Secondo Donald Trump il “paracetamolo in gravidanza causa autismo”: ma cosa dice la scienza?
- 23 Settembre 2025
- Mondo
“Il paracetamolo in gravidanza causa l’autismo“. A sostenerlo è stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale ha fortemente sconsigliato alle donne incinte di assumere l’antidolorifico. Se da un lato la notizia, già annunciata negli scorsi mesi, ha creato dibattito, dall’altra ha aperto un nuovo capitolo in ambito medico: confermare o smentire quanto affermato. L’autismo, infatti, è in cima ai pensieri di Donald Trump, che da tempo esprime preoccupazione per l’aumento dei tassi di questa patologia negli Stati Uniti e quest’anno ha incaricato i suoi di trovare delle risposte. Ma cosa dice la scienza?
La battaglia di Trump contro l’autismo
La battaglia di Donald Trump contro l’autismo risale a mesi e mesi fa. Era gennaio quando il presidente incaricò Robert F. Kennedy Jr come segretario della Salute. Kennedy Jr ha spesso accusato i vaccini di essere tra le cause dell’autismo. Ad agosto, Kennedy Jr, durante una riunione di gabinetto con il presidente Donald Trump, dichiarò che il suo dipartimento avrebbe annunciato a settembre nuovi provvedimenti legati a “interventi che potrebbero essere causa di autismo”.
Che il presidente avrebbe quindi presentato questa tesi era già cosa nota. Il Washington Post aveva annunciato il contenuto dell’appuntamento di ieri alla Casa Bianca; lo scorso 5 settembre, il Wall Steet Journal aveva rivelato Kennedy Jr aveva pronto un rapporto che legasse l’assunzione prenatale di Tylenol, cioè paracetamolo, a quella che è stata definita un’“epidemia di autismo” negli Stati Uniti.
E se da un lato la società Kenvue, che produce e commercializza il farmaco, con questi annunci ha subito un crollo immediato delle azioni in Borsa del 19%, dall’altro lato migliaia di famiglie americane hanno incominciato a porre speranze su una cura all’autismo. L’alternativa, per Trump, è lo leucovorin, un derivato dell’acido folico, grazie al quale si sarebbero registrati miglioramenti nella comunicazione di alcuni bambini affetti d’autismo.
Ma cosa dice la scienza?
Nell’evento dedicato alla patologia che si è tenuto ieri alla Casa Bianca, il presidente Trump ha spiegato che una revisione di agosto condotta da ricercatori del Mount Sinai e Harvard, ha suggerito un possibile collegamento tra l’uso di Tylenol nelle prime fasi di gestazione e un aumento del rischio di autismo nei bambini. Dall’alto lato, un farmaco meno noto, lo leucovorin, solitamente prescritto per contrastare gli effetti collaterali di alcuni farmaci e per trattare la carenza di vitamina B9, se somministrato a bambini affetti da autismo pare apporti notevoli miglioramenti nella loro capacità di parlare e comprendere gli altri. Ma è ancora presto per associare il farmaco ad una cura.
Cos’è l’autismo?
Con il termine autismo si fa riferimento a un insieme di diverse alterazioni del neurosviluppo legate a un’anomala maturazione cerebrale che inizia già in epoca fetale, molto prima della nascita del bambino. In generale, il disturbo è caratterizzato dalla compromissione della comunicazione e dell’interazione sociale e dalla presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi. Oggi si stima che in generale più di un bambino su 100 abbia un disturbo dello spettro autistico. In Italia, le stime parlano di un bambino su 77 (di età 7-9 anni) che presenta questo disturbo, con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine.
Secondo diversi studi condotti in Europa e Giappone non c’è nesso causale tra paracetamolo in gravidanza e autismo. Una revisione che risale a quest’anno ha evidenziato delle associazioni statistiche tra il farmaco e la patologia, ma non è stata in grado di dimostrarne un legame diretto.
La dottoressa di fama internazionale Christine Henneberg, in un editoriale pubblicato il 16 settembre, ha denunciato il rischio di “paternalismo mascherato da prudenza”. Henneberg ha sottolineato la totale mancanza di prove scientifiche che stabiliscano un nesso causale, pur ammettendo che non si può escludere definitivamente l’assenza di rischi, una condizione comune a molti farmaci. La conseguenza è che si ottenga un approccio che porti le donne a soffrire inutilmente per paura di nuocere al feto: “Dobbiamo vedere la carenza di ricerca e di linee guida adeguate sull’uso dei farmaci in gravidanza per quello che è: un paternalismo sfacciato che maschera la preoccupazione per il feto come preoccupazione per la madre […]. Le donne incinte sono comprensibilmente terrorizzate all’idea di prendere 500 milligrammi (una singola compressa) di Tylenol. Il messaggio non detto è: meglio semplicemente sopportare il dolore. Per la sicurezza del tuo bambino, la tua sofferenza ne vale la pena”.
In sintesi, la mera ipotesi che il Tylenol in gravidanza causi autismo o che un altro farmaco possa curarlo – in manca di prove conclusive – rappresenta un cambio di paradigma destinato a far discutere.