Francia, Gisèle Pelicot da vittima a icona contro la violenza sessuale
- 19/12/2024
- Mondo
Nel cuore della Provenza, nella tranquilla cittadina di Mazan, si è consumata una delle vicende più sconvolgenti della storia giudiziaria francese. Dominique Pelicot, un uomo che per quasi un decennio ha drogato e permesso a decine di uomini di abusare di sua moglie Gisèle, è stato condannato a vent’anni di carcere dal tribunale di Vaucluse. Un verdetto che non solo segna la fine di un orrore, ma accende i riflettori su un sistema culturale e legale che necessita di cambiamenti urgenti.
Un incubo lungo un decennio
Tra il 2011 e il 2020, la tranquilla facciata di un matrimonio nella piccola città francese nascondeva un inferno inimmaginabile. Gisèle Pelicot, operaia in pensione, ha scoperto solo anni dopo l’orrore a cui era sottoposta: drogata dal marito, veniva regolarmente violentata da lui e da uomini da lui invitati, contattati su internet: 50 uomini imputati per stupro aggravato, una collezione di oltre 20mila foto e video archiviati in modo meticoloso e almeno 72 abusatori identificati nei materiali raccolti dalla polizia.
Lo scandalo è emerso quasi per caso: Dominique Pelicot era stato notato, nel settembre 2020, da una guardia di sicurezza mentre filmava di nascosto le gonne delle donne in un supermercato. Ma questa scoperta ha aperto le porte di un vero e proprio girone infernale. Le indagini hanno rivelato un sistema criminale agghiacciante, in cui Pelicot agiva come un “orchestratore” di stupri seriali, non solo contro la propria moglie ma anche contro la moglie di un coimputato.
Gisèle, che ha coraggiosamente rinunciato all’anonimato durante il processo, è diventata il volto della resistenza contro la violenza sessuale e il simbolo della lotta per il consenso. La sua testimonianza ha scosso profondamente l’opinione pubblica, trasformandola in un’icona femminista. Striscioni con la scritta “Grazie Gisèle” sono apparsi sulle mura medievali di Avignone, mentre migliaia di manifestanti hanno sostenuto la sua battaglia.
Un processo spartiacque
Durato oltre tre mesi, il processo non si è limitato a giudicare Dominique Pelicot e i suoi coimputati. Il caso Pelicot ha messo a nudo non solo l’orrore di un individuo, ma anche le falle di un sistema. Molti dei coimputati hanno cercato di giustificarsi, sostenendo di essere stati ingannati da Dominique Pelicot o di aver creduto che la moglie fosse consenziente. Questo ha sollevato un acceso dibattito sulla definizione legale di stupro in Francia e sulla necessità di includere una menzione esplicita del consenso.
I cinque giudici, chiamati a deliberare a scrutinio segreto, hanno condannato Pelicot a vent’anni di carcere, la pena massima richiesta dall’accusa. Ma, nonostante le prove schiaccianti, alcune sentenze sono state inferiori alle aspettative dell’accusa, scatenando polemiche e proteste. Jean-Pierre M., definito il “discepolo” di Pelicot, è stato condannato a dodici anni di carcere, cinque in meno di quanto richiesto.
Gli attivisti chiedono a gran voce un cambio di paradigma: il consenso non è mai implicito, né negoziabile. “Questo processo deve diventare un punto di svolta”, ha dichiarato un rappresentante del movimento femminista locale. “Non possiamo più tollerare che il silenzio o la manipolazione siano usati come alibi per giustificare l’abuso”.
Dominique Pelicot, nella sua ultima dichiarazione in aula, ha chiesto perdono alla famiglia, lodando il coraggio della ex moglie. Parole che suonano vuote di fronte all’entità dei suoi crimini.
Il caso Pelicot ha lasciato un segno indelebile sulla società francese. L’ex primo ministro Michel Barnier, il cui governo è caduto due settimane fa, aveva annunciato un rafforzamento delle misure di sostegno per le vittime di violenza domestica, inclusa la possibilità di sporgere denuncia direttamente negli ospedali entro il 2025. “Offriremo supporto sistematico in un luogo sicuro,” aveva dichiarato, riconoscendo l’importanza di prevenire e affrontare questi crimini con strumenti più incisivi. La palla ora è in mano al nuovo premier François Bayrou.
Intanto, mentre la Francia riflette sull’orrore, il nome di Gisèle Pelicot diventa sinonimo di coraggio e resistenza. Il suo esempio rappresenta non solo la denuncia di un sistema patriarcale complice, ma anche una chiamata collettiva all’azione.