Braccialetto elettronico, perché Nordio consiglia alle donne di rifugiarsi in chiesa o in farmacia
- 16/05/2025
- Popolazione
“Il braccialetto elettronico non si concilia con i tempi delle forze dell’ordine”, per questo le donne devono “rifugiarsi magari in una chiesa o in una farmacia”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante il Questione Time al Senato dove ha spiegato che “lo Stato non può presidiare ogni abitazione privata”.
I fatti di cronaca confermano i dubbi sull’efficacia del braccialetto elettronico, dispositivo istituito nel 2001 per tutelare le donne. A distanza di ventiquattro anni, la violenza sulle donne continua ad essere una piaga del nostro Paese.
Secondo i dati Istat, nonostante le donne abbiano imparato a difendersi, il 31,5% delle 16-70enni in Italia ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.
Non è la prima volta che viene messa in discussione il braccialetto elettronico, che, in Italia, viene legato ai polsi o alle caviglie dei soggetti che costituiscono un rischio per una donna. Ex fidanzati o mariti, spasimanti, stalker: attualmente sono più di diecimila le persone sottoposte a questa misura in Italia per vari reati, quasi la metà per stalking.
In alcuni casi, questo dispositivo di sicurezza non è bastato a salvare la vita delle vittime. Solo nel 2024 tre donne, Camelia Ion, Celeste Palmieri e Roua Nabi, sono state uccise dai propri ex, che avevano già denunciato. L’anno precedente a perdere la vita era stata Concetta Marruocco, uccisa dal suo ex marito che, nonostante avesse il braccialetto elettronico, era entrato in casa e la aveva accoltellata. Anche in quel caso, il braccialetto elettronico non era riuscito a rilevare in tempo la presenza dell’uomo.
Braccialetto elettronico, il ruolo dello Stato
Le parole del Guardasigilli, dunque, partono da una constatazione reale, ma le associazioni che tutelano le donne criticano Nordio per la “leggerezza” con cui ha trattato la questione: “Riteniamo irresponsabile che un ministro della Giustizia si esprima in termini così superficiali e approssimativi in merito alla sicurezza delle donne a rischio perché minacciate da un uomo maltrattante”, spiega la presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, Cristina Carelli, che aggiunge: “ancora una volta la responsabilità ricade sulle donne che subiscono le azioni violente dei maltrattanti, anziché sullo Stato che non mantiene gli impegni presi. Le affermazioni del ministro ci fanno capire che purtroppo manca ancora una presa di coscienza di quello che è la violenza maschile alle donne e del fondamentale ruolo dello Stato nelle azioni di prevenzione e protezione”.
Il ruolo dei centri antiviolenza
A provocare la risposta di associazioni e opposizioni è soprattutto il riferimento per cui, secondo il ministro Nordio, le donne dovrebbero rifugiarsi in chiesa o in farmacia, mentre viene ignorato il ruolo di strutture che hanno lo specifico ruolo di tutelare le donne: “Una donna che si senta a rischio non deve cercare una chiesa o una farmacia in cui rifugiarsi, ma deve chiamare un centro antiviolenza”.
“La protezione delle donne non può dipendere dall’iniziativa individuale, peraltro sull’assunto che in Italia saremmo all’anno zero delle pratiche e dei saperi femministi di prevenzione della violenza di genere contro le donne, ma deve essere garantita da risorse pubbliche, scelte politiche chiare e investimenti stabili in prevenzione, protezione e giustizia”, denuncia Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna.
A dicembre 2023, la cosiddetta “Legge Roccella” ha rafforzato l’utilizzo del braccialetto elettronico nei casi da Codice Rosso. Eppure, le richieste dei dispositivi sono ancora inferiori rispetto alle cifre contemplate dal contratto di fornitura del ministero dell’Interno con il gruppo Fastweb, che prevede l’attivazione di un numero mensile di 1.000 braccialetti, con la capacità di utilizzarne anche il 20% in più, per un totale di 1.200, con una tempistica massima per la fornitura di quattro giorni.
Quando il braccialetto elettronico non basta
“Mia sorella non era in chiesa né in farmacia, ma era in casa e non era al sicuro, esiste un posto più sicuro della propria casa?”, si chiede Raffaella Marruocco, sorella di Concetta Marruocco, uccisa dal marito nel 2023 a Cerreto d’Esi (Ancona) nonostante il braccialetto elettronico.
