L’Italia è un Paese di anziani
- 26/06/2023
- Popolazione
‘Noi Italia’: 100 indicatori Istat sulla realtà del Paese
Al 1° gennaio 2022 in Italia la popolazione residente ammonta a 59.030.133 individui. Con il 13% dei 447 milioni di abitanti dell’Unione europea (Ue), l’Italia si conferma tra i primi Paesi per importanza demografica, dopo Germania (83 milioni) e Francia (68 milioni). E’ quanto si sottolinea nella pubblicazione web dell’Istat ‘Noi Italia’, che offre una selezione di oltre 100 indicatori statistici sulla realtà del nostro Paese, fornendo un quadro d’insieme dei diversi aspetti ambientali, demografici, economici e sociali dell’Italia, delle differenze regionali che la caratterizzano e della sua collocazione nel contesto europeo.
Gli indicatori demografici misurano l’evoluzione e la struttura della popolazione. Le trasformazioni demografiche avvenute in Italia negli ultimi anni hanno messo in evidenza fenomeni rilevanti: la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e il tendenziale invecchiamento della popolazione.
In breve
- Nel 2021, prosegue l’impatto della pandemia da COVID-19 sulla dinamica demografica.
- La fecondità, in calo da diversi anni, nel 2021 aumenta lievemente (1,25 figli per donna), mentre l’età media al parto sale a 32,4 anni ed è fra le più alte in Europa.
- La speranza di vita alla nascita, nel 2022, è di 80,5 anni per gli uomini e di 84,8 per le donne.
- Dopo il netto calo delle nozze nel 2020, a causa della pandemia, nel 2021 si assiste a una forte ripresa del fenomeno. Nel 2021, i matrimoni celebrati sono 180.416, l’86,3% in più, rispetto all’anno precedente.
- Nel 2021, separazioni e divorzi hanno registrato un aumento rispettivamente del 22,5% e del 24,8%, rispetto all’anno della pandemia da COVID-19, in cui avevano invece mostrato una diminuzione.
- Nel 2022, continua ad aumentare l’indice di vecchiaia, raggiungendo quota 187,6 anziani ogni cento giovani. L’Italia è uno dei Paesi più “vecchi” dell’Ue.
- Al 1° gennaio 2022, l’indice di dipendenza registra un leggero incremento raggiungendo quota 57,5, con differenze regionali significative tra Nord e Sud. A livello europeo, l’indicatore supera la media Ue.
Nel 2021, in Italia, alle conseguenze dirette e indirette della pandemia da Covid-19 sulla dinamica demografica osservate nel 2020, si aggiungono gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite. Il decremento della popolazione residente (-0,3% rispetto all’anno precedente) è dovuto in larga misura alla dinamica naturale. Segnali positivi si registrano per la dinamica migratoria, in aumento rispetto al 2020.
Oltre un terzo dei residenti è concentrato in sole tre Regioni: Lombardia, Lazio e Campania. Il Mezzogiorno si conferma l’area più popolata del Paese. Il decremento di popolazione interessa soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord-Ovest, sia per il Nord-Est).
Bassa fecondità
Nel 2021, il numero medio di figli per donna è pari a 1,25 (1,24 nel 2020), valore di gran lunga inferiore alla soglia minima a garantire il ricambio generazionale (circa 2,1 figli), pur mostrando una lieve ripresa della maternità dopo la continua diminuzione in atto dal 2010, anno in cui per il tasso di fecondità totale si è registrato il massimo relativo di 1,44 figli per donna. L’età media della madre al parto è di 32,4 anni e l’Italia è fra i Paesi europei con il calendario riproduttivo più posticipato.
Nella graduatoria europea, l’Italia è tra i Paesi a più bassa fecondità. A livello regionale, i livelli più alti di fecondità sono nelle Province autonome di Bolzano/Bozen (1,72) e Trento (1,42), mentre la Sardegna presenta il valore più basso (0,99). Nel 2022, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente italiana è di 80,5 anni per i maschi e di 84,8 per le femmine. L’indicatore, per entrambi i generi, dopo aver raggiunto il picco massimo nel 2019 e un decremento nel 2020, fa segnare un lieve recupero per gli anni 2021 e 2022, attestandosi su livelli simili a quelli del 2017.
Pochi matrimoni
A livello europeo, l’Italia è ancora uno dei Paesi dove ci si sposa meno. I matrimoni celebrati nel 2021 sono 180.416, in netta ripresa rispetto all’anno precedente in cui, a causa della pandemia da COVID-19, molte coppie erano state costrette a rinviare le proprie nozze. Nonostante l’86,3% in più di nozze celebrate nel 2021, l’incremento non è sufficiente a recuperare la perdita registrata nel 2020; rispetto al 2019, infatti, la variazione è ancora negativa (-2,0%). Il quoziente di nuzialità, che nel 2020 era pari a 1,6 matrimoni per mille abitanti, torna allo stesso valore registrato nel 2019 (3,1). La crescita del quoziente di nuzialità è generalizzata e si manifesta in maniera più evidente nelle Regioni del Mezzogiorno. Il valore più alto dell’indicatore si registra in Calabria (4,3 per mille), mentre Umbria, Sardegna e Provincia Autonoma di Trento presentano il valore più basso (2,4 per mille).
Nel 2021, le separazioni sono state complessivamente 97.913 (+22,5% rispetto al 2020). Nello stesso anno, i divorzi sono stati 83.192, il 24,8% in più rispetto al 2019 e il 16,0% in meno, nel confronto con il 2016, anno di massimo relativo (99.071 divorzi), legato all’entrata in vigore (a maggio 2015) della legge sul “divorzio breve”.
Nel 2021, il tasso di separazione per 10mila abitanti (16,6 a livello nazionale) raggiunge il valore massimo in Campania (20,0), seguita da Sicilia (19,3) e Lazio (18,5), e il minimo nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (10,8). Il tasso di divorzio per 10mila abitanti, a fronte di un valore medio nazionale di 14,1, vede in testa alla graduatoria Sardegna (17,4) e Liguria (16,9), mentre agli ultimi posti si collocano Basilicata (10,5) e Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (11,1).
Liguria regione più anziana
Non si ferma la crescita degli indici di vecchiaia che, al 1° gennaio 2022, raggiunge quota 187,9 anziani ogni cento giovani, confermando la crescita costante dell’indice, ormai in atto da un ventennio.
Tra le Regioni, è sempre la Liguria a detenere il valore più elevato dell’indice di vecchiaia (267,2), mentre la Campania (143,6) presenta il valore più basso. In ambito Ue, l’Italia è il Paese con il più alto indice di vecchiaia e fa parte del gruppo dei Paesi con indice di dipendenza più elevato della media europea (56,0).
Nel 2022, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente italiana è di 80,5 anni per i maschi e di 84,8 per le femmine. Si vive mediamente più a lungo al Centro-Nord, soprattutto nella Provincia Autonoma di Trento, dove la speranza di vita è di 81,9 anni, per i maschi e 86,3, per le femmine. Il valore minimo della speranza di vita si ha in Campania, sia per i maschi (78,8 anni), sia per le femmine (83,1 anni). L’Italia è tra i Paesi europei con la speranza di vita alla nascita più elevata.
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