Suicidio assistito, 42 giorni per decidere: le regole in Emilia-Romagna
- 13/02/2024
- Popolazione
Tempi e procedure certe per il suicidio assistito in Emilia-Romagna. La regione ha infatti approvato una delibera e le linee di indirizzo per regolamentare l’accesso al suicidio assistito, la pratica con cui, in presenza di determinate condizioni, il paziente si autosomministra il farmaco letale.
L’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana che adotta strumenti per poter ricorrere alla morte assistita. In precedenza, lo aveva già fatto la Puglia ma la regione guidata da Bonaccini è la prima a stabilire dei tempi certi entro cui si dovranno valutare le richieste dei pazienti.
42 giorni: questo è il lasso di tempo che potrà intercorrere tra la chiara e spontanea dichiarazione di voler ricorrere al suicidio assistito e l’esecuzione dello stesso. Anche la regione Veneto è andata vicina ad approvare dei tempi certi per la definizione del suicidio assistito, ma il provvedimento proposto dall’Associazione Luca Coscioni non è passato per un solo voto.
La stessa organizzazione a luglio 2023 ha depositato le 7mila firme necessarie per la proposta di legge regionale popolare in Emilia. L’intenzione del governatore Bonaccini, però, è proprio quella di evitare un “Veneto bis”. La procedura obbliga la Regione a discutere il tema, passati sei mesi dalla chiusura della raccolta firme. Bonaccini ha anticipato il voto d’aula con una delibera di giunta regionale con cui, in pratica, ha portato nel mondo dei provvedimenti normativi quanto previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019, nota come Cappato/Antoniani.
Cosa prevede la sentenza 242/2019
In quella occasione, scaturita dal caso di Dj Fabo, la Consulta stabilì la non punibilità di chi aiuta una persona a suicidarsi, purché la persona che chiede di poter porre fine alla sua vita:
– sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come la ventilazione meccanica o la nutrizione artificiale;
– sia affetta da una patologia irreversibile, che non lascia alcuna speranza di guarigione o di miglioramento;
– soffra in modo intollerabile, sia fisicamente che psicologicamente, a causa della sua malattia;
– abbia espresso il suo proposito di suicidio in modo autonomo e liberamente formatosi, dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie sulle sue condizioni di salute, sulle cure palliative disponibili e sulle modalità del suicidio assistito;
– sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, senza subire pressioni o influenze da parte di altri.
Anche la persone che assiste il suicidio deve rispettare delle condizioni. Si tratta di una sentenza spartiacque nell’ordinamento italiano, perché va a colmare un vuoto normativo che ha portato diverse persone malate irreversibilmente a scegliere di morire in Svizzera. Sulle nostre pagine abbiamo realizzato un articolo come funziona il suicidio assistito in Italia.
Cosa prevede la delibera dell’Emilia-Romagna sul suicidio assistito
La delibera della regione Emilia-Romagna ha delineato un iter chiaro, che segue questi passaggi:
- la richiesta va inviata dal cittadino che desidera ricorrere al suicidio assistito alla Direzione sanitaria dell’Ausl, che la passa alla Commissione di valutazione di Area Vasta, che effettua una prima visita al paziente;
- nei successivi 20 giorni questa deve produrre una relazione che invierà al Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica;
- entro 7 giorni dalla ricezione, il Corec esprime un parere (non vincolante), mentre la Commissione di valutazione di Area Vasta stila la relazione conclusiva;
- Entro ulteriori 7 giorni, se la Commissione dà il via libera, si avvia la procedura.
Sul provvedimento l’ipotesi Tar
Il provvedimento adottato dall’Emilia-Romagna è una delibera regionale, e non una legge, e come tale presenta dei limiti. Le delibere regionali, infatti, possono essere modificate o ritirate al primo cambio di giunta senza dover passare per una discussione in consiglio regionale.
D’altra parte, scegliendo di approvare una delibera, il governatore Bonaccini ha trovato un modo per regolamentare il suicidio assistito by-passando il consiglio regionale, che verosimilmente avrebbe avviato una discussione molto divisiva anche all’interno del partito di Bonaccini, il Partito Democratico.
Una scelta che non è andata giù a tutti i protagonisti della politica locale.
La consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini ha accusato Bonaccini di “eludere il voto” e, secondo alcune indiscrezioni, i partiti d’opposizione starebbero preparando un ricorso al Tar, il Tribunale amministrativo regionale. I contrari, però, non sono solo a destra. Anche Giuseppe Paruolo, consigliere Pd, dichiara di essere contrario al suicidio assistito e vuole che sia lo Stato, non le regioni, a legiferare sul tema: “Io continuo a pensare che dovrebbe essere il Parlamento a legiferare, senza abbandonare il campo alle sentenze, alle interpretazioni e lasciare che ogni Regione proceda in modo diverso” dice.
Posizione, quest’ultima, che in parte è condivisa dallo stesso Bonaccini: “Noi ci auguriamo che ci sia una legge nazionale, altrimenti saremo di fronte a qualcosa di clamoroso se ogni regione dovesse muoversi a seconda della propria volontà o non volontà. Io credo che l’appello più grande vada fatto al Parlamento”. Il governatore, però, ha spiegato l’intenzione di procedere in autonomia: “Il nostro obiettivo – spiega – è quello di applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Non vogliamo vedere ciò che si è visto in altre Regioni, dove cittadini in condizione di grande sofferenza inseguono le istituzioni o si rivolgono a un tribunale per avere una risposta”.
Il ruolo delle cure palliative
Nelle more di un’attesa che spesso diventa straziante, un ruolo cruciale è ricoperto dalle cure palliative. Rientrano in questa definizione tutti gli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare e finalizzati alla cura attiva dei pazienti.
Molti contrari all’introduzione di una legge sul suicidio assistito e sull’eutanasia, ritengono che bisognerebbe piuttosto incentivare queste cure per far calare le sofferenze e le richieste di fine-vita.
In tal senso, uno studio pubblicato su ‘Population and Development Review’ dà importanti risposte: “Dove vengono messe in atto le cure palliative, il ricorso al suicidio assistito o all’eutanasia cala drasticamente”, spiega all’Adnkronos Salute Gianpiero Dalla Zuanna, professore di Demografia dell’università di Padova e coautore dello studio insieme con Asher Colombo, sociologo dell’università di Bologna.
Se si toglie il dolore – spiega ancora Dalla Zuanna – la richiesta (di eutanasia o di suicidio assistito, ndr.) si riduce di 10 volte. La popolazione non è tanto favorevole all’eutanasia per esercitare un diritto, quanto piuttosto per porre fine a delle sofferenze. Ed è così in tutto il mondo occidentale”, chiosa il professore.
Intanto, a pochi giorni di distanza dall’eutanasia di coppia dell’ex premier olandese Van Agt e della moglie Eugenie, l’Emilia-Romagna potrebbe diventare la prima regione a stabilire tempi certi per il suicidio assistito dopo il tentativo veneto. Con la questione politica e, forse, di diritto sullo sfondo della delibera approvata dalla Regione, il condizionale è d’obbligo.
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