Donne discriminate e a casa solo per i figli, la Corea del Sud “rischia l’estinzione”
- 01/03/2024
- Mondo
I sudcoreani hanno paura di estinguersi. La crisi demografica del Paese ha raggiunto record negativi mai visti prima e rischia di diventare irreversibile. Eppure, Seul ha investito e sta investendo molto per incentivare la natalità, senza però avere neanche il minimo risultato. Questo succede perché, denunciano molte donne sudcoreane, non si fa abbastanza per supportare le madri lavoratrici.
Le difficoltà delle donne in Sud Corea
Un problema che parte da lontano e ha una profonda radice culturale. In Corea del Sud, infatti, le madri lavoratrici hanno enormi difficoltà a ottenere promozioni e subiscono molte discriminazioni. I ruoli di genere tradizionali sudcoreani, ancora molto dominanti nel Paese, prevedono che siano le madri a occuparsi prevalentemente dei figli. In Corea del Sud è molto diffusa l’idea che per i primi due o tre anni di vita di un bambino la madre debba smettere di lavorare per prendersene cura.
Una situazione che va in contrasto con l’altro filone della cultura locale, quella parte molto competitiva che spinge cittadine e cittadini sudcoreani ad essere ambiziosi. “Le madri devono smettere di lavorare per occuparsi a tempo pieno del loro bambino nei primi due anni, e questo mi farebbe molto deprimere”, ha detto. “Amo la mia carriera e prendermi cura di me stessa” racconta una 28enne sudcoreana nell’inchiesta di Jean Mackenzie, corrispondente di BBC News a Seul. Le donne sudcoreane sono le più istruite tra i paesi dell’Ocse, eppure il Paese presenta il peggior divario retributivo di genere e una disoccupazione molto più alta di quella maschile.
Nel 2022, sia i lavoratori che le lavoratrici aveva diritto a un anno di congedo parentale nei primi 8 anni di vita del figlio (qui per un confronto con il congedo parentale in Italia) Per cercare di rilanciare la natalità la durata del congedo è stata aumentata a 18 mesi per entrambi i genitori, ma il tasso di natalità non ne ha risentito positivamente. Ad affermare il fallimento è stato pochi giorni fa lo stesso presidente Yoon Suk Yeol il quale ha riconosciuto che tutti i tentativi messi in campo per risolvere la crisi demografica finora “non hanno funzionato”.
I dati del 2022 dimostrano come solo il 7% dei nuovi padri abbia sfruttato questa possibilità, contro il 70% delle nuove madri. Insomma, in Corea del Sud i padri che partecipano attivamente alla cura dei figli nella quotidianità sono una rarità.
Tendenze che ricordano ciò che succede anche in Occidente, ma con proporzioni molto diverse.
La ragazza intervistata da Mackenzie, impiegata nel settore delle risorse umane, ha raccontato di aver visto tante donne costrette a lasciare il lavoro o essere trascurate nelle promozioni dopo aver preso il congedo di maternità. Queste esperienze, spiega, l’hanno convinta a non avere mai figli.
I costi dell’istruzione in Corea del Sud
A peggiorare la situazione ci sono i costi, quanto costa mantenere un figlio. Secondo uno studio realizzato dall’istituto di ricerca demografico cinese YuWa, la Corea del Sud è il Paese in cui è più costoso crescere dei figli, nonostante tutti gli incentivi economici promossi dai governi degli ultimi vent’anni. Per le famiglie sudcoreane investire in attività extrascolastiche per i figli è del tutto normale, tanto che secondo una ricerca del 2022 solo il 2% dei genitori del Paese asiatico non spende soldi per le lezioni private dei propri figli.
Stella, un’altra ragazza intervistata nell’ambito dell’inchiesta Bbc, osserva i genitori spendere fino a £700 ($890) al mese per bambino, anche a costo di indebitarsi o di fare enormi rinunce dal momento che molti di quei genitori, spiega l’insegnate 39enne, non potrebbero permettersi quella spesa.
“Ma senza queste lezioni, i bambini restano indietro […] Quando sono vicino ai bambini, ne vorrei uno, ma so fin troppe cose”, ha chiosato laconica Stella.
Le parole sul rischio che i bambini restino indietro rispetto ai coetanei rispecchiano l’alta competitività promossa in Corea del Sud nelle scuole e sul lavoro. “I coreani – spiega all’emittente una produttrice di nome Yejin – hanno questa mentalità secondo cui se non lavori continuamente sull’auto miglioramento, rimarrai indietro e diventerai un fallito. Questa paura ci fa lavorare il doppio”.
La ragazza, trentenne, spiega: “Amo il mio lavoro, mi dà così tanta soddisfazione. Ma lavorare in Corea è duro, sei bloccato in un ciclo di lavoro perpetuo”. Un ciclo paradossale, che punta alla produttività ma che rischia di eliminarne le fondamenta, ovvero la forza lavoro. Sulla carta l’orario di lavoro di Yejin va dalle 9 alle 6 ma, spiega la produttrice, “di solito non lascio l’ufficio prima delle 20 e in più ci sono gli straordinari. Una volta tornata a casa, ho solo il tempo di pulire la casa o fare esercizio prima di andare a letto”.
