Gelo demografico nel Mezzogiorno
- 05/12/2023
- Popolazione
Quadro demografico critico per l’Italia, con la combinazione di una diminuzione delle nascite, un aumento dell’aspettativa di vita e flussi migratori complessi che colpisce in modo differenziato le regioni del Mezzogiorno. Lo evidenzia il Rapporto Svimez 2023 secondo cui le migrazioni interne ed internazionali accentuano gli squilibri demografici, creando un contesto dove il Centro-Nord prospera mentre il Mezzogiorno perde popolazione, specialmente tra le giovani generazioni.
Il ruolo chiave delle migrazioni emerge come elemento cruciale nell’analisi demografica. Mentre il Centro-Nord registra un aumento della popolazione grazie a flussi migratori interni ed esterni, il Mezzogiorno sperimenta una fuga di residenti, specialmente giovani qualificati. Questa tendenza risulta in un disallineamento demografico sempre più pronunciato tra le due macroaree del Paese.
Il Rapporto sottolinea le sfide specifiche che il Mezzogiorno affronta a causa di questi mutamenti demografici. La perdita di popolazione, la scarsità di nascite e l’invecchiamento rappresentano sfide strutturali che potrebbero minare lo sviluppo economico e sociale dell’area. Le migrazioni interne verso il Centro-Nord, soprattutto tra i giovani laureati, contribuiscono a un progressivo impoverimento demografico e culturale del Mezzogiorno.
Dinamiche Demografiche Territoriali
La popolazione italiana, tra il 2001 e il 2022, ha sperimentato una crescita di 1,8 milioni di unità, ma le dinamiche territoriali mostrano disparità significative. Le dinamiche naturali, caratterizzate dalla diminuzione delle nascite e dall’allungamento della speranza di vita, hanno impatti territoriali differenziati, colpendo in modo più severo il Mezzogiorno. Le migrazioni, in particolare verso il Centro-Nord che ha registrato un aumento di oltre 2,5 milioni di residenti, hanno amplificato questi squilibri, con il risultato di un aumento della popolazione settentrionale e una significativa perdita di residenti nel Mezzogiorno (-698 mila abitanti).
Tra il 2002 e il 2021, più di 2,5 milioni di persone hanno lasciato il Mezzogiorno, con l’81% diretto verso il Centro-Nord. Le giovani generazioni sono particolarmente colpite, con un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati. Le aree interne, soprattutto nel Mezzogiorno, stanno vivendo un processo di spopolamento, con una stima di perdita di oltre 8 milioni di residenti entro il 2080.
Il contributo dell’immigrazione straniera è stato cruciale nel primo decennio degli anni Duemila, ma dal 2013 la contrazione dei flussi ha portato a un rallentamento e successivo arresto della crescita demografica. Attualmente, poco più di 5 milioni di stranieri risiedono in Italia, con solo il 16% nella regione meridionale. La popolazione straniera, più giovane in media, funge da contrappeso al declino demografico, soprattutto nelle regioni del Centro-Nord.
Il progressivo invecchiamento del Paese accentuerà gli squilibri demografici, con il Mezzogiorno destinato a perdere il 51% della popolazione più giovane entro il 2080. La popolazione in età lavorativa subirà una riduzione di oltre la metà nel Mezzogiorno e di circa un quarto nel Centro-Nord. Il Mezzogiorno, tradizionalmente più giovane, si trasformerà nell’area più anziana del Paese. L’indice strutturale di dipendenza demografica (IDS) e l’indice strutturale di dipendenza economica (IDSO) evidenziano come, nel 2022, il Centro-Nord abbia un valore dell’IDS più elevato, ma la situazione si capovolgerà nel 2080, sfavorendo le regioni meridionali.
Per invertire la tendenza al calo delle nascite e ricomporre gli squilibri demografici, è essenziale implementare politiche attive di conciliazione tra tempi di vita e lavoro e rafforzare i servizi di welfare. Una politica migratoria inclusiva, sia dal punto di vista sociale che lavorativo, è altrettanto cruciale per affrontare le sfide demografiche e garantire un futuro sostenibile per tutte le regioni italiane.
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