Malattie rare, un problema soprattutto al femminile. In un libro bianco i dati e le storie
- 22/04/2024
- Popolazione
Le donne sono la maggioranza delle persone con una malattia rara, e la quasi totalità di coloro che si prendono cura di un malato. Una predominanza al femminile che però più che fonte di orgoglio è causa di problemi economici, personali e psicologici. L’occasione per parlarne è stato, oggi a Roma al Senato, l’evento conclusivo della campagna ‘Women in Rare – la centralità delle donne nelle malattie’, durante il quale è stato presentato ‘Donne e malattie rare: impatto sulla vita e aspettative per il futuro’, il primo libro bianco italiano, con informazioni, indagini qualitative e testimonianze di pazienti e caregiver.
Un’iniziativa ideata e promossa da Alexion, AstraZeneca Rare Disease insieme a Uniamo (Federazione italiana malattie rare) con la partecipazione di Fondazione Onda Ets, EngageMinds Hun e Altems dell’Università Cattolica.
L’obiettivo del progetto, spiega la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro, “è sollecitare azioni che possano tutelare le donne caregiver nella loro attività di cura quotidiana, che spesso le conduce a lasciare il lavoro, e le pazienti con malattia rara riguardo alla medicina di precisione e alla prevenzione delle altre patologie. È necessario aiutare le prime con una legge specifica che si occupi del caregiving, e le seconde offrendo assistenza e consulenza”.
In Italia – spiega una nota – sono più di 2 milioni le donne che hanno a che fare quotidianamente con una malattia rara, più di 1 milione come pazienti e altrettante come caregiver di un familiare, molto spesso un figlio o una figlia.
Cosa sono le malattie rare
In Europa le malattie sono considerate rare quando colpiscono 1 persona su 2mila. Il che significa che messe tutte insieme non si tratta di uno sparuto gruppo di malati, tutt’altro: secondo i dati della Commissione Europea, nell’UE sono 36 milioni le persone affette da una di queste patologie. Mentre in Italia, spiega l’Istituto superiore di sanità, si stima che ci siano oltre 1 milione di pazienti.
Il 72% delle patologie rare ha un’origine genetica, mentre le altre sono causate da infezioni, allergie e cause ambientali, oppure si tratta di tumori rari. Il 70% esordisce nella prima infanzia. Ad oggi se ne conoscono tra le 7 e le 8mila.
L’impatto delle malattie rare sulle donne
Per valutare l’impatto delle malattie rare, occorre considerare alcune peculiarità, come spiega Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria di Psicologia dei consumi e della salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona e direttrice del centro di Ricerca EngageMinds Hub che ha curato l’indagine: “Esiste una prevalenza di genere femminile del 52,4%” che “sono 1 milione e 48mila. Inoltre il carico assistenziale dei pazienti è nel 90% dei casi assorbito da loro. Basti pensare che 1 milione e 400mila pazienti sono in età pediatrica, e 2 su 5 oggi hanno meno di 18 anni: a prendersi cura di loro sono molto spesso le madri, che in numerosi casi vivono la riduzione delle proprie attività lavorative, ludiche e relazionali, in un’identificazione totale con la malattia e con l’incarico assistenziale che ne consegue. Purtroppo, molto spesso, le figure femminili sono ritenute le più adatte a occuparsi di un familiare malato e risentono di pressioni legate al ruolo di cura, che le porta a rinunciare a moltissime delle attività sociali”.
Le donne pagano dunque costi personali e familiari molto elevati, come evidenzia l’indagine e come sottolinea Giuseppe Arbia, direttore di Altems: ”Il 42% delle donne affette da malattia rara dichiara che la propria situazione economica è cambiata a seguito della diagnosi, con un peggioramento in 8 casi su 10”. E con un aggravio anche dal punto di vista psicologico. Le spese addizionali sono dovute a:
• trattamenti medici (77%), incluse le spese legate a viaggi per poter accedere a terapie e controlli (23%)
• gestione della casa e della famiglia (19%)
• Inoltre le donne con malattia rara perdono in media 45,46 giorni di lavoro all’anno, ovvero 3,78 giorni al mese.
La situazione economica peggiora anche quando la diagnosi è relativa ai propri figli, come dichiara il 65% delle caregiver. E anche in questo caso, le spese addizionali sono dovute a:
• trattamenti medici (69%), incluse le spese legate a viaggi per poter accedere a terapie e controlli (22%)
• gestione della casa e della famiglia (28%)
• in media, i giorni di lavoro persi dalle caregiver sono 43,67 all’anno, 3,64 al mese
Un riflettore sulla condizione di pazienti e caregiver
Riferendosi ai risultati dell’indagine, Nicoletta Orthmann, direttrice medico-scientifica di Fondazione Onda Et, afferma: “La maggior parte delle donne intervistate ci ha raccontato che la patologia ha un’influenza negativa anche sulla percezione di sé e della propria femminilità e di sentirsi spesso in imbarazzo a causa delle limitazioni fisiche che comporta. Lo stesso avviene per la fertilità, un tema delicato per molte di loro. Con questa campagna vogliamo accendere i riflettori sulla condizione di queste donne, per chiedere interventi alle Istituzioni che vertano principalmente sull’offerta di supporto psicologico, sulla creazione di linee guida specifiche e percorsi diagnostici e su un’implementazione dei servizi sanitari territoriali con attenzione alla questione di genere”.
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