L’intelligenza artificiale potrà attenuare gli effetti della crisi demografica: ecco come
- 24/10/2023
- Popolazione
La crisi demografica è ancora sottovalutata da gran parte dell’opinione pubblica italiana, nonostante la denatalità e l’invecchiamento della popolazione potrebbero provocare una perdita di 1/3 del Pil già nel 2050.
Numeri agghiaccianti che obbligano a cercare delle soluzioni innovative con una certa solerzia per contrastare un trend che in soli 3 anni, dal 2020 al 2022, ha fatto perdere all’Italia quasi un milione (957mila) di abitanti.
Solo l’anno scorso l’Italia ha avuto meno di 7 nuovi nati e più di 12 decessi ogni 1.000 abitanti. I dati certificano che il Belpaese, con 1,24 figli in media per donna, è il Paese meno prolifico d’Europa insieme alla Spagna, e secondo l’Istat avrà una popolazione di 51 milioni di persone nel 2050. Continuando con questa tendenza, l’intera popolazione italiana potrebbe estinguersi nel 2307!
Ma non c’è bisogno di andare molto lontano: nel 2070, il rapporto debito/Pil potrebbe raggiungerebbe il 220%, insostenibile per l’economia di qualsiasi Paese.
Fino ad ora le misure messe in campo dalla politica e dalle imprese per incentivare la natalità, pur consistenti ed encomiabili, si sono rivelate insufficienti a contrastare la crisi demografica. Per questo, diventa interessante l’apporto che l’intelligenza artificiale può dare all’economia italiana, minacciata dall’inverno demografico.
Come l’intelligenza artificiale può aumentare la produttività
Quando si parla di intelligenza artificiale, la paura più grande è che prende il post degli esseri umani al lavoro, lasciando questi ultimi a casa. Dati alla mano, in Italia questo eventuale svantaggio potrebbe diventare una grande opportunità: colmando il vuoto di lavoratori generato dalla crisi demografica, l’intelligenza artificiale potrebbe tenere a galla l’economia italiana, e, secondo alcune stime, anche migliorarla.
L’Ia, allo studio da decenni ma esplosa tra fine 2022 e inizio 2023 grazie a ChatGPT di OpenAI, può generare:
- aumento dell’efficienza lavorativa: l’Ia (o ‘Ai’ se si preferisce la versione inglese), può aiutare aziende, professionisti e lavoratori a migliorare l’efficienza operativa e a guadagnare un vantaggio competitivo. L’Ia può automatizzare i processi produttivi, ridurre gli errori umani e migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi offerti;
- automazione dei processi produttivi: può svolgere un ruolo fondamentale nell’automazione dei flussi di lavoro per la gestione dei progetti. L’Ia può essere impiegata con diverse finalità come la manutenzione predittiva, il rilevamento di prodotti di bassa qualità, l’automazione di fabbrica, l’automatizzazione del design dei prodotti, l’intelligenza dei robot e ancora, in ambito logistico e di pianificazione, per la previsione di tempi di consegna più precisi, la previsione della tendenza del business aziendale e anche per la sicurezza;
- riduzione degli sprechi: migliorando l’efficienza in vari settori, come la produzione, la sanità e i trasporti, l’Ia può ridurre i costi e gli sprechi nei processi produttivi, generando un vantaggio anche per l’ambiente;
- creazione di nuovi posti di lavoro: checché se ne dica, anche dietro l’intelligenza artificiale ci sono gli esseri umani. Per tanto, la maggiore diffusione di questa tecnologia può creare nuovi posti di lavoro in ambito tecnologico, come sta già accadendo. Già nel 2020, il mercato privato dell’Ia ha raggiunto in Italia un valore complessivo di 300 milioni di euro, con una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. I numeri degli ultimi due anni potranno superare agevolmente il miliardo di euro.
Secondo le stime di Pwc, l’intelligenza artificiale generativa può far aumentare il Pil mondiale del 26% entro il 2030. Una stima sull’Italia arriva da Accenture, secondo cui la maggiore diffusione dell’Ia potrebbe generare un aumento del Pil di circa il 2,9% entro il 2035 solo per il Belpaese. Bisogna tuttavia riconoscere che, al momento, è molto difficile fare delle stime precise sull’impatto che questa tecnologia potrà avere in futuro.
Sicuramente l’adozione dell’Ia in Italia sta crescendo, anche grazie alla strategia del governo italiano che ne promuove lo sviluppo e l’utilizzo in vari settori, tra cui la produzione, la mobilità e il turismo. Ma la politica non si limita alla promozione: a metà settembre ha fatto il giro del web il video in cui il vicepremier Salvini utilizzava le potenzialità dell’Ia per ‘doppiare’ sé stesso in francese, invitando i ‘cugini’ d’Oltralpe all’evento leghista di Pontida.
L’Ia e il lavoro: tra scettici e ottimisti
Secondo lo studio dell’agenzia delle Nazioni Unite, ‘Generative AI and Jobs: un’analisi globale dei potenziali effetti sulla quantità e qualità del lavoro’, la maggior parte dei posti di lavoro e dei settori industriali è solo parzialmente esposti all’automazione. Il rapporto spiega che è più probabile che molti lavori vengano integrati piuttosto che sostituiti dalle Ai generative come ChatGPT, Bard e Perplexity. Pertanto, l’impatto di questa tecnologia probabilmente non sarà la distruzione di posti di lavoro, ma un radicale cambiamento nella qualità dello stesso, in particolare sotto il profilo dell’intensità e dell’autonomia.
Dello stesso tenore è lo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) pubblicato il 22 agosto scorso, secondo cui l’Ia generativa ha maggiori probabilità di aumentare i posti di lavoro anziché distruggerli, automatizzando alcune mansioni piuttosto che sostituendole completamente.
Guai, però, a pensare che la maggiore redditività dell’economia sarà un effetto automatico dell’Ia, quasi calato dall’alto. Serve studiare da vicino i meccanismi che muovono questa tecnologia per trasformarla in una sana opportunità di crescita, soprattutto in un contesto molto arretrato, come quello italiano.
Nella penisola, infatti, solo il 6,9% delle piccole aziende utilizza robot per agevolare i processi produttivi, e appena il 5,3% delle piccole e medie imprese ha adottato sistemi di intelligenza artificiale. Sullo sfondo la paura che l’uomo venga sostituito in toto, come si può percepire dal rapporto di Confartigianato sul tema secondo cui il 33% dei posti di lavoro italiani (oltre 8,4 milioni) sarebbe minacciato dalla diffusione dell’intelligenza artificiale.
In realtà, come succede sempre con una nuova tecnologia, il vero discrimine sarà l’essere umano. Se si approfitterà della maggiore produttività per riconoscere più tempo libero agli individui, sarà un successo. Se sarà una ‘scusa’ per produrre di più, senza concepire diversamente il rapporto tra lavoro e vita privata, l’effetto sarà solo quello di inflazionare il sistema.
Di sicuro, ci si è preoccupati più dell’intelligenza artificiale negli ultimi dieci mesi che della crisi demografica negli ultimi dieci anni. Eppure, se tra qualche anno ci affideremo a lei per non assistere al collasso del nostro sistema, il problema, forse, non è l’intelligenza artificiale.
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