Cambio vita e vado al Sud, ecco come: parla Alessandro Brunello
- 14/05/2024
- Popolazione
“Cambio vita, vado al Sud. Diventare terroni e vivere felici”, sceglie queste parole Alessandro Brunello, pioniere del crowdfunding in Italia, per raccontare la sua scelta, atipica nel contesto moderno. Il suo libro, edito da Salani editore e dal titolo emblematico, esce in edicola il 14 maggio 2024.
La teoria è semplice, l’impatto sconvolgente: la gente si sta stancando della vita frenetica, della produttività sopra ogni cosa, del lavoro straordinario che diventa ordinario. Quei ritmi che, usando le sue parole, “Ti portano a inquadrare tutto nella misura della persona singola, tanto da rendere persino le relazioni più difficili da gestire”.
Alessandro Brunello è convinto che la migrazione interna cambierà verso, anzi, sostiene che questo trend sia già iniziato, per ora sottotraccia. Lui, imprenditore digitale affermato che dal 2012 aiuta aziende, startup ed enti del terzo settore a finanziarsi, è un milanese doc che ha fatto la sua scelta di vita nel settembre 2022, trasferendosi dal tran tran meneghino a Taranto.
Che impatto può avere la vita frenetica sulle scelte dei giovani, da quelle più ordinarie alla scelta di diventare genitori?
“Prima di tutto la produttività a tutti i costi, la carriera, la necessità di sgomitare lascia meno spazio al resto della vita, a partire dagli affetti. – dice Alessandro all’Adnkronos – Poi c’è un discorso economico: acquistare o affittare una casa, nutrirsi, tutte quelle attività che sono della vita, al Sud Italia, in alcuni punti, costano quasi un terzo rispetto a Milano. Sicuramente in parte non si fanno figli per mancanza di volontà o per puro egoismo, ma la denatalità in Italia ha anche ragioni contingenti, economiche. Avere una certezza economica è difficile e quindi anche la progettualità delle cose più importanti della vita viene subordinata alla necessità di autoaffermarsi nel lavoro e di essere da soli e più agili”.
Una situazione che l’imprenditore, docente al Master universitario Economia e Management per l’Arte e la Cultura della 24Ore Business School, riassume in una metafora: “Se sei sempre in guerra, vai a cavallo in guerra ma non ti porti dietro tua moglie o tuo marito, tanto meno i tuoi figli”.
Viviamo in modo “disfunzionale”
Per chi lo conosceva da prima del libro “Cambio vita, vado al Sud. Diventare terroni e vivere felici”, era impensabile pensare ad Alessandro Brunello lontano da Milano. Ancor meno per andare in una città del Sud e non in un’altra capitale economica europea.
Cosa hai capito dopo tanti anni passati nel frullatore della produttività sfrenata?
“In una metropoli ipertecnologica che va sempre veloce, è molto più facile cadere nel tranello di fatto di non passare assolutamente del tempo con noi stessi, che è quello più importante per capire chi siamo, cosa vogliamo fare davvero della nostra vita e anche per capire gli altri. Forse se lo facessimo, capiremmo, come ho capito io dopo tati anni dedicati alla produttività, di essere disfunzionali rispetto all’immagine che abbiamo di noi stessi o a quella che di noi diamo agli altri di noi, ma anche rispetto alle cose che facciamo.
In un percorso fatto di innumerevoli click, qual è stato quello decisivo per cambiare vita?
“A un certo punto che mi sono accorto che stavo facendo tantissime cose, che stavo dicendo un sacco di ‘sì’ alle opportunità, un sacco di ‘sì’ al lavoro, un sacco di ‘sì’ anche agli altri. Tutti ‘sì’ all’esterno che diventavano un enorme no a me stesso, al mio tempo, alla mia libertà di impiegare il tempo in una maniera più umana e anche meno legata alla tecnologia, oltre che alla produttività”.
