Denatalità, Di Francisca: “Dare più sostegno a chi vuole fare figli, ma non c’entra solo la politica”
- 07/03/2024
- Popolazione
La crisi demografica non molla l’Italia e rende sempre più incerti gli scenari sociali ed economici. Nonostante i diversi interventi della politica per sostenere la natalità, il tasso di fecondità nel Belpaese continua ad attestarsi sull’1,2 figli per donna in età fertile, ben lontano dal tasso di sostituzione (2,1 figli per donna).
Della crisi demografica abbiamo parlato con la campionessa azzurra di scherma Elisa Di Francisca, da sempre molto attenta al tema e attiva nel contrasto alla violenza di genere.
Pensi che la disparità uomo-donna abbia un peso rilevante sulla denatalità?
“Assolutamente sì. Abbiamo fatto tanta strada, raggiunto obiettivi importanti, ma c’è ancora tantissimo da fare”. Non da sole, però, ma insieme agli uomini: “Spesso anche queste battaglie diventano causa di contrasto, mentre io sono sicura che donne e uomini possano lottare insieme per migliorare questa situazione, senza il bisogno di far prevalere nessuno. Ognuno ha i suoi ruoli, ognuno ha i suoi talenti, ognuno ha il suo carattere e la propria personalità. E, insieme, si possono raggiungere risultati importanti”.
Le parole della campionessa azzurra, due volte oro a Londra 2012, fanno tornare alla memoria esempi di papà che chiedono un congedo parentale più lungo per prendersi cura della famiglia, anche nel tentativo di riequilibrare la distribuzione delle mansioni.
Come vi dividete i compiti in casa?
“Parlo da madre e da moglie: tutto si fa in due. In due abbiamo i figli, in due abbiamo la casa, in due abbiamo i doveri, quindi, si collabora in tutto e per tutto”, dichiara Di Francisca consapevole che fuori non è sempre così: “Purtroppo sempre più donne rinunciano a cariche importanti, o al proprio lavoro o al proprio benessere. Magari scelgono di non andare in palestra perché non possono togliere tempo alla famiglia e questo non va bene”.
Per la campionessa, se si vuole ridurre significativamente il gender gap non bisogna lavorare solo sulle mamme: “È fondamentale prevedere più misure di welfare pubblico e aziendale anche a sostegno dei papà. Solo così si potranno ridistribuire le mansioni domestiche e di cura della famiglia”.
Di fronte a questa disparità è comprensibile la voglia di fare meno figli o di non farne affatto?
“È comprensibile ed è normale. Servirebbe più sostegno per aiutare le donne a intraprendere e continuare qualsiasi carriera. Purtroppo, c’è tanto da lavorare in questo senso.
Spesso le donne rimandano la scelta di fare digli per non perdere il lavoro o lo slancio professionale. Molte riescono a rallentare tardi, ad un’età in cui non riescono più avere figli”.
Credi che la denatalità sia più un problema economico o culturale?
“Entrambi, anche se dal mio punto di vista non sempre si affronta bene il problema culturale. Negli ultimi anni c’è stato sicuramente un cambiamento dei valori nella società, ma non si deve lavorare solo su questo. Il vero cambiamento deve avvenire dentro di noi. Parlo un po’ da asceta, ma per me non c’è altra strada: ciascuno di noi deve riuscire a fermarsi, a guardarsi dentro e a chiedersi: ‘Quali sono le mie priorità nella vita?’.
È un lavoro lungo, difficile, faticoso, ma ne vale la pena. C’è chi sta bene da solo, chi con un partner, chi con figli, chi senza. L’importante è essere consapevoli della direzione che si sta dando alla propria vita”.
Come è stato conciliare la carriera con il ruolo di madre?
“Quando è nato Ettore, il nostro primo figlio, mi sono chiesta ‘E ora che faccio? Ricomincio a gareggiare? Non ricomincio? E se ricomincio, mi porto Ettore in giro per il mondo?” Tutte domande che, ognuno nel suo campo, qualsiasi madre si è posta. Per le risposte, non c’è alcun manuale: “L’unica soluzione è buttarsi e vivere queste esperienze. Ovviamente devi coinvolgere anche altre persone che ti devono aiutare. Io ho avuto la fortuna di avere vicino mio marito, ma anche la Federazione, il Coni: una situazione che mi ha fatto sentire più tranquilla nell’avere figli. Senza il loro aiuto, ci sarebbe stato un grosso problema”.
Un’ammissione che fa pensare a tutti quei giovani messi in difficoltà dall’assenza di un sostegno familiare vicino e dalla crisi degli asili nido in Italia, sempre troppo pochi e troppo costosi nel Belpaese.
Che responsabilità ha la politica?
“Tutti possiamo fare di più, non solo la politica. Bisognerebbe pensare di più a sé stessi e agli altri. Nonostante le apparenze, in realtà non siamo così diversi, vogliamo tutti più o meno le stesse cose: stare bene di salute e poter vivere una vita serena. Se ci soffermiamo su questo, capiamo quanto sia importante collaborare per andare, tutti insieme, nella direzione giusta.
Quale strada seguire per incentivare la natalità in Italia?
“Ci sono stati tanti interventi, ma spero che si vada maggiormente incontro a chi vuole avere figli”. Elisa Di Francisca sottolinea anche il ruolo del welfare aziendale per rilanciare la natalità: “Quando dico che ognuno deve pensare a sé stesso e all’altro penso anche alle aziende. Un esempio su tutti è la possibilità di portare il proprio figlio sul luogo di lavoro e avere una nursery dove poter allattare in tranquillità. Anche le piccole attenzioni possono fare la differenza. Se ognuno pensasse a cosa può fare per la collettività, vedremmo già ora dei risultati concreti”, dice la campionessa che aggiunge: “Non dimentichiamoci dei papà. È fondamentale intervenire di welfare pubblico e privato per le mamme, ma so
Sulla vicenda della schermitrice uzbeka che ha denunciato lo stupro da parte di 3 colleghi italiani
Fuori dal tema della natalità, abbiamo chiesto alla campionessa azzurra cosa ne pensasse della vicenda della 17enne schermitrice uzbeka che ha scosso il suo mondo, quello della scherma:
“Non c’è niente da fare, di notizie del genere se ne sentono in continuazione e purtroppo la crisi dei nostri tempi ha colpito anche la scherma, che finora si era difesa bene: cose del genere non erano mai successe nel nostro ambiente.
In tutti gli anni della mia carriera – ricorda Di Francisca – non si sono mai verificate queste situazioni durante le gare, negli allenamenti né durante i momenti di svago. Erano solo momenti di condivisione di gioie e di dolori. Aver appreso questa notizia sinceramente mi rattrista tantissimo da atleta, da donna e da mamma.
Di Francisca, poi, sottolinea il coraggio della giovane schermista, che non va dato per scontato: “Sono vicina alla ragazza e al coraggio che ha avuto nel denunciare questa violenza”. Una scelta non facile, soprattutto quando si è così giovani perché “nel momento in cui tu ne parli, nel momento in cui denunci, lo rivivi”.
Pensi che questa paura blocchi spesso le donne nel denunciare?
“Sicuramente la paura di rivivere quegli attimi incide in molti casi. Non si è sempre pronti per raccontare e rivivere certi traumi. A volte c’è bisogno di tempo per superare il trauma e trovare il coraggio di parlarne”.
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