Decreto Carceri, via libera alla reclusione per le donne incinte
- 08/08/2024
- Popolazione
Ieri, 7 agosto, la Camera ha approvato il decreto Carceri con 153 voti favorevoli, 89 contrari e un astenuto. Non sono mancate le polemiche sulle madri detenute in carcere e più in generale su questo provvedimento molto delicato (non a caso il governo ha posto la questione fiducia).
Tanti i punti di tensione sul decreto Carceri, due su tutti: proprio quando l’Aula sta per votare, filtra la notizia di un incontro in corso tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni per affrontare il tema del sovraffollamento, tra i più delicati in materia carceraria. Le opposizioni chiedono che venga rispettato il ruolo del Parlamento, il guardasigilli replica che “l’incontro ha avuto come oggetto una programmazione futura che ovviamente non intende in alcun modo interferire né sovrapporsi con i lavori in corso presso il Parlamento sovrano”. Poi annuncia che chiederà un incontro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’emergenza delle carceri sovraffollate.
L’altro punto riguarda le donne madri detenute. Il dibattito in Aula su questo tema lascia perplessi e disorientati.
Donne madri detenute e decreto Carceri
La questione viene innescata dall’ordine del giorno che vuole evitare che i figli piccoli vivano in carcere con le loro madri. Il governo dà parere favorevole, ma quando la deputata leghista Simonetta Matone prova a fare lo stesso, Marco Lacarra, primo firmatario dell’odg, rifiuta: “In commissione, sulla stessa proposta, si è più volte espressa in modo contrario”, dice il deputato Pd.
Restiamo su un tema analogo, quello delle donne incinte che commettono reati. Nel decreto Carceri, la Lega ha inserito l’emendamento per rendere facoltativo il rinvio della pena per detenute incinte o con figli sotto l’anno di età. In base alle regole attuali una donna in queste condizioni non può essere incarcerata se non per gravi delitti e/o qualora costituisca una minaccia persistente per la società.
L’Aula è fortemente divisa e riflette le spaccature della società su questi fenomeni in bilico tra sicurezza pubblica e diritti personali. Debora Serracchiani (Pd) attacca la maggioranza: “Quando porterete in Parlamento le leggi razziali?”.
Secca la replica di Matone: “La Lega non ha mai voluto mandare i bambini in carcere ma proteggere le donne dei campi nomadi sfinite dalle gravidanze”, dice la deputata prima di rivolgersi direttamente alle opposizioni: “E voi ci siete mai stati nei campi Rom? O magari lo avete fatto” entrandoci “con il tacco dodici…”.
La discussione diventa infuocata e l’ordine del giorno diventa cenere: il governo ritira il parere favorevole alla proposta di Lacarra che parla di “ritorsione”.
Madri in carcere, cosa dice la legge
Nell’ordinamento penitenziario italiano, i riferimenti alla condizione delle donne detenute sono piuttosto limitati. La legge si limita a prevedere che le donne siano separate dagli uomini e cita le donne in relazione alla necessità di assicurare ispezioni e traduzioni con personale dello stesso sesso, nonché per la loro condizione di madri, presenti o future.
Per quanto riguarda la generalità delle donne, nel 2008, l’amministrazione penitenziaria italiana ha proposto un regolamento ministeriale per le sezioni e gli istituti femminili, riconoscendo la necessità di una regolamentazione ad hoc che tenga conto delle peculiarità di genere nell’esecuzione della pena. Tuttavia, il regolamento non ha introdotto significative novità, lasciando una quasi totale equiparazione tra uomini e donne nella vita carceraria.
A differenza dell’ordinamento italiano, le Regole Penitenziarie Europee dedicano maggiore attenzione alla condizione delle donne detenute, considerando non solo i loro bisogni fisici, ma anche quelli professionali, sociali e psicologici. Inoltre, prevedono che debba esserci personale penitenziario formato e specializzato a lavorare con le donne.
Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, al 31 dicembre 2023 le donne detenute in Italia erano 2.477, pari al 4,4% della popolazione carceraria totale. Secondo un rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, ad aprile 2024, tra ICAM e sezioni nido di carceri ordinarie, 19 donne erano in carcere con i loro 22 bambini. Erano 20 con 20 bambini al 31 dicembre 2023, quando le detenute incinte erano 12.
Strutture per le madri detenute
Attualmente, la legge italiana prevede due tipologie di strutture per le madri detenute:
- Case famiglia protette: affidate ai servizi sociali e agli enti locali, al momento l’amministrazione penitenziaria ha stipulato due convenzioni relative all’attivazione di case famiglia, una a Roma e l’altra a Milano, per una capacità ricettiva totale di 6 adulti e 8 minori;
- Istituti a Custodia Attenuata per Madri (ICAM): sono carceri senza sbarre, armi o uniformi, nei quali i figli delle detenute possono rimanere fino ai sei anni, non più i tre previsti dalla precedente normativa. Il primo ICAM era stato costruito in via sperimentale a Milano nel 2014.
Queste strutture rappresentano un passo avanti nella tutela dei diritti delle donne madri detenute e dei loro figli. Un passo avanti che, però, resta monco a causa della limitata disponibilità e capacità ricettiva di queste strutture.
Il caso della borseggiatrice incinta
Il caso della ‘borseggiatrice sempre incinta’ arrestata dopo tanti tentativi finiti male ha (ri)acceso i riflettori sulla questione. Ieri, 7 agosto, Ana Zahirovic, 31enne bosniaca madre di dieci figli, è stata arrestata dai carabinieri della stazione di Tor de’Cenci, a Roma. I militari hanno accompagnata la scippatrice seriale nel carcere di Rebibbia dove potrebbe iniziare a scontare la sua lunga pena di 30 anni di reclusione, sempre rimandata a causa delle sue gravidanze strumentali. Il condizionale resta d’obbligo perché l’ultima figlia è nata solo tre mesi fa.
Tra Roma e Milano, Ana Zahirovic ha accumulato 148 reati tra furti e scippi in vent’anni, ma ora la sua ‘carriera’ potrebbe essere finita.
A inizio luglio, il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Salvini aveva annunciato con entusiasmo la misura per le borseggiatrici incinte: “Via libera in commissione alla Camera: le donne incinte o con figli minori di un anno che si macchiano di reati che lo prevedono andranno in carcere. Una misura voluta dalla Lega contro quelle vigliacche borseggiatrici e ladre che, sfruttando lo stato di gravidanza, agiscono impunite e derubano cittadini, lavoratori e turisti, spesso cercando di colpire i più fragili e anziani. Basta”, aveva sentenziato.
Carcere per donne incinte o con neonati, le reazioni
Alle parole del ministro Salvini aveva replicato Michela Di Biase, capogruppo Pd nella commissione bicamerale Infanzia: “Quando mandi in carcere un bambino chi è il vero vigliacco? Io ho un’idea chiara. Il problema, ministro Salvini, è che andranno in carcere anche i bambini. Ora io ho un’idea piuttosto chiara di chi sia il vigliacco e di chi continua ad incitare odio senza mai assumersi una responsabilità”.
Sulla stessa linea Mara Carfagna, Azione: “Stupisce che un governo che esalta la maternità e il garantismo promuova una norma che consentirà alla magistratura di tenere in carcere donne incinte, anche al nono mese, o madri di figli con meno di un anno di età. Il tutto sfidando il rischio che queste donne partoriscano dietro le sbarre e che ai loro bambini venga negata l’immediata assistenza neonatale. I bambini in ogni caso non hanno colpe”.
Intanto, il decreto Carceri dà il via libera al carcere per le donne incinte, trasformando l’obbligo di differire l’esecuzione della pena in caso di donne incinte o con neonati in una facoltà del giudice.
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