Long-Term Care in Italia, luci e ombre delle recenti riforme
- 24/06/2024
- Popolazione
L’Italia, con un quarto della popolazione di almeno 65 anni, è uno dei paesi dove il rischio di cure sanitarie e assistenziali continuative è più intenso. Tuttavia, la gestione di questo rischio è stata caratterizzata da “una sostanziale inerzia istituzionale a livello nazionale per un decennio, con le Regioni che hanno continuato a gestire modelli differenziati di politiche di assistenza a lungo termine”. Ad affermarlo è l’Ufficio parlamentare di bilancio che ha fornito una panoramica sulla situazione in materia di Long-Term Care nel report ‘Rapporto sulla politica di bilancio-giugno 2024″.
La pandemia ha messo in evidenza il problema della gestione delle persone anziane e fragili, soprattutto quelle ospitate nelle strutture residenziali. Il Pnrr ha previsto due riforme in materia di politiche per la non autosufficienza e la disabilità, accompagnate da una serie di investimenti per rafforzare le misure sociali in questo campo e l’assistenza domiciliare. Le riforme sono state approvate entro le scadenze previste, ma molte, come la definizione dei diritti e degli standard dei servizi, sono state rinviata a successivi decreti e regolamenti. Questo richiederà uno sforzo finanziario per trovare nuovi spazi nel bilancio.
Scopriamo insieme alcuni aspetti che possono aiutare a comprendere l’urgenza di un intervento sul welfare per la non autosufficienza e di un riordino delle politiche per la disabilità. Concentrandosi su aspetti critici e rilevanti, “si conclude evidenziando luci e ombre degli interventi di riordino”.
Il rischio di non autosufficienza e le politiche adottate in Europa
Il rischio di non autosufficienza nei paesi avanzati è legato all’invecchiamento della popolazione e al cambiamento della struttura familiare. L’aumento dell’età pensionabile riduce la capacità delle famiglie di gestire informalmente questo problema.
Le proiezioni demografiche dell’Istat prevedono un aumento costante della popolazione con più di 64 anni fino al 2054, seguito da una lieve diminuzione fino al 2070. Per la popolazione molto anziana (85 anni e più), si prevede un aumento costante fino al 2064, seguito da una leggera diminuzione fino al 2070. Nel 2021, l’Italia aveva una speranza di vita a 65 anni tra le più elevate dell’UE, superata solo da Spagna, Francia, Svezia, Lussemburgo e Malta. Tuttavia, l’Italia è il paese con la quota più elevata di anni vissuti con limitazioni rispetto alla speranza di vita.
Dal 2008 al 2022, la speranza di vita a 65 anni in Italia è aumentata costantemente, mentre gli anni vissuti con limitazioni sono rimasti sostanzialmente invariati. Questo suggerisce che, con lo spostamento della mortalità verso età più avanzate, lo stato di salute per età tenderebbe a migliorare e l’aggravamento legato all’anzianità sarebbe posticipato nella stessa misura degli anni di vita guadagnati. Tuttavia, permangono differenze territoriali, con la popolazione del Mezzogiorno che rimane costantemente svantaggiata rispetto a quella del Centro e del Nord.
Disabilità e non autosufficienza
L’identificazione delle persone con disabilità e/o non autosufficienti può seguire due approcci: quello medico-legale e quello bio-psicosociale. Il primo si basa su un certificato rilasciato da una commissione, mentre il secondo adotta criteri che garantiscono la confrontabilità del fenomeno nel tempo e nello spazio.
Per le persone con disabilità, si utilizza generalmente la definizione nota come Global activity limitation indicator (Gali), che rileva la presenza di limitazioni dovute a problemi di salute nello svolgimento di attività abituali e ordinarie. Nel caso della non autosufficienza, si rilevano congiuntamente il grado di autonomia/indipendenza nello svolgimento quotidiano di attività di cura della persona (Activities of daily living, Adl) e di attività domestiche (Instrumental activities of daily living, Iadl).
Nel 2022, in Europa, il 7,2% della popolazione con più di 16 anni ha dichiarato gravi limitazioni nelle attività secondo la definizione Gali. L’Italia, con il 5,5%, è tra i paesi in cui è minore l’incidenza di persone con disabilità. La quota di persone con disabilità in Italia, nel periodo 2012-2022, è rimasta sostanzialmente stabile e pari circa al 5% della popolazione, che nel 2022 corrisponde a 2,9 milioni di persone. Utilizzando l’approccio medico per individuare le persone con disabilità, emerge che nel 2021, coloro che possiedono una certificazione o sono titolari di una pensione o indennità legata alla disabilità sono 7,7 milioni.
Sulla base dell’indagine EHIS, in Italia il 28,4% della popolazione con 65 anni e più, corrispondente a circa 3,8 milioni di individui, dichiara di avere gravi difficoltà nelle attività di cura della persona o della vita domestica.
