L’Italia è quinta in Europa per abbandono precoce degli studi
- 26/07/2023
- Popolazione
L’Italia è il quinto Paese al mondo per abbandono precoce degli studi. Il dato è in costante miglioramento ma comunque lontano dagli obbiettivi fissati dall’Ue in materia.
Con il nuovo Quadro strategico sull’istruzione e la formazione l’Unione ha infatti abbassato di un punto percentuale il target di abbandono degli studi tra i giovani di 18-24 anni, portandolo al 9% rispetto al 10% previsto dall’Agenda Europa 2020.
I dati più recenti, come riporta un’indagine di Openpolis, indicano un percorso di avvicinamento da parte dell’Ue nel suo complesso. Nel 2022 il 9,6% degli europei tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola con al massimo la licenza media, senza conseguire ulteriori titoli di studio o qualifiche professionali.
Nella stessa fascia di età, l’Italia ha registrato una percentuale di abbandono precoce degli studi pari all’11,5% nel 2022. Un dato che testimonia il miglioramento del Belpaese, che resta però al di sotto della media europea.
In generale, tra 2008 e 2020 il tasso di occupazione dei giovani che hanno lasciato la scuola prima del tempo è crollato, in Italia ancora più che nel resto dell’Unione.
Alla vigilia della crisi del 2008-2009, in Italia quasi il 20% dei giovani si trovava in condizione di abbandono scolastico, mentre la media europea si attestava al 14-15%.
Da allora le cose sono indubbiamente migliorate, anche grazie all’intervento dell’Agenda Europa 2020 e del nuovo Quadro strategico sull’istruzione e la formazione per il decennio 2021-2030.
Abbandono scolastico precoce tra l’Italia e l’Ue
Nonostante il netto miglioramento, l’Italia è ancora tra i Paesi europei dove il fenomeno dell’abbandono scolastico precoce risulta più consistente. Nel 2022, secondo dati Eurostat, il nostro è il quinto Paese europeo con più abbandoni (11,5%), dopo Romania (15,6%), Spagna (13,9%), Ungheria (12,4%) e Germania (12,2%).
Il miglioramento rilevato in Italia non è solo in termini assoluti (da circa il 20% dei primi anni Duemila all’11,5%), ma anche in relazione agli altri Stati europei. Infatti, sia nel 2020 che nel 2021 la penisola era risultata terza per tasso di abbandoni precoci, appena dietro a Romania e Spagna.
I miglioramenti sono evidenti, ma l’Italia resta quasi due punti percentuali indietro rispetto alla media europea (9,6%) e registra due punti e mezzo di ritardo rispetto al target comunitario del 9%.
Sono 22 i paesi europei che registrano un tasso di abbandono scolastico precoce inferiore a quello italiano. In 6 Paesi la percentuale è addirittura inferiore al 5%: Lituania e Polonia (entrambe al 4,8%), Grecia e Slovenia (4,1%), Irlanda (3,7%) e Croazia (2,3%, ma si tratta di una statistica che Eurostat segnala come poco affidabile). A pesare sui risultati italiani sono gli enormi divari territoriali.
I divari regionali sull’abbandono scolastico
In Italia, 14 regioni su 20 registrano un tasso di abbandono scolastico superiore al target del 9% fissato dal Quadro strategico sull’istruzione e la formazione. Le 6 che stanno già soddisfacendo gli obbiettivi comunitari sono: Molise (8,3%), Friuli-Venezia Giulia (7,7%), Lazio (7,4%), Umbria (7,3%), Marche (5,8%) e Basilicata (5,3%). 4 regioni italiane non hanno ancora raggiunto il nuovo target europeo, ma soddisfano la soglia del 10% di abbandono scolastico precoce fissato dall’Agenda 2020: Lombardia (9,9%), Veneto (9,5%), Emilia-Romagna (9,5%) e Abruzzo (9,3%).
Ciò che colpisce dall’analisi del grafico è come solo 5 regioni registrino una media peggiore di quella nazionale, ma incidono in maniera molto grave. La quota nazionale dell’11,5% viene infatti ampiamente superata nel sud (13,8% in media) e nelle isole (17,9%). Nello specifico Sicilia e Campania, registrano un tasso di abbandono precoce degli studi pari al 15% dei giovani. Sull’isola la quota è del 18,8% mentre in Campania è pari al 16,1%. Le altre tre regioni al di sopra della media nazionale sono Sardegna (14,7%), Puglia (14,6%) e Valle d’Aosta (13,3%).
Oltre al divario regionale, un’altra piaga sono gli abbandoni scolastici impliciti.
Cosa sono gli abbandoni scolastici impliciti
Soprattutto dopo il periodo Covid sono aumentati gli abbandoni scolastici impliciti. Con questa espressione ci si riferisce agli studenti che, pur completando la scuola dell’obbligo, non raggiungono i livelli di competenza e conoscenza previsti quando si ottiene il diploma. Giova ricordare che in Italia l’obbligo scolastico, in base alla legge 296/2006, dura 10 anni, dai 6 ai 16 anni di età.
Si tratta di un percorso finalizzato al raggiungimento di un titolo di scuola superiore oppure di una qualifica professionale, almeno triennale, entro i 18 anni. In ogni caso, anche per chi ha assolto l’obbligo scolastico, vi è un obbligo formativo: il diritto-dovere di frequentare attività di formazione fino ai 18 anni.
I risultati sono ben visibili guardando la crescente difficoltà delle aziende italiane nel reperire personale qualificato, con oltre 230.000 posti di lavoro vacanti e impossibili da coprire. Questa situazione è stata rilevata dal sistema informativo Excelsior, che ha registrato un aumento del 7% rispetto all’anno scorso, passando dal 38,6% al 45,6% nel 2023.
Tra le aziende coinvolte nell’indagine di Unioncamere, il 13,5% ha indicato la carenza di assunzioni dovuta alla mancanza di preparazione adeguata dei candidati. Nonostante la presenza di opportunità lavorative, i lavoratori disponibili non sembrano rispondere alle necessità aziendali in termini di competenze e preparazione.
Il futuro prospetta ulteriori sfide, con la Banca d’Italia che ha previsto la creazione di oltre 300.000 posti di lavoro ad alto valore aggiunto grazie ai fondi del Pnrr destinati a supportare le transizioni digitali, ambientali ed energetiche. Il rischio concreto è che tali opportunità non troveranno risposte adeguate tra i lavoratori italiani, creando un divario ancora maggiore tra offerta e domanda di lavoro.
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