Quasi 1 donna su 10 non può scegliere se usare contraccettivi: il report Onu
- 18/04/2024
- Mondo
Ottocento donne muoiono ogni giorno durante il parto. La maggior parte di loro vive in Paesi in via di sviluppo. Quasi ognuna di queste morti è prevenibile. In 69 Paesi, un quarto delle donne non riesce a prendere decisioni proprie in materia sanitaria. Quasi 1 donna su 10 non ha scelta sull’uso di contraccettivi. Tra il 2016 e il 2020, la riduzione annuale globale della mortalità materna è stata pari a 0. Le donne con disabilità hanno 10 volte maggiori probabilità di subire una violenza di genere di tipo sessuale.
Un quarto delle donne al mondo non può dire di no al sesso con il marito o con il proprio partner.
A riportare questi numeri è il rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) 2024 State of World Population, intitolato Interwoven Lives, Threads of Hope: Ending inequalities in sexual and reproductive health and rights (Vite intrecciate, fili di speranza: porre fine alle disuguaglianze nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi). Il report ha evidenziato il ruolo che razzismo, sessismo e altre forme di discriminazione continuano a svolgere nel bloccare i progressi nella salute sessuale e riproduttiva di donne e ragazze.
I dati sono sconvolgenti. Le donne e le ragazze povere, appartenenti a minoranze etniche, razziali e indigene, o intrappolate in contesti di conflitto, hanno maggiori probabilità di morire perché non hanno accesso a un’assistenza sanitaria tempestiva. La fotografia che spaventa la civiltà contemporanea non dovrebbe sorprendere visti i progressi in diversi campi che vanno di pari passo con il regresso in altrettanti. Ben 13 paesi, infatti, hanno subito un regresso in materia di autonomia di scelta delle donne sul proprio corpo. Ma cosa ha spinto l’essere umano fino a questo punto e quali sono stati i fattori di emarginazione di paesi e categorie di persone? Scopriamolo insieme.
Fattori di emarginazione
Tra il 2015 e il 2022 il 40% delle donne, in 32 Paesi per i quali Unfpa dispone dei dati, ha visto diminuire la propria capacità di esercitare il potere decisionale sul proprio corpo. Uno dei casi più eclatanti è quello relativo al diritto di aborto negli Usa. Gli Stati Uniti, infatti, dopo la sentenza della Corte Suprema del giugno 2022 che ha eliminato l’obbligo di garantire l’accesso all’aborto a livello federale, almeno 21 Stati hanno vietato del tutto o limitato significativamente le interruzioni volontarie di gravidanza rispetto alle norme in vigore precedentemente.
Lo stesso è valso per l’Europa. Protagonista è stata la sentenza 2020 della Corte costituzionale della Polonia che ha vietato l’interruzione di gravidanza anche in caso di gravi malformazioni del feto. A ottobre il voto delle donne è stato fondamentale per togliere il potere al Pis, partito politico al governo, dopo otto anni al potere, ma il centro-sinistra di Donald Tusk, oggi, sta avendo più difficoltà del previsto nell’approvare una nuova legge. Anche perché il presidente Andrzej Duda del Pis, che rimarrà in carica fino al 2025, ha intenzione di far valere il suo potere di veto su qualsiasi norma che ammorbidisca il divieto quasi totale di aborto attualmente in vigore.
E le battaglie sul consenso, sull’emancipazione e sulla salute sessuale e riproduttiva si scontrano con barriere evidenti, come quelle in ambito sanitario. È la categoria con un gender pay gap tra i più evidenti. Le lavoratrici sanitarie, infatti, guadagnano in media, il 28% in meno rispetto agli uomini. Tra infermieri e ostetriche persiste un divario retributivo dell’11%. Questo apporta dei contraccolpi alla salute riproduttiva delle donne nel mondo. Oggi, gli esperti internazionali in materia di salute e diritti umani continuano a esprimere preoccupazione per la discriminazione persistente, l’ineguale accesso all’assistenza sanitaria e i disparati risultati sanitari – compresi tassi di mortalità materna sproporzionati – sperimentati da gruppi etnici emarginati.