Non credi che per molti giovani, però, andare o restare al Sud sia difficile per mancanza di opportunità lavorative?
“Secondo me per un ragazzo l’idea di spostarsi dovrebbe essere basilare, a prescindere da dove sia nato, per un periodo della vita. L’avevano capito anche nel secolo scorso con il Grand Tour: chi poteva permetterselo, non andava a lavorare, e si faceva uno o due anni in giro per l’Europa a capire, a imparare, a scoprire. Poi quando tornava a casa aveva un vero tesoro non tra le mani, ma nella propria testa.
Questo manca al Mezzogiorno: la possibilità di tornare al Sud dopo due, tre anni in giro per l’Italia o per il mondo. In realtà un ragazzo o una ragazza meridionale sta fuori venti, trent’anni e diventa carburante umano per la metropoli iper tecnologica dove viene tritato e sfruttato. E poi non torna quasi nessuno”, come confermano i dati Istat sulla migrazione interna. Anzi, quando tornano ci restano male nel vedere una sciatteria che senza dubbio al Sud esiste”.
Allora perché dovrebbero tornare al Sud?
“Sicuramente se fossi nato, a diciotto, venti anni me ne sarei andato per studiare, per lavorare perché quando una persona vuole autoaffermarsi, al Sud sicuramente trova più difficoltà. Ci sono però altri aspetti da valutare.
Forse io sono un caso a parte – premette Alessandro Brunello – ma secondo me i bambini che vivono nei palazzi con un balcone rovinato, qualche mattonella rotta, in un contesto imperfetto ma reale siano più felici di quelli che crescono al Bosco Verticale.
Si dice che quando uno riesce a fare una cosa in Italia vuol dire che ci ha messo il triplo dell’energia, probabilmente al Sud serve il quintuplo dell’energia, delle capacità e della voglia e c’è il rischio di ossessionarsi e stressarsi molto. Sull’altro lato della medaglia, però, c’è il fatto che al Sud Italia hai più possibilità di vivere, di passare del tempo con gli altri e con te stesso, c’è più tempo per la vita vera. A una sola condizione: te ne devi rendere conto”.
Quindi la chiave per vivere meglio il proprio territorio è trasferirsi per un breve periodo di tempo, per poi tornare con una nuova consapevolezza?
“Ti rispondo con il viaggio dell’eroe di Christopher Vogler. L’eroe vive una tensione, vive un conflitto con lo status quo del posto dove vive. Allora cerca degli alleati, riceve una chiamata all’azione, c’è un evento, un’ingiustizia, qualcosa che lo spinge a muoversi. L’eroe e i suoi alleati partono, guidati da un mentore, fa un viaggio dove incontra gli antagonisti, dove incontra delle situazioni che lo stimolano a conoscersi e a conoscere il mondo. Momenti di tensione, di sfide, di cambiamento per conquistare l’Elisir. Da lì il percorso è in discesa, l’eroe torna in patria, ma con l’Elisir che gli fa vedere cose prima invisibili ai suoi occhi. Forse è un po’ questo che possiamo augurarci tutti”.
Quando hai trovato il tuo Elisir e perché a Taranto?
“Io l’Elisir l’ho trovato nella strada tra Taranto e Milano. L’ho trovato mentre in macchina attraversavo l’Italia e pensavo a chi sono, a chi sono le persone meravigliose con cui condivido questo giro di giostra e a quanto era bello poter mettere il muso della macchina a Sud verso il sole e andare a vivere in un altro modo.
La Puglia è il vero Sud, nel senso forte del termine, perché è la regione che più di tutte ha avuto le prime colonizzazioni della Grecia, la vera magna Grecia, nasce qui. È una terra che adesso stanno riscoprendo in tutto il mondo. Una terra con un fermento culturale incredibile e che – ci confessa – non mi immaginavo. C’è una saggezza che arriva da lontano, la saggezza della Grecia classica, che non a caso è la matrice di tutte le cose migliori che ancora adesso abbiamo culturalmente, e che forse è stato il modello di società che più di tutti ha ragionato sull’essere umano, cercando di capire quale sia la nostra essenza. L’umanesimo parte dal classicismo e la sua parte migliore è quella.