La famiglia rimane il principale pilastro su cui fare affidamento, ma il sostegno da parte del nucleo è maggiore soprattutto tra coloro che hanno redditi bassi. Di contro, il ricorso a personale a pagamento è prerogativa di coloro che hanno maggiori disponibilità economiche ed è più diffuso all’aumentare del reddito.
La richiesta di maggiore aiuto si manifesta in forme differenti a seconda del bisogno, sia esso di cura alla persona o nelle attività domestiche, e dell’area di appartenenza, con necessità di aiuto da persone, di ausili o di entrambi. La modalità prevalente rimane la richiesta di ricevere solo aiuto da persone.
Evoluzione dei Sistemi di LTC in Europa
La “socializzazione” della Long-Term Care (Ltc) comporta l’assunzione di una responsabilità pubblica, almeno parziale, per la copertura di questo rischio. Tuttavia, il processo incontra ostacoli come la frammentazione dei soggetti coinvolti e la necessità di reperire risorse per finanziare un nuovo programma di welfare.
Circa 50 paesi, molti dei quali in Europa, hanno adottato una legislazione nazionale che stabilisce i diritti alle prestazioni di LTC. Tuttavia, solo 18 di questi hanno individuato la Ltc come un campo della politica sociale a sé stante. Tra questi, i Paesi Bassi hanno introdotto per primi un sistema distinto nel 1967, seguiti dai paesi scandinavi tra il 1974 e il 1982, e poi da Austria, Germania, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Portogallo, Spagna e Regno Unito.
Il Rapporto dell’European Social Policy Network (ESPN) del 2021 ha raggruppato i paesi membri dell’Ue in sei modelli basati sulla spesa pubblica in rapporto al Pil e sulla quota di trasferimenti monetari sulla spesa pubblica totale. Questi modelli vanno da un intervento pubblico limitato, come in alcuni paesi dell’Europa meridionale e centro-orientale, a un intervento pubblico molto sostenuto per mezzo di servizi, come in Danimarca, Svezia e Paesi Bassi.
Un confronto internazionale del 2018 ha identificato tre tendenze principali nelle riforme introdotte nei sistemi di LTC dal 2008 al 2018: lo spostamento dalle cure residenziali a quelle domiciliari e alla community care; la predisposizione di misure per la sostenibilità finanziaria del sistema; e l’introduzione di riforme per migliorare l’accesso alle prestazioni.
Per quanto riguarda l’Italia, nel 2022 la spesa per LTC era appena inferiore a quella della media dell’Ue, pari all’1,7% del Pil. Inoltre, nel 2019, il 3,2% degli individui di età superiore ai 15 anni dichiarava l’uso di servizi domiciliari.
Il sistema di LTC in Italia
In Italia, il sistema di welfare per la disabilità e la non autosufficienza è rimasto poco sviluppato e frammentato, con differenze significative tra le Regioni. Diversi livelli di governo e istituzioni intervengono nel finanziamento, programmazione e gestione. L’Inps eroga prestazioni monetarie, mentre l’assistenza sanitaria è fornita dal Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). L’assistenza sociale è di competenza delle Regioni, ma i Comuni e gli Ambiti Territoriali Sociali (Ats) gestiscono i servizi sociali locali.
L’integrazione tra assistenza sociale e sanitaria varia a livello regionale e talvolta municipale. In linea di principio, il Ssn copre i costi dell’assistenza sanitaria, mentre i costi dell’assistenza sociale sono condivisi tra gli enti locali, gli utenti e le loro famiglie. Il mercato privato svolge un ruolo importante, con una quota significativa di assistenti personali, spesso immigrati, che non sempre sono assunti con contratti regolari. Inoltre, l’assistenza informale fornita da famiglie o reti di comunità è un elemento chiave del sistema.
Una riforma globale delle politiche di Ltc è attesa da molto tempo. La Commissione Onofri aveva proposto la creazione di un Fondo per la non autosufficienza, ma la riforma non è stata attuata a causa di vari fattori, tra cui vincoli di bilancio, resistenze a modifiche dell’indennità di accompagnamento e l’attuazione incompleta del federalismo fiscale.
In attesa della riforma nazionale, i Comuni e le Regioni hanno sviluppato iniziative e definito i propri modelli, basati principalmente su contributi economici e assegni di cura o servizi, domiciliari e residenziali. Tuttavia, in assenza di standard nazionali, si sono create forti disparità territoriali e un ampio spazio per il mercato privato.
La conoscenza di questi fenomeni è frammentata e, in assenza di informazioni adeguate, è difficile fornire un quadro completo della situazione. Nonostante la presenza di numerose banche dati amministrative e indagini, spesso esistono problemi di mancata trasmissione e compilazione delle informazioni da parte delle Regioni e degli Enti locali:
- La spesa per Ltc, che include tutti gli interventi assistenziali e sanitari per le persone anziane o disabili non autosufficienti, è quantificata dalla Ragioneria generale dello Stato (RGS). La spesa complessiva per la LTC nel 2022 è pari all’1,73% del PIL, di cui il 74% riguarda soggetti con più di 65 anni. Tuttavia, negli ultimi anni la spesa per Ltc è diminuita in rapporto al Pil.