Le politiche per la natalità in Corea del Sud
La crisi demografica della Corea del Sud rappresenta un unicum nel panorama mondiale, anche dal punto di vista degli investimenti. “Le coppie (sposate, ndr.) che hanno figli vengono inondate di denaro”, scrive Mackenzie. Non a caso, solo il 2% delle nascite del 2022 è avvenuta fuori dal matrimonio.
Dal 2006 lo Stato ha speso più di 360mila miliardi di won, cioè 249 miliardi di euro, in sussidi per gli asili nido e altre misure del genere senza riuscire a ottenere un aumento delle nascite annuali. In questi anni sono stati dati molti incentivi economici alle coppie sposate che fanno figli o vogliono farli, come sussidi mensili, facilitazioni per ottenere alloggi pubblici, servizi di trasporto gratuiti e copertura delle spese mediche per i trattamenti di fertilizzazione in vitro.
Il terrore dell’estinzione
Nulla finora è riuscito ad attenuare la profonda crisi demografica della Corea del Sud. l presidente Yoon Suk Yeol non ha usato mezzi termini per descrivere gli scenari: se anche le ultime misure previste dal governo non avranno successo, l’unico futuro è quello della “estinzione nazionale”.
Parole che sembrano un’iperbole ma che, invece, trovano riscontro nei dati. Il tasso di fertilità del Paese è da anni il più basso del mondo e continua a franare: nel 2023 ha toccato il nuovo minimo storico di 0,72 figli per donna (nel 2022 era 0,78 mentre nel 2015 era pari a 1,24).
La situazione è ancora più grave a Seul dove, evidentemente la cultura del lavoro e il costo della vita sono incidono ancora di più che nel resto del Paese. Nella capitale il tasso di fecondità è pari a 0,55 figli per donna (in età fertile). Per fare un confronto con l’Italia, che è comunque tra i dieci Paesi al mondo con il più basso tasso di fecondità, il numero medio di figli per donna è stato di 1,24 nel 2022. Perché una popolazione resti costante nel tempo il tasso di fecondità dovrebbe essere di 2,1, il cosiddetto tasso di sostituzione.
Parlando in termini di nascite, il 2022 ha registrato il minimo storico di appena 229.970 nuovi nati. Il numero di neonati è sceso sotto la soglia di 400mila per la prima volta nel 2017, sotto i 300mila nel 2020 e sotto i 250mila nel 2022. Numeri che certificano un crollo progressivo.
Le prospettive future e le conseguenze economiche
Secondo le proiezioni statistiche, la popolazione sudcoreana, che attualmente conta 51 milioni di abitanti, si dimezzerà entro la fine del secolo. Insomma, in meno di 80 anni la Corea del Sud rischia di perdere 25 milioni di abitanti.
Una situazione che, come stiamo imparando anche in Italia, ha delle inevitabili ricadute: “Il declino della popolazione pone serie minacce non solo al mercato del lavoro e alle finanze statali, ma a ogni aspetto della società, dalla difesa nazionale all’istruzione e ai servizi medici”, ha detto Lee Sang-rim, esperto del Korea Institute for Health and Social Affairs all’agenzia Yonhap.
All’orizzonte, nessun segno di inversione del trend. Secondo le previsioni il tasso di fecondità sudcoreano continuerà a diminuire nel 2024 arrivando a 0,68 figli per donna. Tra i paesi col minor numero di figli per donna nel 2022 ci sono due paesi vicini alla Corea del Sud, che hanno entrambi registrato record negativi in questo ambito: il Giappone è arrivato a un tasso di fecondità di 1,26, la Cina di 1,09. Anche la Corea del Nord vive lo stesso problema, con il presidente Kim Jong Un che ha implorato in lacrime “di fare più figli” alle donne del suo Paese.
Ad aprile in Corea del Sud ci saranno le elezioni parlamentari e tutti i partiti principali hanno promesso più alloggi pubblici e condizioni più vantaggiose per i mutui per favorire la natalità. Il tutto per rallentare una situazione che porterebbe prima a una profonda crisi economica e poi alla “estinzione”, un timore sempre più presente tra i sudcoreani.
Le ultime previsioni stimano, entro il 2050, un calo del Pil della Corea del Sud pari al -28,38% rispetto al 2022. Nei prossimi cinquant’anni più della metà dei sudcoreani avrà più di 65 anni e la popolazione in età lavorativa diminuirà del 34,75%.
La crisi della Corea del Sud lascia spazio a delle riflessioni importanti per tutto il mondo sviluppato, che soffre di una grave crisi demografica, più o meno profonda a seconda dei Paesi. In Corea del Sud, infatti, non mancano gli investimenti economici a favore della natalità, ma nessuno di questi mira a riequilibrare il work-life balance come si cerca di fare, a volte con successo, altre senza, in altre culture. L’ultima carta a disposizione di Seul va oltre i congedi parentali, i bonus sporadici e altri benefici economici: accettare che la cultura della produttività a tutti i costi cambi, fare in modo che la demografia non sia solo un numero, ma anche una possibilità concreta di crescere e veder crescere i propri figli. Senza questa inversione, il paradosso sarà totale: il crollo totale delle nascite e della produzione in una cultura
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