Io respiro questa aria qui. Mi sarebbe piaciuto farlo prima, ma magari non ero pronto o non ancora capito alcune cose”, spiega Alessandro Brunello facendo riecheggiare l’importanza di viaggiare per capire cose fuori e dentro di sé.
Ho scelto Taranto perché è una città fantastica, con il sole, il mare, i sorrisi, ma anche le sue profonde cicatrici, che derivano dalla storia. Preferisco vivere in posti come questi, a tratti difficili ma reali, dove tocchi con mano la vita vera. Lo stesso discorso del bambino che cresce tra queste strade e di quello che cresce al Bosco Verticale”.
Downshifting e tempo della vita
Le difficoltà, il dare per scontate le ricchezze che abbiamo, la partenza, il ritorno con l’Elisir.
Alessandro, cosa è cambiato da quando, nel 2022, ti sei trasferito a Taranto?
“A Milano se tu ti fermi un secondo, ti accorgi di essere un puntino in mezzo a una metropoli che va veloce. Diventa difficile dire ‘non faccio questa campagna di crowdfunding e vado a farmi un giro in bicicletta’. Negli ultimi anni a Milano, ogni tanto ci sono riuscito. Solo dopo ho realizzato che quando prendevo quelle decisioni ero in downshifting, già da un po’.
Eppure, – ci racconta – avevo la sensazione, quasi il senso di colpa, di non fare il tuo dovere o di non andare al ritmo che era il ritmo giusto. Poi invece capisci che il ritmo giusto, il ritmo vero, il ritmo umano è un altro. L’ho capito quel giorno in macchina, illuminato dal sole, a settembre 2022 mi sono trasferito a Taranto.
Ora ho capito che questo ritmo si può ancora diminuire, e che per essere felici c’è bisogno di molto meno, che quando vivi accanto alla natura puoi fare cose molto più semplici. Capisci che il sapore dell’acqua è ancora più buono. E anche quello del caffè! Perché il gusto che sentiamo non dipende solo da cosa proviamo, ma da come lo viviamo. A Milano un caffè sono 30 secondi, quindi ti vai a prendere il caffè, ci metti mezz’ora. Ogni cosa è più vissuta”.
Un tempo dilatato, dove la qualità diventa quantità. Certo, non numericamente (l’orologio è cinico), ma nelle nostre teste, che è poi ciò che conta veramente: “Già nei miei primi giorni a Taranto – racconta Alessandro – quando arrivava la sera, mi rendevo conto che una giornata mi sembrava lunga e densa come una settimana a Milano. La vita sono tutte quelle cose che ci capitano tra un appuntamento e l’altro. E qui è più bella, non c’è niente da fare”.
Per un Sud locomotiva d’Italia
Alessandro parla quasi con un tono profetico, di chi ha visto cose ancora ignote ai più. Con una forza che ti trasporta in un futuro diverso da quello attuale.
Dopo tutte queste riflessioni, secondo te il Sud può tornare davvero ad essere la locomotiva d’Italia?
“Dall’unità d’Italia, il Meridione è stato spogliato di tutte le sue ricchezze economiche, industriali, perché il Sud Italia doveva diventare un mercato per il Nord Italia, doveva diventare un mercato per l’Inghilterra, doveva diventare un mercato per gli Stati Centrali. Quando c’erano i Borbone, in realtà c’erano grandi industrie al Sud e le industrie del Nord ancora non esistevano, il Sud aveva una cantieristica navale incredibile. L’agricoltura era potente, le esportazioni andavano già quasi in tutto il mondo allora raggiungibile. Quindi di cosa stiamo parlando?”, si chiede Alessandro retoricamente.
