Cordoni ombelicali congelati in Svizzera e persi per sempre: il dramma delle famiglie e la reazione delle istituzioni
- 22/04/2025
- Fertilità
Quella che doveva essere una scelta d’amore si è rivelata una tragedia per migliaia di famiglie europee (tra cui settanta famiglie pugliesi) che tra il 2015 e il 2019 avevano affidato alla società svizzera CryoSave i cordoni ombelicali dei propri figli, dietro lauto pagamento (fino a 4.000 euro). Ora la biobanca è fallita, svanita nel nulla così come molti di quei preziosi campioni biologici.
La grande illusione, come funzionava CryoSave
La promessa di CryoSave era allettante e credibile: conservare per vent’anni le cellule staminali del cordone ombelicale, una sorta di “assicurazione biologica” per il futuro del bambino. Dietro questa facciata rassicurante si nascondeva però un castello di carta destinato a crollare.
CryoSave, con sede a Pfäffikon, operava secondo un meccanismo che ricorda da vicino uno schema Ponzi: i fondi versati dai nuovi clienti servivano a coprire i costi dei precedenti. Un sistema che poteva reggersi solo con un flusso costante di nuovi contratti. Quando questo flusso si è interrotto, l’intero edificio è crollato.
A febbraio 2025, Swiss Stem Cells Biotech AG ha ammesso di conservare 1.200 campioni italiani nei suoi laboratori di Monthey, ma senza codici di tracciabilità: il fallimento di CryoSave del 2019 ha lasciato migliaia di famiglie europee – di cui settanta pugliesi – in un limbo angosciante. I codici identificativi dei campioni, gestiti esclusivamente dalla società svizzera, sono scomparsi insieme all’azienda. Senza questi codici, è praticamente impossibile rintracciare i campioni nei vari laboratori dove potrebbero essere stati trasferiti.
“Ci hanno venduto sicurezza, ora siamo nel limbo. Non sappiamo se quei campioni esistano ancora”, racconta una madre barese, la voce incrinata dalla frustrazione. “Abbiamo investito risparmi pensando al futuro di nostro figlio, e ora ci ritroviamo con un pezzo di carta senza valore”.
Nel 2022 a fallire fu un’altra analoga società svizzera, Genico Sa e oggi ci si interroga sui rischi di affidare i cordoni ombelicali dei propri figli alle biobanche private.
Perché congelare i cordoni ombelicali
I motivi principali per cui alcune coppie ricorrono alla conservazione dei cordoni ombelicali sono:
- Potenziale terapeutico: il sangue del cordone ombelicale contiene cellule staminali emopoietiche che possono essere utilizzate per trattare oltre 70-80 malattie gravi, tra cui leucemie, linfomi, neuroblastomi, mielomi e altre patologie del sangue e del sistema immunitario. Molte famiglie scelgono questa opzione anche in vista di possibili sviluppi futuri della medicina rigenerativa, con applicazioni sperimentali in ambiti come paralisi cerebrale, autismo, ischemia cerebrale e sclerosi multipla;
- Disponibilità immediata: le cellule conservate privatamente sono immediatamente disponibili in caso di necessità per il bambino o per familiari compatibili;
- Compatibilità garantita: le cellule staminali del proprio cordone hanno una compatibilità del 100% con il donatore stesso (uso autologo) e possono avere alta compatibilità con i familiari consanguinei;
- Unica opportunità: il momento del parto rappresenta l’unica occasione per raccogliere queste cellule, rendendo la decisione particolarmente significativa per molti genitori.
La conservazione privata viene presentata dalle aziende come un’alternativa alla donazione pubblica, con il vantaggio che il materiale biologico resta a disposizione esclusiva della famiglia anziché entrare nel circuito delle donazioni allogeniche (per altri pazienti).
