Più anziani, meno lavoratori: -3 milioni entro 10 anni
- 15/04/2024
- Popolazione
Nei prossimi 10 anni ci saranno 3 milioni di lavoratori in meno. Questo è il dato che emerge dall’analisi dell’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (Cgia). L’invecchiamento della popolazione porterà le persone in età lavorativa (15-64 anni) a ridursi dell’8,1%. All’inizio del 2024, la coorte demografica era stimata pari a poco meno di 37,5 milioni di unità. Nel 2034 scenderà a 34,5 milioni di persone. Sempre meno giovani, quindi, occuperanno i posti di lavoro. Il fenomeno coinvolgerà principalmente i baby boomer che sono coloro destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. La conseguenza maggiormente visibile sarà lo spopolamento di numeri territori del Mezzogiorno.
Le previsioni demografiche
L’Ufficio studi della Cgia ha elaboratori le previsioni demografiche dell’Istat tra le 107 province d’Italia, ad eccezione di Prato che registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva: +1.269 unità pari al +0,75%. Le altre 106, invece, presenteranno un saldo negativo. “Se alla recessione demografica aggiungiamo l’instabilità geopolitica – ha sottolineato la Cgia -, la transizione energetica e digitale, le nostre imprese sono destinate a subire dei contraccolpi spaventosi: neanche misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi e il ricorso agli stranieri potrà risolvere la situazione”.
Crisi nel Mezzogiorno
Ciò che è emerso dai dati, però, è una decrescita evidente soprattutto per i lavoratori del Sud Italia. Le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti si registreranno in Basilicata con una riduzione di questa platea di persone del 14,6% (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2% (-110.999), la Sicilia con il -12,8% (-392.873), la Calabria con il -12,7% (-147.979) e il Molise con il -12,7% (-22.980). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4% (-218.678), il Trentino–Alto Adige con il -3,1%(-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6% (-71.665).
Le realtà che ne risentiranno di più sono le micro e piccole imprese. Le medie e grandi imprese, invece, potrebbero avere dati negativi più contenuti. Cambieranno, inoltre, i settori sui quali investire. L’invecchiamento della popolazione, infatti, interesserà il settore dei servizi con conseguente aumento della Silver Economy. Meno Pil, invece, dai settori immobiliare, trasporti, moda e ricettivo. Per contro, invece, le banche potrebbero contare su alcuni effetti positivi vista la maggiore propensione al risparmio delle persone più anziane.
Una panoramica tra province e città
Sempre secondo le stime elaborate dall’Ufficio studi della Cgia su dati dell’Istat, tra il 2024 e il 2034 sarà Agrigento la provincia italiana che registrerà la recessione demografica della popolazione lavorativa più importante: -22,1% pari, in termini assoluti, a -63.330 unità. Seguono Ascoli Piceno con -19,6 per cento (-26.970), Caltanissetta con -17,9 per cento (-28.262), Enna con -17,7 per cento (-17.170), anche Alessandria con -17,7 per cento (-48.621), Nuoro con il -17,6 per cento (-21.474), Sud Sardegna con il -17,5 per cento (-35.662) e Oristano con il -16,9 per cento (-15.482).
Tra i territori che, invece, sentiranno meno degli altri il calo demografico dei lavoratori attivi segnaliamo Milano con il -2% (-41.493), Bologna con il -1,1% (-6.928), Parma con il -0,3% (-883) e, infine, Prato che, a differenza di tutte le altre province, presenterà un risultato anticipato dal segno più (+0,75% pari a un valore assoluto di +1.269). Il risultato positivo di Prato e di quelle province che hanno subito le contrazioni più contenute delle altre è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l’età media e incidendo positivamente sulle nascite.
Gli interventi di Governo
Ad accendere i riflettori sulla questione, anche la Ministra al Lavoro e Politiche Sociali Marina Calderone che, nel corso dell’ultimo evento dedicato al tema della Demografia in relazione alla Sostenibilità, in Italia e Europa, ha ammesso: “Entro il 2027, quasi la metà della forza lavoro sarà concentrata in circa cinque regioni del nostro Paese, con uno spopolamento delle regioni del Sud. Importante investire su asili nido, sulla conciliazione tra vita e lavoro e che possano svilupparsi anche grazie al welfare aziendale. Il Pnrr e le riforme di Repower Eu ci devono accompagnare per i prossimi trent’anni, cambiando il volto del paese. Il lavoro deve essere uno strumento per condurre una vita dignitosa e soddisfacente. Le garanzie devono essere di ampio spettro, anche nel mondo indipendente e autonomo”.
Le possibili soluzioni vedono coinvolte ad ampio spettro, istituzioni, enti del terzo settore e privati, in una commistione tra welfare statale, aziendale e bonus dedicati alla natalità, al supporto della genitorialità e iniziative volte a sensibilizzare il tema della conciliazione tra vita privata e lavoro.
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