Come si calcola la povertà in Italia? Il punto dopo l’aggiornamento Istat
- 30/01/2024
- Popolazione
I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, ma come si misura la povertà in Italia?
Una domanda che ha una risposta nuova da ottobre 2023, quando l’Istat ha revisionato la metodologia di calcolo della povertà assoluta, per descrivere più precisamente la situazione economica degli italiani.
In Italia abbiamo tre modelli di calcolo: povertà assoluta, povertà relativa e rischio di esclusione sociale. Uno scenario utile per rispecchiare in maniera fedele le varie sfaccettature della povertà: “In una società così complessa avere più dati a disposizione che siano differenti, ma coerenti tra loro, è una ricchezza”, spiega a L’Avvenire il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Francesco Maria Chelli.
Povertà in aumento
Prima di capire le differenze tra i vari modelli, una premessa obbligatoria: nel 2022 la povertà assoluta è aumentata in Italia, a causa di un’inflazione che ha colpito soprattutto i beni energetici e alimentari. Proprio la natura di quest’aumento ha allargato la forbice sociale: i beni inflazionati sono quelli irrinunciabili, che rappresentano la quasi totalità delle spese per i più poveri, a differenza dei ricchi.
Le conseguenze sono state più pesanti sulle famiglie meno abbienti.
L’allargamento della forbice sociale ha contribuito a rendere necessario l’aggiornamento metodologico adottato dall’Istat pochi mesi fa.
Quali sono le differenze tra le diverse soglie di povertà assolute
Il primo step consiste nel capire quali sono i 3 modelli con cui si misura la povertà:
- Povertà assoluta: si tratta di una stima Istat che tiene conto della mera situazione economica, senza considerare la grandezza del nucleo familiare o il contesto geografico;
- povertà relativa: l’Istituto nazionale di statistica valuta la situazione economica, non solo prendendo il semplice dato numerico, ma anche considerando il contesto familiare e geografico;
- rischio di esclusione sociale: sulla base dei dati nazionali, Eurostat offre statistiche comparabili con gli altri paesi Ue sul rischio di povertà ed esclusione sociale.
Povertà assoluta
Le stime della povertà assoluta vengono fatte dall’Istat a partire dal 2009 (per l’anno 2005). L’Istituto nazionale di Statistica fa le sue analisi sulla base di una metodologia definita da una Commissione di studio istituita nel 2004. “Metodologia che – precisa Chelli – ha poi ricevuto un ulteriore aggiornamento con l’istituzione di una seconda Commissione scientifica interistituzionale con la Banca d’Italia, il mondo universitario e altri enti autorevoli”.
Si tratta di un unicum: nessun altro Istituto nazionale di statistica compie quest’analisi.
Il modello di povertà assoluta determina i livelli minimi di fabbisogno per il cibo, la casa o le spese per l’affitto, ma anche le spese per il riscaldamento e l’elettricità, le rette e le spese per i libri di scuola media e superiore dei figli. Voci analoghe alle spese obbligate, che nel 2023 hanno fagocitato i consumi degli italiani rappresentando il 41,5% dei consumi totali.
Le diverse soglie di povertà assoluta
La soglia di povertà assoluta non è unica, ma ce ne sono tante perché il valore varia in base alle dimensioni (numero) e alla composizione (per classe di età) della famiglia, e in base al territorio. Proprio su quest’ultimo punto è intervenuto l’Istat a ottobre 2023, sostituendo il criterio dell’area geografica, con quello, più preciso, della regione di residenza. L’Istituto ha inoltre distinto il tipo di comune di residenza tra:
- comuni centro dell’area metropolitana;
- periferia dell’area metropolitana e
- comuni fino a 50mila abitanti diversi dai comuni periferia dell’area metropolitana.
“Nel Sud e nelle isole risiede solo un terzo della popolazione, ma si contano oltre 2 milioni 500mila poveri assoluti a fronte di circa 2 milioni 298mila del Nord, dove risiede circa il 46% della popolazione”, ha spiegato il presidente Inps.
Anche il numero di figli, la cittadinanza e il titolo di studio conseguito dalla persona di riferimento della famiglia rappresentano delle discriminanti sull’incidenza della povertà assoluta: se il o la capofamiglia ha al massimo la licenza di scuola media l’incidenza di povertà assoluta sale al 12,5%, contro il 4% nei casi in cui abbia un diploma. In questo senso “la formazione è certamente un mezzo potente di contrasto al rischio di povertà assoluta” ha detto Chelli.
Va però evidenziato che in Italia l’ascensore sociale dell’istruzione è rotto, e l’uguaglianza sostanziale perseguita dall’articolo 3, comma 2 della nostra Costituzione incontra ancora molti ostacoli.
Povertà relativa
C’è poi il modello della povertà relativa, utile per analizzare sotto un’angolazione diversa il fenomeno della povertà. Questo sistema di misurazione considera lo standard di vita dell’intera popolazione italiana e definisce povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite che è stata stabilita a 1.150 euro nel 2022, come soglia unica nazionale.
Al 2022 vivono in povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente), mentre sono più di 2,86 milioni le famiglie in povertà relativa, per un totale di oltre 8,6 milioni di individui.
L’Eurostat e il rischio di esclusione sociale
Il terzo e ultimo sistema di misurazione è offerto dal database comune di Eurostat, che comunque si basa sui dati grezzi forniti dai vari istituti nazionali, offrendo statistiche comparabili sul rischio di povertà ed esclusione sociale tra i vari Paesi Ue.
Il rischio di povertà ed esclusione sociale tiene conto di chi si trova in almeno una di queste tre condizioni:
- vive in famiglie a rischio di povertà o il reddito della famiglia è inferiore al 60% del reddito familiare mediano nazionale;
- vive in famiglie che si trovano in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale (indicatore Europa 2030);
- vive in famiglie a bassa intensità di lavoro.
Rientrano nel calcolo della deprivazione non solo le spese per la casa, il cibo, l’energia e l’istruzione ma anche l’impossibilità di acquistare un’auto o di fare una vacanza lontano da casa almeno una volta l’anno.
Secondo i dati dell’indagine Eu-Silc (Eu Statistics on Income and Living Conditions), in Europa le persone a rischio esclusione sono circa il 21,6%. “In Italia nel 2022, il rischio di esclusione sociale è pari al 24,2% (circa 14 milioni 304mila persone), pressoché stabile rispetto al 2021”, ha concluso a L’Avvenire il presidente Inps.
Analizzando i dati Istat, l’Osservatorio povertà educativa #conibambini ha evidenziato un chiaro legame tra il numero di figli e l’incidenza della povertà e una crescente difficoltà per le famiglie a far fronte alle spese quotidiane.
Insomma, anche se sono state introdotte diverse misure a sostegno dei redditi più bassi, l’inflazione ha peggiorato la situazione di milioni di italiani. Per il 2024, non resta che confidare nel rallentamento del caro-vita, senza abbandonare la via economica, l’unica in grado di dare nuove prospettive a chi vorrebbe, ma non può, avere figli.
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