Due sistemi a confronto: pubblico vs privato
Il caso delle famiglie pugliesi assume contorni ancora più paradossali se confrontato con i numeri della donazione pubblica nella stessa regione. Mentre settanta famiglie piangono la perdita dei loro campioni, la Banca Cordonale della Regione Puglia ha raccolto 2.367 donazioni pubbliche nel solo 2023, con un tasso di utilizzo effettivo del 18,2% per trapianti salvavita. Il 97% delle unità pubbliche viene effettivamente utilizzato per curare leucemie e linfomi, contro lo 0,04% dei campioni privati. Una differenza abissale che solleva interrogativi profondi sulle scelte offerte ai neogenitori in un momento di particolare vulnerabilità emotiva.
Eppure, nonostante questi dati, nel 2023 altre trentaquattro famiglie pugliesi hanno scelto la conservazione privata all’estero, spendendo in media 3.500 euro per servizi che, come dimostra il caso CryoSave, possono rivelarsi privi di garanzie concrete.
Una storia di successo che viene dal pubblico
Mentre i campioni privati di CryoSave restano irrintracciabili, dal sistema pubblico pugliese emerge una storia che illumina le potenzialità della donazione solidale. Nel 2016, due unità di sangue cordonale donate da una madre di San Giovanni Rotondo hanno attraversato l’oceano per raggiungere Chicago, dove sono state utilizzate per un trapianto salvavita. Le cellule, conservate nella banca pubblica regionale, hanno mostrato una compatibilità genetica perfetta con un paziente americano che oggi, grazie a quel gesto anonimo e gratuito, può raccontare la sua storia.
“Questo caso dimostra il valore della donazione solidale”, spiega Lazzaro Di Mauro, direttore della Banca Cordonale pugliese. “Ogni campione pubblico entra in un circuito globale, con possibilità concrete di salvare vite. Non sappiamo mai dove e quando quelle cellule saranno necessarie, ma sappiamo che saranno disponibili per chiunque ne abbia bisogno”.
Il vuoto normativo che ha permesso il disastro
Il fallimento di CryoSave ha messo in luce le falle di un sistema regolatorio frammentato e insufficiente. La Svizzera, con le sue leggi permissive sulle Società Anonime (Sa), ha consentito all’azienda di operare senza adeguati obblighi di tracciabilità. CryoSave non possedeva nemmeno laboratori propri, ma appaltava la conservazione a terzi senza contratti trasparenti che garantissero la continuità del servizio in caso di fallimento.
Intanto, il sistema sanitario italiano spende 88 milioni di euro all’anno per terapie sostitutive, mentre i campioni dispersi avrebbero potuto coprire il 12% dei trapianti necessari. Questi dati, emersi in un report della Corte dei conti Ue a marzo scorso, hanno riacceso il dibattito sull’efficacia della spesa pubblica.
Quasi tutti i campioni conservati da CryoSave in Europa (oltre 330.000 unità) sono stati trasferiti in sicurezza presso il laboratorio del gruppo FamiCord a Varsavia, grazie a un accordo siglato nel febbraio 2019 tra CryoSave e FamiCord, ma per alcune famiglie non c’è stato nulla da fare.
Le istituzioni corrono ai ripari, ma per molti è tardi
Di fronte a questo scenario, le istituzioni stanno finalmente intervenendo. Nel 2024, il Centro Nazionale Sangue ha avviato un registro unico per mappare tutte le donazioni, sia pubbliche che private. Parallelamente, l’Unione Europea sta lavorando a una direttiva che imporrà alle biobanche requisiti stringenti: database indipendenti dalle società commerciali, garanzie sul trasferimento dei campioni in caso di fallimento e aggiornamenti periodici ai clienti.
La Puglia, dal canto suo, intensifica la campagna per le donazioni gratuite: entro la fine del 2025, quindici nuovi punti nascita offriranno il servizio di raccolta 24 ore su 24, anche nei weekend, rimuovendo uno degli ostacoli pratici che spesso indirizzano i genitori verso le soluzioni private.
Per le famiglie pugliesi coinvolte nel caso CryoSave, tuttavia, queste misure arrivano troppo tardi. Restano con un contratto ormai carta straccia e la consapevolezza che quel frammento biologico, così carico di speranza e potenzialità, è svanito nel labirinto di un sistema che ha preferito il profitto al senso di responsabilità.