Dareste uno schiaffo a vostro figlio? L’educazione dei bambini ai giorni nostri
- 10/05/2024
- Popolazione
Dareste uno schiaffo a vostro figlio? La domanda sembra banale e la risposta scontata, in un’epoca che è passata dalle ‘cinghiate’ educative al ‘genitore amico’, figure che comunque, per motivi diversi, hanno creato più di un problema ai bambini. Sicuramente negli ultimi decenni il rapporto genitori-figli è molto cambiato, così come il concetto di abuso sui minori, tanto che dal 1979 in poi molti Paesi hanno vietato le pene corporali in ambito domestico. Sembrerebbe dunque che schiaffi e cucchiai di legno siano ormai mal viste e disprezzate, almeno a livello sociale se non anche legale.
Eppure, la risposta alla nostra domanda non è così scontata, come dimostra un sondaggio on line del The Mirror che, sebbene privo di valore statistico, racconta comunque qualcosa del sentire comune. E quello che racconta è che, nel momento in cui scriviamo, alla domanda ‘Siete d’accordo che le punizioni corporali dovrebbero essere vietate per legge?’ il 72% ha risposto un sonoro ‘No’. Il sì viene dal 25% dei rispondenti (tra cui chi scrive), un 3% non si è espresso.
Per una schiacciante maggioranza dunque alzare le mani sui propri figli è legittimo. Forse perché molti li ritengono una sorta di proprietà personale (chi in un momento di ira non ha detto ‘io ti ho creato io ti distruggo’, anche se poi non è seguita una ciabattata?) e soprattutto perché si pensa che uno schiaffo, una sculacciata o affini aiutino a sottolineare e rinforzare l’autorità e la disciplina.
Un pensiero che potremmo definire globale e certamente non confinato al Regno Unito.
La violenza fisica sui bambini porta altra violenza e disagio
Invece moltissimi studi hanno dimostrato e dimostrano che con la violenza il bambino impara solo la paura, l’aggressività e l’umiliazione. Oltre a determinare un insieme di altre conseguenze: peggiora il rischio di problemi mentali, di andare male e scuola e di lasciarla precocemente, ma anche espone a maggiore probabilità di essere aggrediti fisicamente o abusati, e, non da ultimo, di sviluppare aggressività e comportamenti antisociali.
Lo ha confermato in questi giorni anche il Royal College of Paediatrics and Child Health, l’organismo professionale dei pediatri nel Regno Unito, che ha definito le punizioni corporali “una completa violazione dei diritti dei bambini”, che nella loro posizione di vulnerabilità e subordinazione non possono difendere i propri diritti.
L’intervento del College si inserisce in un contesto come quello del Regno Unito che vede Scozia e Galles aver vietato per legge gli schiaffi, e Inghilterra e Irlanda del Nord no. Il Children Act del 2004 infatti prevede che sia illegale per un genitore o un tutore schiaffeggiare il proprio figlio, tranne quando è considerata una “punizione ragionevole”.
Ed è proprio sul concetto di ‘ragionevole’ che si gioca la partita. Perché è interpretabile e sufficientemente vago da lasciare una certa libertà d’azione, in questo caso di alzare le mani, sul proprio bambino. Ovviamente per chi ritiene che questo sia ‘ragionevole’ ed educativo e che non ci sia un altro modo di spiegare le cose.
Cosa sono le punizioni corporali
Per il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia le punizioni corporali si verificano quando un genitore o un tutore al bambino/ragazzo nell’ambito domestico usa la forza fisica “allo scopo di infliggere un certo livello di dolore o di afflizione, non importa quanto lieve”. Nella casistica rientrano ad esempio sculacciate, scappellotti, schiaffi, calci, spintoni, pizzichi, così come l’utilizzo di oggetti quali cinture, ciabatte, bastoni, cucchiai di legno ecc. Ma rientrano anche pratiche come tirare i capelli o le orecchie, obbligare il bambino a restare in posizioni scomode, procurargli bruciature, sciacquargli la bocca col sapone, costringerlo ad ingerire qualcosa (ad esempio, spezie piccanti).
