I farmaci anti-Hiv aiutano a combattere l’Alzheimer: lo studio
- 14/05/2025
- Popolazione
Chi assume farmaci anti-Hiv ha meno probabilità di sviluppare l’Alzheimer. A sostenerlo sono gli scienziati dell’Università della Virginia (Uva Health) che chiedono che vengano avviate sperimentazioni cliniche per testare il potenziale dei farmaci, chiamati “inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa”, nella prevenzione del morbo di Alzheimer.
Dallo studio emerge che la capacità di questi farmaci sta nel ridurre, fino al 13% ogni anno, il rischio di sviluppare il morbo.
Quali implicazioni per la salute dei pazienti?
I ricercatori, guidati dal Dottor Jayakrishna Ambati dell’Università della Virginia, avevano precedentemente identificato un possibile meccanismo attraverso il quale i farmaci potevano prevenire l’Alzheimer.
Questa promettente scoperta li ha spinti ad analizzare due dei più grandi database di assicurazioni sanitarie del paese per valutare il rischio di Alzheimer tra i pazienti a cui erano stati prescritti i farmaci. In uno, il rischio di sviluppare l’Alzheimer diminuiva del 6% ogni anno di assunzione dei farmaci. Nell’altro, la diminuzione annuale era del 13%.
“Si stima che oltre 10 milioni di persone in tutto il mondo sviluppino il morbo di Alzheimer ogni anno”, ha affermato Ambati, direttore fondatore del Center for Advanced Vision Science dell’Uva e professore DuPont Guerry III presso il Dipartimento di Oftalmologia della Facoltà di Medicina. “I nostri risultati suggeriscono che l’assunzione di questi farmaci potrebbe prevenire circa un milione di nuovi casi di morbo di Alzheimer ogni anno“.
Prevenire l’Alzheimer
I farmaci inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa sono utilizzati per impedire al virus Hiv di replicarsi all’interno dell’organismo. Ma Ambati e il suo team avevano già stabilito in precedenza che i farmaci possono anche prevenire l’attivazione degli inflammasomi, importanti agenti del nostro sistema immunitario.
Queste proteine sono coinvolte nello sviluppo del morbo di Alzheimer; quindi, Ambati e i suoi colleghi volevano verificare se i pazienti che assumevano farmaci che bloccano gli inflammasomi avessero meno probabilità di sviluppare il morbo.
Per farlo, hanno esaminato 24 anni di dati di pazienti contenuti nel database della United State Veterans Health Administration – composto in gran parte da uomini – e 14 anni di dati nel database MarketScan di pazienti con assicurazione commerciale, che offre una più ampia rappresentatività della popolazione. Hanno cercato pazienti di almeno 50 anni che assumevano farmaci per l’HIV o l’epatite B, un’altra malattia trattata con gli stessi inibitori. Hanno escluso i pazienti con una precedente diagnosi di Alzheimer.
In totale, i ricercatori hanno identificato oltre 270.000 pazienti che soddisfacevano i criteri dello studio e hanno poi analizzato quanti di loro hanno sviluppato l’Alzheimer. Anche dopo aver corretto i risultati per fattori che potrebbero confondere i risultati, come la presenza di condizioni mediche preesistenti nei pazienti, i ricercatori hanno determinato che la riduzione del rischio tra i pazienti trattati con gli inibitori anti-Hiv è stata “significativa e sostanziale”.
I risultati
I ricercatori hanno osservato che i pazienti che assumevano altri tipi di farmaci per l’Hiv non hanno mostrato la stessa riduzione del rischio di Alzheimer di quelli trattati con gli inibitori nucleotidici della trascrittasi inversa. Per questo motivo, affermano che questi farmaci meritano di essere sottoposti a test clinici per determinarne la capacità di prevenire l’Alzheimer.
In caso di successo, i benefici potrebbero essere enormi, dato che i tassi di Alzheimer stanno aumentando drasticamente. Quasi 7 milioni di americani convivono oggi con questa malattia, ma si prevede che questo numero salirà a 13 milioni entro il 2050. Inoltre, il costo annuo stimato per l’assistenza all’Alzheimer e ad altre forme di demenza potrebbe aumentare da 360 miliardi di dollari a quasi 1.000 miliardi di dollari, secondo quanto riportato dall’Alzheimer’s Association.
“Abbiamo anche sviluppato un nuovo farmaco che blocca l’inflammasoma chiamato K9, una versione più sicura ed efficace degli inibitori”, ha affermato Ambati. “Questo farmaco è già in fase di sperimentazione clinica per altre malattie e prevediamo di testare K9 anche per l’Alzheimer”.