- A livello centrale, l’Inps eroga l’indennità di accompagnamento agli invalidi civili, pari nel 2024 a 531,76 euro mensili per dodici mensilità. Questa prestazione non è soggetta a condizioni di reddito o di età e non è vincolata a obblighi di acquistare beni o servizi volti a migliorare la condizione del percettore. L’Inps gestisce anche altre prestazioni monetarie per persone con disabilità.
- Il Ssn sostiene la spesa per le prestazioni di natura sanitaria erogate alle persone disabili e non autosufficienti. Queste prestazioni comprendono l’assistenza territoriale agli anziani e ai disabili, l’assistenza psichiatrica, quella agli alcolisti e ai tossicodipendenti, l’assistenza ospedaliera in regime di lungodegenza e una quota dell’assistenza integrativa, protesica e farmaceutica. Il settore pubblico possiede il 19% delle strutture residenziali in Italia, ma ne gestisce solo il 13%, mentre gli enti senza scopo di lucro possiedono il 45% delle strutture e ne gestiscono il 51%. Gli altri enti privati e gli enti religiosi gestiscono rispettivamente il 24% e il 12% delle strutture. La quota di strutture pubbliche gestite da enti senza scopo di lucro è maggiore nel Centro e nel Mezzogiorno rispetto al Nord. Le strutture residenziali impiegano 376.941 unità di personale, di cui circa il 9% sono volontari o operatori del servizio civile. Circa il 41% del personale è impiegato part-time. La carenza e le caratteristiche del personale sono state identificate come uno dei principali problemi dell’assistenza residenziale in Italia.
Gli interventi del Pnrr
Il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha previsto una serie di interventi per migliorare l’accesso ai servizi e l’autonomia delle persone disabili e degli anziani non autosufficienti. Questi interventi includono:
- Legge delega sulla disabilità. Approvata nel 2021, mira a semplificare l’accesso ai servizi e i meccanismi di accertamento della disabilità, promuovendo la deistituzionalizzazione e l’autonomia delle persone coinvolte. I decreti attuativi dovevano essere approvati entro il secondo trimestre del 2024.
- Riforma degli interventi per gli anziani non autosufficienti. Prevista per il primo trimestre del 2023, mira a semplificare l’accesso alle prestazioni sanitarie e sociali, rivedere le procedure di accertamento della non autosufficienza e rafforzare i servizi domiciliari.
- Riforma dell’assistenza sanitaria territoriale. Collegata alle precedenti, questa riforma mira a definire un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale, contribuendo alla realizzazione di un nuovo sistema di interventi integrati, sanitari e sociali, per i non autosufficienti e i disabili.
Per tutte queste riforme sono stati approvati appositi provvedimenti, rispettando le scadenze. Inoltre, sono stati previsti investimenti specifici per sostenere queste iniziative, come quelli per il sostegno alle persone vulnerabili e la prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, e per i percorsi di autonomia per le persone con disabilità.
Tuttavia, a seguito della revisione del Pnrr approvata dal Consiglio europeo a dicembre 2023 e del DL 19/2024, gli stanziamenti inizialmente previsti hanno subito una rimodulazione. Ad esempio, gli investimenti per la Salute (Missione 6) relativi a “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (Componente 1)” sono stati aumentati di 750 milioni, di cui 250 milioni per le case come primo luogo di cura e 500 milioni per la telemedicina.
In campo sanitario, l’intervento più mirato alla platea degli anziani non autosufficienti è quello rivolto alla domiciliarità. Con il decreto del Ministro della Salute del 23 gennaio 2023 sono stati ripartiti i finanziamenti tra le Regioni, stabilendo che il 75% dei finanziamenti fosse distribuito in base alla quota della popolazione residente di età superiore a 65 anni rispetto a quella italiana della stessa età e il 25% in base al fabbisogno. Per quanto riguarda gli investimenti Missione 5, Componente 2, si rilevano alcune difficoltà di attuazione. A fronte dei 700 progetti inizialmente previsti per l’Investimento “Percorsi di Autonomia per persone con disabilità”, attualmente se ne rilevano 587. In alcune Regioni, il numero di progetti avviati è sensibilmente inferiore rispetto a quelli programmati.
L’analisi, in conclusione, mostra che, nonostante le recenti riforme, l’assunzione di una responsabilità pubblica sulla Long-Term Care (LTC) in Italia è ancora molto limitata. Ci sono ancora molti problemi da affrontare per riorganizzare le misure per la disabilità e garantire una copertura pubblica adeguata del rischio di non autosufficienza su tutto il territorio nazionale. Il ruolo del Terzo settore negli interventi integrati è rilevante, ma c’è il rischio di dare troppa voce agli interessi degli erogatori privati. Infine, il finanziamento limitato delle riforme, che contavano sugli investimenti del Pnrr, che si concluderà nel 2026, e sulle risorse disponibili a legislazione vigente, è alla base di questi rinvii e delle lacune dei decreti legislativi.
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