Per l’Onu si tratta di pratiche degradanti alle quali si aggiungono quelle che, sebbene non fisiche, sono comunque crudeli, come le punizioni umilianti, sminuenti, derisorie o minacciose. Il Comitato raccomanda perciò di eliminarle entrambe, fisiche e psicologiche, non solo per proteggere i diritti dei più piccoli, ma anche nell’ottica di prevenire ogni forma di violenza nella società.
Stessa richiesta viene dall’Unesco, per il quale le punizioni corporali sono una violazione dei diritti umani e dunque devono essere vietate a scuola, a casa e nelle istituzioni come forma di disciplina. Per quanto riguarda l’Oms, infine, alzare le mani sui bambini è una forma di abuso fisico.
Un problema vasto: situazione attuale e prospettive
Non è un problema limitato a pochi casi di disagio: nel mondo, rende noto Save the Children, “ogni anno circa 4 minori su 5 di età compresa tra i 2 e i 14 anni subiscono punizioni corporali nel contesto domestico”. Si parla di milioni di bambini. La peculiarità del fenomeno è che, come sottolineato anche dall’Onu, riguarda qualsiasi classe sociale e prescinde dal reddito, dall’istruzione e dall’etnia.
La cultura e la religione possono avere un ruolo nel far ritenere le punizioni corporali normali, anche dai bambini stessi, e questo si riflette sulla presenza o la mancanza di una legislazione che le vieti espressamente. Soprattutto perché molto spesso sono comminate nell’ambito di un processo educativo e quindi passano come legittime, elemento questo che accomuna Paesi occidentali e Paesi in via di sviluppo.
Il divieto globale di punizioni corporali è uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile decisi nel 2015 con scadenza 2030. Ma i progressi, ha sottolineato Save the Children in occasione della Giornata internazionale dell’educazione non violenta del 30 aprile, “sono stati lenti”: solo due Paesi ogni anno hanno vietato tali pratiche. Attualmente, solo 66 Stati su 193 hanno introdotto il divieto in tutti i contesti. Circa la metà dei Paesi più ricchi non ha una proibizione legale completa, a fronte di circa il 70% dei Paesi a medio reddito e del 90% dei Paesi a basso reddito che ne dispongono. Come risultato, “solo il 15% dei minori circa 320 milioni di bambini è pienamente protetto dalla legge”.
In sintesi, denuncia Save the Children, al ritmo attuale serviranno 60 anni per raggiungere il divieto globale di punizioni corporali entro il 2030.
Per mappare i progressi, Save the Children Sweden (la Svezia tra l’altro è stato il primo Paese a vietare le punizioni corporali in ogni contesto) ha realizzato una mappa che mostra i Paesi che garantiscono per legge una punizione completa in questo senso.
I Paesi non presenti nella mappa non hanno ancora previsto questo tipo di divieto. Spicca l’assenza dell’Italia.
In Italia
Da noi infatti le punizioni corporali sono vietate a scuola e dall’ordinamento penitenziario, ma non lo sono in ambito domestico. Ci si sta arrivando per via giudiziaria, attraverso sentenze, la prima delle quali è stata emessa dalla Corte di Cassazione nel 1996. Le pronunce hanno man mano stabilito che il concetto di abuso sui minori è molto cambiato nei decenni, così come quelli di maltrattamento e di abuso dei mezzi di correzione. Tra questi ultimi ad esempio, sempre la Corte di Cassazione nel 2017 ci ha fatto rientrare l’uso del battipanni o del mattarello, tradizionalmente usati sui bambini dai genitori per rinforzare la propria autorità.
La giurisprudenza perciò sta via via affermando che non è più considerabile lecito “l’uso della violenza fisica o psichica, sia pure distortamente finalizzato a scopi ritenuti educativi”, anche perché non porta al risultato che si dice di voler ottenere, ovvero l’educazione.
E anche perché il minore ormai è visto e da vedere come un soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione o di disposizione da parte degli adulti.
- Europa Giovane6
- Famiglia221
- Fertilità154
- Giovani247
- Mondo201
- Podcast5
- Popolazione480
- Talk | 13 dicembre 20239
- Talk | La 'cura' delle persone5
- Trend96
- Video27
- Welfare234