Un bambino su sei nel mondo vive in povertà estrema
- 19/09/2023
- Mondo
Il mondo, come le singole società, è sempre più polarizzato tra ricchi e poveri. E i bambini non fanno eccezione, anzi. Ben 1 su 6 vive in povertà estrema. Sono l’Unicef e la Banca Mondiale a lanciare l’allarme attraverso lo studio dal titolo ‘Global Trends in Child Monetary Poverty According to International Poverty Lines’, pubblicato in vista dell’High-level Week dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in corso fino al 22 settembre.
L’High-level Week è anche l’occasione per discutere la tappa intermedia degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), e lo studio Unicef-Banca Mondiale, che analizza la dimensione del problema a livello globale e regionale tra il 2013 e il 2019 con previsioni a brevissimo termine tra il 2020 e il 2022, mostra che con gli attuali tassi di riduzione l’obiettivo di porre fine alla povertà estrema dei bambini entro il 2030 non sarà raggiunto.
I minori, pur costituendo un terzo della popolazione mondiale, sono infatti oltre il 50% delle persone estremamente povere. E questo nonostante una stima di riduzione del tasso di povertà estrema dei bambini dal 20,7% al 15,9% tra il 2013 e il 2022.
Le soglie di povertà
Lo studio utilizza le soglie di povertà come aggiornate a livello internazionale nel 2022. Le tre soglie, riferite al reddito giornaliero, sono:
• 2,15 dollari (povertà estrema)
• 3,65 dollari (reddito medio-basso)
• 6,85 dollari (reddito medio-alto)
Le stime prodotte dall’analisi indicano che a livello globale
• circa 333 milioni di bambini sopravvivono con meno di 2,15 dollari al giorno
• 829 milioni di bambini vivono sotto la soglia di povertà di 3,65 dollari
• 1,43 miliardi di bambini vivono con meno di 6,85 dollari al giorno
Numeri ancora molto elevati, specie se si considera che la percentuale di minori che vive con meno di 2,15 dollari al giorno è diminuita del 13%, passando da 383 mln a 333 mln tra il 2013 e il 2019.
L’impatto del Covid
L’analisi Unicef-Banca mondiale sottolinea il pesante impatto avuto dalla recente pandemia, che ha fortemente inciso sui progressi che pure si stavano realizzando. Si stima infatti che siano stati allontanati dalla miseria 30 mln di bambini in meno rispetto alle proiezioni in assenza di Covid. La stessa stima del 15,9% per il 2022 è in realtà pari al tasso di povertà dei bambini nel 2019. In pratica, sono andati persi tre anni.
Non solo, ma dato che i minori in povertà estrema nel 2019 erano 319 milioni e che le previsioni a brevissimo termine per il 2020-2022 indicano per il 2022 la cifra di 333 milioni, ciò vuol dire che in 4 anni c’è stato un aumento di 14 mln di individui. Lo studio evidenzia che nel 2020 si è toccato un apice di incremento che si stima seguito per il 2021 e il 2022 da una discesa, discesa che tuttavia avviene a un tasso di progresso lento, pre-Covid.
I bambini più a rischio
In generale i bambini hanno una probabilità più che doppia rispetto agli adulti – 15,8% contro 6,6% – di vivere in famiglie estremamente povere, prive di cibo, servizi igienici, alloggi, assistenza sanitaria e istruzione. E i più piccoli sono maggiormente a rischio: nel 2022, il 18,3% di tutti i bambini sotto i 5 anni vive in famiglie estremamente povere.
I fattori di rischio sono:
• conflitti o fragilità del Paese: il 38,6% dei minori che vivono in Paesi dov’è in corso un conflitto sono estremamente poveri, a fronte del 10,1% di quelli che vivono in contesti non fragili
• numerosità della famiglia: il 25,7% dei bambini che vivono in famiglie con 6 o più membri è estremamente povero contro il 4,8% registrato nei nuclei con 1 o 2 membri. Inoltre, il tasso di povertà estrema per chi vive in famiglie senza bambini è del 6,6% invece del 15,9% dei nuclei con minori
• campagna e città: Il 22,3% dei bambini nelle aree rurali vive in povertà estrema, contro il 6,5% tra quelli che abitano in contesti urbani
• istruzione dei genitori: il 32,6% dei minori in nuclei dove il capofamiglia non ha istruzione vive in estrema povertà a fronte del 3,6% di chi ha un genitore con istruzione di livello universitario
• settore lavorativo del capofamiglia: il 30,8% dei bambini che vive in nuclei dove il capofamiglia lavora nell’agricoltura è in povertà estrema: il 71% di tutti i bambini estremamente poveri.
