L’Italia non è un Paese per madri lavoratrici
- 29/05/2023
- Popolazione
L’Italia non è un Paese per madri che lavorano. Tanto che molte donne si devono licenziare a causa dell’impossibilità di conciliare le esigenze familiari con quelle del proprio impiego. Un fenomeno che riguarda gli uomini in misura quasi insignificante, a dimostrazione di quanto sia ancora sbilanciato il carico di cura. Lo confermano gli ultimi dati resi disponibili dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro sulle convalide delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri.
Nel 2021, le convalide sono state in totale 52436, il 71,8% delle quali (37662) riguarda donne e il 28,2% (14774) uomini, avvalorando l’ormai storico squilibrio di genere anche se, sottolinea l’Inl, negli ultimi anni si registra una lenta e costante diminuzione del divario (escludendo il 2020, primo anno della pandemia).
Il carico di cura è ancora quasi totalmente sulle donne
Il dato eclatante che emerge dall’analisi dei provvedimenti di convalida è l’enorme divario di genere tra chi chiude un rapporto lavorativo per difficoltà legate al ruolo genitoriale: dei 20.797 casi in cui i problemi di conciliazione sono dovuti alla indisponibilità di servizi di cura, infatti, ben il 98% proviene da donne. E anche delle 10.722 motivazioni ricondotte all’organizzazione specifica del proprio impiego, il 94% riguarda donne.
Dati confermati dalla ragione principale che ha invece motivato gli uomini a chiudere il rapporto di lavoro: nel 78,2% dei provvedimenti emanati, la spinta risulta essere il passaggio ad altra azienda. E infatti, nel caso dei lavoratori padri, le difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura coprono solo il 7,4% del totale delle motivazioni addotte.
Per le lavoratrici madri, sul totale delle motivazioni indicate, le difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura pesano per il 65,5% (il 43,8% per la mancanza di servizi e oltre il 21,7% per l’organizzazione stessa del lavoro), mentre solo il 21,7% fa riferimento al trasferimento in un’altra azienda.
Età ‘critica’ dei figli per i genitori che lavorano
Sul totale delle convalide richieste da genitori, il 60,3% ha 1 figlio, il 32,6% 2 e il 7,1% più di 2. L’età del figlio che più incide sul fenomeno, sottolinea Inl, è quella fino ad 1 anno, seguita da quella sino ai 3 anni.
Quali sono le difficoltà di conciliazione lavoro/cura
Il motivo più frequente della richiesta di convalide è la difficoltà di conciliare il lavoro e le esigenze di cura dei figli (51% dei casi, ovvero 31.519, contro i 29.255 del 2020). Le ragioni addotte sono due: mancanza di servizi (33,6% delle causali) e problemi legati all’organizzazione specifica del proprio impiego (17% del totale delle motivazioni indicate).
Nel dettaglio, per quanto riguarda la disponibilità di servizi i problemi riscontrati dall’Ispettorato sono:
- assenza di parenti di supporto, con 15.530 indicazioni (25%);
- elevati costi di assistenza al neonato, con 4.556 menzioni (7%);
- mancato accoglimento al nido, con 711 indicazioni (1%).
Quanto invece alle difficoltà di conciliazione dovute all’organizzazione del lavoro, i problemi segnalati sono:
- condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente conciliabili con le esigenze di cura dei figli in 5.981 casi (quasi il 10% del totale);
- distanza dal luogo di lavoro, con 2.393 indicazioni (quasi il 4%) o cambiamento della sede di lavoro, con 246 menzioni (0,4%)
- orario di lavoro penalizzante, con 1.942 menzioni (oltre il 3%), di cui 1.169 per mancata modifica degli orari lavorativi e 773 per mancata concessione del part time;
- modifica delle mansioni svolte, con 160 indicazioni (circa il 2%).
Le differenze geografiche
A livello regionale, mettendo in relazione le incidenze delle cessazioni con figli sulle cessazioni totali separatamente per uomini e donne non emergono grossi divari per le macroaree dell’Italia. Ma si conferma il divario di genere rilevato a livello nazionale, cosa che suggerirebbe una connotazione “strutturale” della caduta di partecipazione in presenza di figli 0-3 anni, (detto ‘parenthood pushing factor’) ricollegabile al diverso carico genitoriale e di cura tra uomini e donne.
In termini generali, l’incidenza delle cessazioni di contratti di lavoro relativi a lavoratori con figli nella fascia di età 0-3 anni è molto più alta al Nord (66% delle cessazioni) rispetto al Centro (18%) e al Sud e nelle Isole (15%). Si tratta di dati, come i seguenti, che riflettono il diverso tasso di occupazione delle varie parti della Penisola.
Per le sole lavoratrici madri, i dati sulle convalide delle dimissioni/risoluzioni consensuali per il 2021 vedono il 63% dei provvedimenti (23.586) emessi nel Nord Italia, oltre il 20% (7.650) nel Centro Italia e il 17% (6.426) nel Sud Italia.
Anche per i soli lavoratori padri nel 2021 i dati concernenti le convalide delle dimissioni/risoluzioni consensuali sono prevalentemente concentrati nell’Italia settentrionale, con 11.781 casi, circa l’80% del totale. Segue anche qui l’Italia centrale con 2.248 casi, il 15% del totale, e chiude il Sud con 745 provvedimenti, il 5% del totale.
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