“Potrebbero esserci collegamenti con i videogiochi”: Kennedy Jr. sull’uso della armi in Usa
- 15 Settembre 2025
- Mondo
“Ci sono molte cose che potrebbero spiegare tutto questo (le stragi di massa negli Usa, ndr.). Una è la dipendenza dai farmaci psichiatrici e poi potrebbero esserci collegamenti con i videogiochi e i social media”. Così Robert F. Kennedy Jr., segretario alla salute degli Stati Uniti, durante la presentazione del rapporto “Make Our Children Healthy Again” (Mocha), ha commentato l’uso delle armi negli States dopo l’omicidio dell’attivista repubblicano Charlie Kirk.
Le sue parole, dopo quelle controverse sui vaccini, hanno riacceso uno dei dibattiti più frequenti degli ultimi decenni: i videogiochi possono davvero essere una causa della violenza di massa che affligge l’America?
Nel suo discorso alla Casa Bianca dove si teneva un evento della commissione Maha (Make America healthy again), Kennedy ha collegato l’esplosione di violenza negli Stati Uniti – dove, dice, “abbiamo una sparatoria di massa ogni ventitré ore” – a quello che definisce un “improvviso inizio di violenza” negli anni ‘90, quando le persone hanno iniziato a entrare in scuole, chiese e teatri per aprire il fuoco su sconosciuti. Il segretario alla salute ha annunciato che “il National Institutes of Health avvierà studi che esamineranno la correlazione e il collegamento tra l’eccesso di farmaci nei nostri bambini e questa violenza, e questi altri possibili co-fondatori”.
L’omicidio di Charlie Kirk riaccende il dibattito
Le teorie di Kennedy hanno acquisito nuovo spazio dopo l’omicidio di Charlie Kirk, il 31enne fondatore di Turning Point Usa, ucciso mercoledì scorso all’Utah Valley University. L’assassino, Tyler Robinson ha 22 anni e vieni da una famiglia conservatrice dello Utah, a dispetto delle prime notizie che ipotizzavano l’appartenenza del killer al campo dem.
Robinson è stato catturato quando suo padre lo ha riconosciuto dalle immagini diffuse dalla polizia. Quando gli ha chiesto direttamente se fosse lui l’assassino, il giovane ha confessato, aggiungendo: “Preferirei uccidermi piuttosto che consegnarmi”. Il governatore dello Utah Spencer James Cox ha rivelato che Robinson aveva una relazione sentimentale con il suo coinquilino transgender, mentre Kirk era noto per le sue posizioni anti-Lgbtq e conservatrici.
I proiettili con riferimenti ai videogiochi: dettagli non confermati
Secondo diverse fonti mediatiche, Robinson avrebbe lasciato sul luogo del delitto proiettili incisi con frasi del videogioco satirico “Helldivers 2” e riferimenti a community e meme online. Gli investigatori hanno recuperato altri 3 proiettili. Su uno di questi ci sarebbero incise le parole di ‘Bella Ciao’, mentre le incisioni sugli altri 2 proiettili si prestano a diverse interpretazioni. Un messaggio, come ha spiegato il governatore dello Utah, Spencer Cox, è formato da una freccia verso l’alto, una freccia verso destra e 3 frecce verso il basso. Nel videogioco Helldivers 2, questa è la combinazione di tasti necessaria per sganciare una bomba. Su un altro proiettile, ci sarebbe stato iscritto “Ehi fascista, prendi”.
Indiscrezioni a parte, non è stata pubblicata nessuna foto che ritragga queste incisioni sui proiettili. La famiglia di Robinson, intanto, spiazza l’opinione pubblica e la politica: “A casa siamo tutti Maga”.
Cosa dice la scienza su videogiochi e uso delle armi
Ma cosa dice la scienza sulla supposta relazione videogiochi e uso delle armi?
Dopo anni di studi, la comunità scientifica offre un quadro preciso della questione.
La metanalisi più completa mai condotta, pubblicata nel 2018 sui Proceedings of the National Academy of Sciences da Anderson e colleghi, ha seguito oltre 17.000 partecipanti per un periodo da tre mesi a quattro anni. I risultati hanno evidenziato che nonostante l’esposizione ai videogiochi violenti sia associata a un aumento dell’aggressività fisica nel tempo, l’effetto è quasi nullo statisticamente.
Una ricerca ancora più recente (2024), condotta dall’Università Masaryk su 3.247 adolescenti seguiti per un anno intero, non ha trovato “alcun legame causale tra il giocare a videogiochi violenti e i cambiamenti nell’aggressività o nell’empatia”. Secondo gli autori, “questi risultati sfidano la rappresentazione dei videogiochi violenti come contributori significativi all’aumento dell’aggressività”.