Secondo i dati forniti dal Viminale e aggiornati al 15 novembre 2024, i braccialetti elettronici attivi in Italia sono 10.458, di cui 4.677 antistalking, in netto aumento rispetto a novembre 2023, quando erano in totale 5695, di cui 1.018 per i reati da Codice rosso. Ma, sottolineano le associazioni di categoria, il problema non è il dispositivo in sé, bensì la struttura che rende inefficiente l’allarme dato dal braccialetto elettronico. Anche il ministro Nordio ha sottolineato questo aspetto, ammettendo che ci vuole tempo finché gli agenti raggiungano la donna in pericolo, ma, per associazioni e opposizioni, ha spostato il problema sulle donne, invitandole a rifugiarsi in luoghi “più o meno sicuri”.
L’anno scorso, sono state inserite delle novità tecniche per migliorare il funzionamento di questo strumento (articolo 97 ter, inserito dal Dl 178/2024 nelle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale), prevedendo la verifica della fattibilità tecnica e operativa dei braccialetti elettronici a parte della polizia giudiziaria e della società incaricata. Gli sforzi, tuttavia, non hanno reso questo dispositivo una garanzia per le donne.
Come migliorare l’efficienza dei braccialetti elettronici? Gli esempi di Spagna e Francia
Un’idea per migliorare l’efficienza dei braccialetti potrebbe venire da due Paesi vicini: la Spagna e la Francia, che hanno sviluppato sistemi avanzati per l’utilizzo di questi dispositivi, implementando protocolli rigorosi che ne garantiscono l’efficacia.
Il modello francese: tecnologia e intervento immediato
In Francia, il sistema di protezione si basa su una valutazione caso per caso dell’idoneità del braccialetto elettronico, condotta da magistrati spesso affiancati da commissioni specializzate per offrire un’analisi approfondita di ciascuna situazione.
Il sistema francese, denominato “bracelet anti-rapprochement”, prevede che l’autore delle violenze indossi un braccialetto Gps alla caviglia collegato a un dispositivo simile a un telefono. Alla vittima viene invece consegnato un telefono che permette di monitorare la sua posizione, creando una zona di sicurezza dinamica con distanze che variano da uno a dieci chilometri.
Il monitoraggio è attivo 24 ore su 24 con centrali operative dedicate e personale specificamente formato. Quando l’aggressore viola la distanza di sicurezza, scatta immediatamente un allarme: le forze dell’ordine contattano l’aggressore e, se necessario, intervengono rapidamente.
Il modello spagnolo: benchmark europeo
La Spagna rappresenta un punto di riferimento europeo nella lotta alla violenza di genere. Nel 2004 è stata la prima nazione ad autorizzare l’uso di dispositivi elettronici per monitorare gli aggressori, implementando poi nel 2009 un monitoraggio telematico in tempo reale.
Un elemento distintivo dell’approccio spagnolo è l’esistenza di un protocollo dettagliato di 16 pagine che specifica precisamente come applicare il braccialetto elettronico e quali verifiche effettuare. Il controllo è centralizzato a livello nazionale, garantendo uniformità nella gestione.
Con la legge “Solo Sí es Sí” del 2022, la Spagna ha ulteriormente rafforzato queste misure, consentendo alle vittime di ricevere rapidamente i dispositivi di protezione, in meno di 24 ore in caso di ordine del tribunale. Il governo spagnolo ha investito 5 milioni di euro per distribuire 3.000 braccialetti elettronici a tutti i tribunali del Paese.
I risultati sono impressionanti: dal 2009, nessuna donna è stata assassinata dal proprio partner o ex partner a cui era stato disposto il braccialetto elettronico.
Best practice comuni: un approccio integrato
Le principali best practice che emergono da entrambi i modelli sono:
- Valutazione personalizzata: l’idoneità del braccialetto viene valutata caso per caso da magistrati, con l’ausilio di commissioni specializzate;
- Monitoraggio continuo: sistemi di controllo attivi 24 ore su 24, con personale formato specificamente;
- Geolocalizzazione avanzata: i dispositivi geolocalizzano sia la vittima che l’aggressore, inviando avvisi immediati in caso di violazione;
- Formazione specifica: grande attenzione alla formazione delle forze dell’ordine e degli operatori coinvolti;
- Protocolli dettagliati: procedure standardizzate che specificano ogni aspetto dell’applicazione e gestione dei dispositivi;
- Centralizzazione del controllo: gestione unificata che garantisce uniformità ed efficienza nel monitoraggio;
- Rapidità di intervento: procedure accelerate per l’applicazione dei dispositivi in situazioni di emergenza;
- Approccio integrato: i braccialetti sono parte di un sistema più ampio di protezione che include supporto psicologico e legale.
I modelli di Francia e Spagna dimostrano che l’efficacia di questi sistemi non dipende solo dalla tecnologia, ma da un cambio di paradigma nell’affrontare la violenza di genere, con formazione obbligatoria delle forze dell’ordine e maggiore accessibilità per sporgere denuncia.
Esempi preziosi per il nostro Paese dove, solo nel 2024, ci sono stati 113 femminicidi.