Il danno dell’emarginazione
Il danno dell’emarginazione di categorie dal mondo del lavoro, così come la discriminazione rispetto a retribuzioni e pari prestigio, apporta dei danni ingenti anche da un punto di vista economico. Guadagni significativi si ottengono quando i programmi per la salute sessuale e riproduttiva ricevono investimenti. Per ogni cifra spesa, c’è un guadagno:
- Ogni dollaro aggiuntivo speso in servizi contraccettivi per adolescenti al di sopra del livello attuale riduce il costo delle cure legate alla gravidanza e ai neonati di 3,70 dollari
- A livello globale, la violenza da parte del partner costa il 5% del prodotto interno lordo mondiale e quasi il 15% del PIL nell’Africa sub-sahariana
- È stato stimato che un investimento di 1 dollaro nella pianificazione familiare comporterebbe, nel tempo, un ritorno di 60-100 dollari sotto forma di crescita economica.
- A livello globale, le limitate opportunità educative per le ragazze costano dai 15 ai 30mila miliardi di dollari in termini di perdita di produttività e di guadagni nel corso della vita.
È per questo motivo che l’Onu ha acceso i riflettori su una grande “piaga” dei sistemi sociali, anche quelli più sviluppati: la carenza di un’educazione sessuale. “Quando le donne usano la contraccezione per evitare nascite non pianificate – si legge nel report -, il conseguente calo della fertilità porta infine a una percentuale minore di figli a carico della popolazione rispetto alla dimensione di quella in età lavorativa. Questo cambiamento demografico può portare a quello che viene definito ‘dividendo demografico’: aumento dei tassi di produttività e crescita economica”. E sull’educazione sessuale, perciò, che si deve investire: “L’accesso a un’educazione sessuale completa è una precondizione per consentire a tutti l’autonomia riproduttiva – continua il report – e per sbloccare tutti i benefici sociali ed economici che ne derivano. Un’educazione sessuale completa è associata a un ritardo nell’età del primo rapporto sessuale, a un aumento dell’utilizzo di metodi contraccettivi e a una riduzione del tasso di gravidanze tra le adolescenti”,
Non solo regresso
Ma non c’è stato solo un regredire. Quest’anno si celebra il trentesimo anniversario della conferenza del Cairo, durante la quale si siglò l’accordo tra gli Stati per sostenere i diritti sessuali e riproduttivi di tutte le persone. Ciò significava riconoscere il ruolo del sistema sanitario come promotore dei diritti umani e, come disse l’allora direttore esecutivo dell’UNFPA Nafis Sadik, “liberare le donne da un sistema di valori che insiste che la riproduzione sia la loro unica funzione”.
Negli ultimi trent’anni si è ottenuta un’assistenza alla maternità, con un migliore accesso alle cure qualificate e di emergenza, così come è stato diffuso con maggiore frequenza l’uso del contraccettivo. Il numero di donne che utilizza la contraccezione moderna è raddoppiato tra il 1990 e il 2021. Così come si è registrato un calo del 19% delle gravidanze indesiderate. Le nascite tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni sono diminuite di circa un terzo dal 2000 ad oggi.
“Nell’arco di una generazione, abbiamo ridotto il tasso di gravidanze indesiderate di quasi un quinto, abbassato il tasso di mortalità materna di un terzo e garantito leggi contro la violenza domestica in oltre 160 Paesi”, ha dichiarato Natalia Kanem, Direttore esecutivo dell’UNFPA. “Nonostante questi progressi, le disuguaglianze all’interno delle nostre società e dei nostri sistemi sanitari si stanno ampliando e non abbiamo dato priorità adeguata al raggiungimento di coloro che sono più indietro”.
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