David Dupee, professore alla Stanford University specializzato nella relazione tra violenza e videogiochi, ha esaminato centinaia di articoli medici alla ricerca di collegamenti causali tra gaming e comportamenti violenti, “non trovandone nessuno”.
Patrick Markey, professore di psicologia alla Villanova University e tra i massimi esperti mondiali del settore, ha identificato un pattern inquietante nella sua ricerca del 2019: i videogiochi vengono citati come possibile causa più spesso quando l’attentatore è un uomo bianco, suggerendo che il dibattito possa essere influenzato da bias razziali piuttosto che da evidenze scientifiche.
Come nota lo stesso Dupee: “I videogiochi violenti sono venduti in tutto il mondo, eppure gli Stati Uniti hanno di gran lunga il tasso più alto di sparatorie di massa o sparatorie scolastiche”.
Anche Kennedy Jr. ha sollevato perplessità sul fatto che, pur non essendo l’unico a rendere lecito il possesso di armi, gli States sono di gran lungo il Paese con più stragi di massa.
Il caso svizzero: stesse armi, violenza azzerata
Il confronto più lampante arriva dallo stesso segretario quando cita la Svizzera: “La Svizzera ha un numero paragonabile di armi e l’ultima sparatoria di massa risale a ventitré anni fa. Noi abbiamo una sparatoria ogni ventitré ore”. I dati confermano questa differenza.
La Svizzera possiede circa 2,3 milioni di armi da fuoco private su una popolazione di 8,4 milioni di abitanti, pari a circa 27,6 armi ogni 100 residenti secondo il Small Arms Survey. Nel 2019, il tasso di omicidi con armi da fuoco in Svizzera è stato di 0,2 per 100.000 abitanti, circa venti volte inferiore rispetto agli Stati Uniti e paragonabili a quello dell’Unione europea, stando ai dati del Global Health Data Exchange. Nel 2022, le armi da fuoco sono state utilizzate in undici omicidi e nove tentati omicidi in tutto il Paese.
Le differenze principali risiedono nelle regolamentazioni e nella cultura. In Svizzera per acquisire un’arma sono necessari: età minima di 18 anni, fedina penale pulita senza precedenti per reati violenti o pericolosi, assenza di storia di malattie mentali o abuso di sostanze, e dimostrazione di competenza nell’uso delle armi attraverso corsi obbligatori ed esami.
Wolfgang Stroebe, professore dell’Università di Utrecht e autore di uno studio pubblicato nel 2024 su Aggression and Violent Behavior, evidenzia che “la maggior parte dei cittadini svizzeri si sente sicura nelle proprie comunità e si fida delle forze dell’ordine per proteggerli”, Negli States, invece, prevale la “convinzione di un mondo pericoloso” che spinge all’acquisto di armi per autodifesa.
“Noi avevamo tante armi da bambini”
Il segretario ha costruito la sua argomentazione su un confronto temporale che cerca di spiegare l’origine del problema: “Avevamo tante armi quando eravamo bambini. Avevamo club di tiro nelle nostre scuole. I ragazzi portavano le armi a scuola ed erano incoraggiati a farlo, e nessuno entrava nelle scuole a sparare alla gente”, ha detto Kennedy Jr presentando Make Our Children Healthy Again
Secondo Kennedy, se il numero di armi è rimasto “comparabilmente lo stesso”, la causa dell’aumento della violenza deve essere cercata altrove. È qui che il segretario identifica i suoi tre sospettati: farmaci psichiatrici, videogiochi e social media come possibili catalizzatori di un fenomeno che prima non esisteva.
L’analisi delle evidenze scientifiche disponibili non supporta una correlazione diretta tra videogiochi e uso delle armi. Come sottolinea la rivista Kotaku, “accusare i videogiochi per la violenza nel mondo reale è vecchio quanto i videogiochi stessi”, ma non sono mai stati prodotti studi affidabili che dimostrino un collegamento credibile tra giochi violenti e l’aumento di comportamenti violenti.
Secondo i criminologi e gli specialisti in salute pubblica sono altri i motivi per cui gli Stati Uniti hanno seri problemi con le armi: disuguaglianza socioeconomica, mancanza di supporto per la salute mentale, isolamento sociale e soprattutto l’ampia disponibilità di armi senza adeguate leggi restrittive.
Il caso Robinson illustra perfettamente questa complessità: un giovane descritto dalla famiglia come “pensieroso” ma con una “reputazione pulita”, che viveva una situazione personale complessa.
Kennedy promette nuovi studi del National Institutes of Health per indagare i collegamenti tra videogiochi e violenza. Intanto, la ricerca punta a risolvere le cause concrete e migliorabili attraverso politiche pubbliche mirate: regolamentazione delle armi, supporto alla salute mentale e interventi sociali strutturali.