Il Pnrr salvi il futuro digitale del Paese
- 01/08/2023
- Popolazione
La diffusione delle abilità informatiche tra gli adolescenti italiani è più bassa rispetto a quella dei coetanei della maggior parte dei paesi europei.
I dati Eurostat riportano che nel 2021 quasi il 70% dei giovani europei ha raggiunto un livello almeno di base nelle competenze digitali. In Italia la quota scende al 58,3%.
Per monitorare le competenze digitali dei cittadini, l’Istituto europeo di statistica ha sviluppato un nuovo indicatore che valuta l’alfabetizzazione informatica. Il nuovo indice include la capacità di raccogliere informazioni su beni, servizi o sulla salute, la capacità di comunicare e collaborare in digitale, la capacità di creare contenuti digitali e anche le abilità in termini di sicurezza e di problem solving in ambito digitale. Questo indicatore è frutto di importanti modifiche apportate dall’Eurostat nel 2021 per adeguarsi al nuovo quadro di riferimento per le competenze digitali (Digital Competence Framework 2.0). Per questo non si possono paragonare i risultati di quest’anno con quelli precedenti.
Con uno sguardo rivolto a tutte le fasce di età, i dati Eurostat mettono nero su bianco il digital divide di cui soffre il nostro Paese: poco più della metà dei cittadini europei raggiunge conoscenze di base (53,9%) in ambito digitale, e uno su 4 (26,4%) ha competenze avanzate. Per l’Italia la percentuale scende rispettivamente al 45,6% e al 22,5%.
Sono molto marcate le differenze territoriali, come evidenzia openpolis.it, in particolare tra grandi città e periferie. Se la media europea di persone con competenze digitali avanzate è pari al 26,4%, nelle zone rurali la percentuale scende al 19,9% contro il 32,7% registrato nelle città. Entrambi i dati sono peggiori in Italia: le competenze digitali avanzate scendono al 18% della popolazione nelle località periferiche e al 26,7% nelle città, dove si registra un ritardo di quasi 6 punti percentuali rispetto alla media europea.
Italia e digitale, un problema di strutture
In Italia, la mancanza di competenze digitali è prima di tutto un problema strutturale. Su oltre 40mila edifici scolastici presenti nel Paese, in media solo 1 su 3 (32,4%) è dotato di aule di informatica, in base ai dati raccolti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’anno scolastico 2021/22. In più di un caso su 4 (26,2%) le aule di informatica non sono presenti, mentre l’informazione non è stata dichiarata per il 41,4% degli edifici. Inoltre, bisognerebbe anche indagare sull’utilizzo effettivo di queste aule ai fini didattici.
Ancora una volta, il divario territoriale si fa sentire: la dotazione di aule informatiche è stata dichiarata per quasi il 50% degli edifici scolastici piemontesi (49,9%) e liguri (49,2%) e supera il 40% anche in Valle d’Aosta, Marche e Toscana. Dati piuttosto bassi, se si pensa al livello di digitalizzazione raggiunto nel mondo e al ruolo dell’istruzione. Eppure, la percentuale di istituti dotati di aule informatiche in alcune regioni si registrano dati di gran lunga peggiori più bassa in Abruzzo (23,3%), Calabria (18,1%), Campania (17,8%) e Lazio (16,8).
In particolare, 14 province dispongono di un’aula informatica in meno del 20% del patrimonio scolastico: Teramo (19,8%), Rieti (18,1%), Siracusa (17,9%), L’Aquila (17,7%), Catania (15,6%), Crotone (15,5%), Catanzaro (15,1%), Matera (14,5%), Roma (13,7%), Napoli (13,6%), Cosenza (13%), Latina (12,3%), Salerno (11,9%) e Benevento (10,4%). Anche in questo caso si nota una rilevante distanza nel Mezzogiorno.
Il gap territoriale sull’asse città-periferie rileva anche a livello nazionale. Se in media circa un terzo degli edifici scolastici statali è dotato di aule informatiche, la quota scende attorno a un quarto nei comuni periferici (26,3%) e in quelli ultraperiferici (25,1%).
Una situazione che incide gravemente sul futuro dei giovani che vivono nelle aree interne, costretti a raggiungere le città per trovare un polo di servizi adeguato alle necessità. Nel caso dei comuni periferici servono almeno 40 minuti nel primo caso, oltre un’ora per chi vive nei comuni ultraperiferici.
Dati alla mano, si tratta di circa 4.000 comuni e 13 milioni di abitanti.
Neppure le grandi città, in Italia, sono garanzia di servizi: in 10 capoluoghi la disponibilità di aule di informatica dichiarata è addirittura inferiore al 10% degli edifici scolastici statali presenti: Roma, Catania, Carbonia, Forlì, Benevento, Catanzaro, Matera, Latina, Cosenza e Salerno. Una situazione che aumenta inesorabilmente i fenomeni di migrazione interna.
Pnrr, ultima spiaggia
La situazione è allarmante tanto che con 27 miliardi di euro l’Italia è al primo posto in Europa per entità degli investimenti nel digitale legati al Pnrr, come emerge dallo studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com) realizzato per la Econ Committee del Parlamento europeo. La fetta più grossa (18,7 miliardi) è destinata alla digitalizzazione delle imprese con un impegno dello Stato nel sostenere anche il processo di innovazione aziendale.
Alla digitalizzazione dei servizi pubblici sono destinati 11,7 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto alla Germania e più di 4 volte rispetto alla Francia (2,6 miliardi). Sarà fondamentale destinare queste risorse anche agli istituti scolastici per garantire una diffusione quanto più equa ed efficace delle competenze. Obiettivo, quest’ultimo, dove l’Italia si posiziona al primo posto per investimenti con più di 4 miliardi di euro di investimenti per le competenze digitali, seguita a distanza da Francia (1.783 milioni di euro) e Polonia (oltre 1.500 milioni di euro).
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