Raw-dogging, il trend estremo che trasforma i viaggi in aereo in una sfida di resistenza
- 21/08/2024
- Mondo
C’erano una volta i tormentoni estivi, ormai superati dalle ‘challenge’, che nascono sui social e non conoscono stagione. Quest’estate, in particolare, una sfida su tutte è diventata virale e ha fatto – sta – facendo parlare di sé, tentando più di qualcuno: il raw-dogging. Ovvero, farsi tutto un volo a lungo raggio guardando fisso il sedile davanti a sé. Niente telefono, niente film, niente musica, e nelle sue forme più estreme niente acqua, niente sonno, niente cibo e niente toilette o passeggiate riattiva-circolazione in cabina.
Ora, chi ha fatto un volo a lungo raggio sa quanto possa essere per l’appunto ‘lungo’, e quanto sia benvenuta ogni distrazione, dalla lettura ai film ai videogiochi fino anche al passaggio del servizio bevande. E sa anche quanto sia necessario alzarsi e camminare un po’.
Ma chi invece decide di cimentarsi nel raw dogging parte da tutt’altro approccio, e ha davanti a sé ore e ore di immobilismo e di occhi puntati sullo schienale di fronte.
Cos’è il raw-dogging?
Ma come nasce questo trend di viaggio, chiamiamolo così, che ha conquistato diversi adepti in tutto il mondo?
Anche se può sembrare una cosa molto stupida, come in effetti lo è diventata una volta finita nelle maglie di TikTok, inizialmente il raw dogging poteva avere un senso, nella sua forma più basic. Poteva infatti essere visto come un modo, un’occasione per disintossicarsi dal digitale e di attuare una forma di ‘meditazione’, in generale per dedicare del tempo solo a se stessi e ai propri pensieri.
Poteva anche essere un diverso approccio, sperimentato soprattutto dai frequent flyer, chi vola spesso, per affrontare i voli a lungo raggio che per definizione comportano anche un jet leg più o meno importante.
In pratica, inizialmente, significava affrontare il viaggio e il fuso orario nel modo più naturale possibile, senza ricorrere a strumenti ‘artificiali’ come musica, libri, film, cuscini per la testa, farmaci, mascherine e così via. L’obiettivo era gestire l’ansia, cercare una connessione con se stessi, migliorare la concentrazione, pensare.
Un po’ in quest’ottica lo scorso maggio un ventiseienne londinese di nome West ha raccontato su TikTok del suo viaggio da sette ore durante il quale non aveva fatto altro che guardare la mappa del volo, che si trova sullo schienale del sedile di fronte. “Qualcun altro fa rawdogging?”, aveva concluso, lanciando quindi una sorta di sfida.
Il raw-dogging: dal detox digitale alla competizione estrema
E proprio qui è nato il problema.
La sfida ovviamente è stata raccolta, e l’asticella si è alzata sempre di più, fino ad arrivare alla rinuncia di cibo, acqua, sonno, movimento, pur di dimostrare di essere il più forte, quello che ha fatto la cosa più estrema, quello che non ha bisogno di alcuna comodità, ma solo di se stesso. In sostanza, per poter dire ‘sono un vero duro’.
Non a caso il raw-dogger sembra essere principalmente un uomo. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che per portare a termine una sfida del genere occorrono forza mentale, disciplina e resistenza fisica, che secondo gli stereotipi sarebbero caratteristiche maschili. E dunque chi voglia sentirsi più forte o riaffermare la propria mascolinità potrebbe essere tentato dal volare ‘crudo’, raw appunto (raw-dogging farebbe riferimento in realtà al fare sesso senza protezioni). Sicuramente sono tutte caratteristiche di cui si vanta sui social chi vola ‘in purezza’.
Un esempio ‘vip’ è Erling Haaland, 24enne attaccante del Manchester City, che sui social si è vantato di aver fatto un volo di sette ore senza telefono, acqua, cibo, sonno, definendo la cosa ‘facile’ da fare e alimentando di fatto la sfida.
I rischi del raw-dogging: salute e benessere compromessi
Ma tutto ciò non è gratis, comporta dei rischi:
• noia: la resistenza mentale c’entra, ma non fare nulla per ore – anche 20 – può davvero logorare
• maggiore fatica: ignorare completamente i bisogni del corpo durante un lungo volo può compromettere la produttività e il benessere
• jet leg più forte: non dormire o riposarsi durante un viaggio lungo può amplificare i sintomi dovuti al fuso orario, portando a un’alterazione del ritmo circadiano che può richiedere giorni per essere recuperato
• malesseri: tra cui mal di testa e vertigini, dovuti al non mangiare per ore
• disidratazione: volare già di per sé aumenta il rischio a causa dell’aria secca in cabina. Non bere per l’intera durata del volo può solo aggravare il problema, provocando affaticamento e confusione mentale
• tensione continua: dovuta al dover resistere molte ore in una situazione di oggettivo disagio, anche se voluta
• trombosi venosa profonda: causata dallo stare nella stessa posizione per tantissimo tempo, e in particolare seduti senza fare pause per camminare o stirarsi. Si tratta di una condizione in cui si formano coaguli di sangue nelle vene profonde, di solito nelle gambe, che può diventare pericolosa, soprattutto se un coagulo si sposta verso i polmoni
• stress mentale: dovuto all’assenza totale di stimoli durante un volo, specialmente se particolarmente lungo o turbolento.
Considerando i rischi e i (supposti) benefici, dunque sembrerebbe proprio che ‘il gioco non valga la candela’.
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