati, introdotta per la prima volta ai Giochi di Rio 2016. A Parigi 2024, questa squadra conta 62 atleti provenienti da 13 Paesi e rappresenta simbolicamente gli oltre 100 milioni di sfollati nel mondo, secondo i dati più recenti dell’UNHCR.
Sul punto, evidenziamo lo studio pubblicato sull’“American Sociological Review” che ha analizzato l’effetto del successo olimpico di atleti immigrati o di seconda generazione sull’atteggiamento della popolazione verso l’immigrazione. I risultati hanno mostrato una riduzione significativa dei pregiudizi nei confronti degli immigrati nei Paesi dove questi atleti hanno vinto medaglie.
Emblematico, infine, è l’appello lanciato da Kimia Yousofi, la velocista afghana che corre per dare voce alle donne oppresse dai talebani. L’atleta è arrivata ultima nei 100 metri, ma sul pettorale aveva scritte le parole “Educazione” e “I nostri diritti” e al traguardo ha sottolineato: “Mi sento responsabile di tutte le ragazze che nel mio Paese non possono parlare”.
Kimia la sua medaglia l’ha vinta così. D’altronde, parafrasando una nota citazione calcistica, “chi capisce solo di Olimpiadi, non sa niente di Olimpiadi”.
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