• sesso del capofamiglia: con un cambio di rotta rispetto al 2017, nel 2022 il 20,4% dei bambini in povertà estrema vive in famiglie ‘’rette’’ da un uomo, a fronte del 16,6% nel caso di nuclei guidati da donne.
Le regioni più povere
La regione più colpita è l’Africa subsahariana, che nel 2022 registra il 40% dei bambini in povertà estrema rispetto alla popolazione e allo stesso tempo la più alta percentuale di bambini estremamente poveri sul totale mondiale (il 71,1%, erano il 58,4% nel 2013).
Il Sud dell’Asia ha un tasso del 9,7% di bambini in estrema povertà nel 2022 e rappresenta il 18,6% dei bambini estremamente poveri del mondo. In poche parole, quasi il 90% dei bambini estremamente poveri del mondo vive nell’Africa sub-sahariana o nell’Asia meridionale.
E se l’Africa subsahariana è la regione con il maggior incremento della percentuale di minori estremamente poveri sul totale mondiale (passati, come visto, dal 58,4% al 71,1%), le altre aree del Pianeta hanno registrato dei cali. Tranne l’America Latina, dove la percentuale è rimasta costante intorno al 3%, e il Medio Oriente e il Nord Africa passati dallo 0,9% del 2013 al 3,7% del 2022.
Quasi tutte le aree del Pianeta tra il 2013 e il 2022 hanno visto un calo dei tassi di povertà estrema infantile rispetto alla propria popolazione, con i risultati migliori nel Sud Est asiatico e nelle regioni del Pacifico e una piccola flessione nell’Africa sub-sahariana, passata dal 45,2% del 2013 al 40,2% del 2022. Fanno eccezione il Medio Oriente e il Nord Africa peri quali si stima un incremento (sono le uniche regioni) dal 3,4% del 2013 al 10% del 2022, un risultato dovuto principalmente allo Yemen.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati Eurostat non sono rassicuranti: 2,85 mln di bambini sono esposti a povertà ed esclusione sociale, quasi il 30% del totale. Nel 2022 la percentuale di minori che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno è 1,7%, con meno di 3,65 dollari è 2,4% e con meno di 6,85 dollari è 4%. In Europa è a rischio 1 su 4, 19,6 mln di minori. Tra le cause la pandemia, la guerra in Ucraina e l’inflazione.
Come intervenire secondo Unicef e Banca Mondiale
“Sette anni fa, il mondo ha promesso di porre fine alla povertà estrema dei bambini entro il 2030. Abbiamo compiuto progressi, dimostrando che, con i giusti investimenti e la volontà, è possibile far uscire milioni di bambini da quello che spesso è un circolo vizioso di povertà”, ha dichiarato il direttore generale dell’Unicef Catherine Russell.
“Ma l’aggravarsi delle crisi, dovute all’impatto del Covid-19, ai conflitti, ai cambiamenti climatici e agli shock economici, ha bloccato i progressi e lasciato milioni di bambini in condizioni di povertà estrema. Non possiamo abbandonare questi bambini ora. Porre fine alla povertà dei bambini è una scelta politica. Occorre raddoppiare gli sforzi per garantire a tutti i bambini l’accesso ai servizi essenziali, tra cui l’istruzione, l’alimentazione, l’assistenza sanitaria e la protezione sociale, affrontando al contempo le cause profonde della povertà estrema”, ha precisato.
A tal fine l’Unicef e la Banca Mondiale chiedono ai governi e ai partner di:
• garantire un’attenzione costante ai bambini in condizioni di povertà estrema nei Paesi a reddito basso e medio-basso e nei contesti fragili
• dare priorità ai programmi volti ad affrontare la povertà dei bambini
• progettare programmi di politiche pubbliche per raggiungere i nuclei familiari numerosi, quelli con bambini piccoli e nelle aree rurali
• aumentare l’accesso agli assegni familiari universali, misura che si è rivelata efficace
• pensare programmi di protezione sociale inclusivi, che tengano conto delle esigenze specifiche di disabilità e genere
Uno sforzo necessario in quanto, sottolinea lo studio, investire nella prima infanzia è uno dei modi più efficaci per spezzare il circolo intergenerazionale della povertà, con ritorni positivi per gli individui, le famiglie e le società tutte.
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