“È una storia lunga ed è una grande ferita per il Mezzogiorno, perché le risorse che ci sono qui sarebbero una locomotiva per tutto il Paese. E se così fosse, il Sud sarebbe anche un traino per la demografia italiana”, sostiene convinto l’autore del libro disponibile dal 14 maggio.
Ci sono, secondo te, altre situazioni specifiche che penalizzano il Sud?
“Credo che la ricchezza gastronomica che del Mezzogiorno d’Italia sia da esportare in tutto il mondo, a partire dai confini interni, molto più di quanto si faccia ora. Invece, si è deciso di puntare sui cibi lavorati, cibi confezionati, cibi industriali e questo avviene in tutto il mondo. Le motivazioni sono semplici, per quanto tristi: genera più ricavi, minimizza lo sbattimento di portarti una mozzarella che deve arrivare a una certa velocità in un certo posto, e poco importa se non senti il sapore autentico di quel cibo”. Insomma, l’ennesimo trionfo della produttività trionfa con tutte le sue conseguenze.
Le testimonianze e una percezione sempre più diffusa: c’è tanta voglia di Sud
Nella parte finale della nostra chiacchierata, chiediamo ad Alessandro se questo cambio di vita possa concretamente interessare molte persone. Non semplicemente il ritorno a casa, ma il cambiare vita in una terra nuova.
Quanto è diffusa questa voglia di Sud?
“Forse di me puoi scrivere che sono un pioniere di questa cosa – dice sorridendo –. Ho raccolto dei dati, numericamente poco interessanti, ma che, secondo me, rappresentano una nuova dinamica: nel mio piccolo osservatorio, fatto di un centinaio di chiamate, quasi la metà delle persone del Nord mi ha detto: ‘Che figata, anche io ho in mente di cambiare vita e andare al Sud, mi sto preparando con mia moglie’, o con mio marito.
Questa risposta – specifica Alessandro – l’ho ricevuta da gente del Trentino, di Milano, di Torino, dalle metà. Ovunque si inizia a sentire questa voglia di Sud, e di una vita più a misura d’uomo”, spiega Alessandro. Un trend che è esploso con il lockdown, accanto al fenomeno della Great Resignation e alle nuove priorità lavorative dei giovani.
Molti potrebbero pensare che per te sia stato più “semplice”: lavorando nel digitale puoi lavorare da ovunque. È davvero così?
“Non proprio. Posso lavorare da ovunque, ma i contatti e i contratti importanti spesso li fai conoscendoti di persona. Sapevo che trasferendomi al Sud sarei andato comunque a guadagnare di meno, che mi sarei comunque esposto al rischio di perdere alcuni giri, e così è stato. Magari li ho anche voluti perdere. Non è un caso che mi sia messo a fare lo scrittore. Ho sempre scritto tanto, ma ho sempre scritto libri tecnici. In definitiva, ho fatto una scelta: guadagnare di meno, e vivere di più”.
Una perdita che al Sud ti puoi permettere, perché per vivere non hai bisogno di lavorare cinquanta o sessanta ore a settimana. Alessandro lo spiega con un esempio: “Ho venduto una moto usata a 3500 euro, e con gli stessi soldi, a Taranto ho comprato un motoscafo. Pazzesco. Il box per tenere la moto mi costava 80 euro al mese, e qui con gli stessi soldi tengo il motoscafo in acqua”.
Insomma, nell’era della tecnologia, delle grandi città, dell’intelligenza artificiale tu credi davvero che la gente possa desiderare tutto questo?
“Io credo che dopo i terreni nel metaverso, gli avatar di persone inesistenti, la ricerca di spazi non reali, il reale, ciò che l’uomo custodisce, persino l’aria che respiriamo tornerà ad avere valore. Le risorse, l’acqua, la terra, la possibilità di coltivare. Una nuova narrazione, una nuova vita”.
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