Afghanistan, stop alle immagini degli esseri viventi sui media: un altro colpo alla libertà di stampa
- 18/10/2024
- Mondo
Di peggio in peggio. Nell’Afghanistan dei talebani i media non potranno più pubblicare immagini di esseri viventi, compresi gli animali. Back to the future, potremmo dire, ovvero si ritorna al 1996 con una restrizione che proietta ulteriormente il Paese in un mondo cupo privo delle libertà più elementari.
Il nuovo provvedimento, che segue altri che hanno ristretto i diritti in primis delle donne ma che in generale stanno ripristinando una società basata su proibizioni e paura, è stato annunciato dal portavoce del Ministero per la Promozione delle Virtù e la Prevenzione del Vizio, Saiful Islam Khyber.
Secondo quanto detto, il divieto “si applica in tutto l’Afghanistan e verrà implementato gradualmente”. E dovranno essere le autorità talebane a “convincere i cittadini” che pubblicare immagini di esseri viventi è contrario all’Islam e dunque deve essere evitato. Il portavoce ha poi aggiunto che “non c’è posto per la coercizione nell’implementazione della legge”. Ma la precisazione rassicura poco.
Un’interpretazione particolarmente radicale della Sharia
Questo nuovo divieto si riallaccia a quello previsto durante il primo periodo in cui i talebani sono stati al potere nel Paese (1996-2001) – durante il quale si è arrivati a cancellare gli occhi dei pesci dai menù dei ristoranti. E affonda le radici in un principio islamico secondo cui è vietato rappresentare Dio e per estensione qualsiasi essere vivente, altrimenti si incorre nel peccato di idolatria. E trova giustificazione anche nel concetto secondo cui la raffigurazione degli esseri viventi sostituisce il potere creativo che spetta solo a Dio. Non a caso l’arte islamica raramente prevede delle immagini, ma va anche detto che nel Corano non c’è un divieto esplicito in tal senso, e soprattutto estendere la proibizione ai media è un’interpretazione particolarmente radicale della Sharia.
Questa visione ristretta ha già avuto applicazione. E’ impossibile non ricordare nel 2001 la distruzione delle due gigantesche statue del Buddha scolpite in una parete rocciosa della Valle di Bamiyan. Un fattaccio descritto dal fotografo Steve McCurry, come ripreso nel libro ‘Il mondo di Steve McCurry’ di Gianni Riotta, così: “La vallata era dominata da una sensazione di vuoto, di vertigine, scomparsa la magia che emanava dall’alto. I due Buddha che avevano protetto per secoli il panorama erano stati cancellati, guardavi le due vuote caverne con angoscia”.
Ma tornando all’oggi, le conseguenze non sono solo la distruzione del patrimonio culturale e il senso di vuoto e perdita.
Un altro laccio alla stampa
Il risultato di questo nuovo divieto sarà quello di rendere ancora più complicato per i giornalisti e i media raccontare l’Afghanistan, cosa che ovviamente ai talebani va benissimo. E questo nonostante abbiano assicurato che i giornalisti potranno continuare a fare il proprio lavoro, secondo quanto riporta Afp.
Il provvedimento, infatti, fa parte della nuova legge sui media che vieta alle emittenti anche di deridere o umiliare l’Islam o contraddire la Sharia. Prevede inoltre che le persone evitino di guardare immagini di esseri viventi sugli smartphone o su altri dispositivi, ma va notato amaramente che i funzionari talebani almeno al momento stanno continuando a pubblicare regolarmente foto di persone sui propri account social.
“Finora, per quanto riguarda gli articoli della legge relativi ai media, ci sono sforzi in corso in molte province per implementarla, ma non è iniziata ovunque”, ha sottolineato il portavoce del Minostero, spiegando che “i lavori sono iniziati” nella storica roccaforte del movimento, Kandahar, e nella vicina provincia di Helmand.
Diversi giornalisti di Kandahar hanno riferito di non aver ricevuto alcuna comunicazione né di essere stati fermati dalla ‘polizia morale’ per aver scattato foto e video. Domenica invece nella provincia centrale di Ghazni funzionari del Ministero per la Promozione della virtù e la Prevenzione del vizio hanno convocato i giornalisti locali annunciando loro l’inizio dell’attuazione della legge in modo graduale, consigliando ai fotoreporter di scattare foto da più lontano e di filmare meno eventi “per prendere l’abitudine”.
Quando gli studenti coranici hanno ripreso il controllo del Paese, l’Afghanistan contava 8.400 lavoratori nei media. Oggi sono solo 5.100, tra cui 560 donne (tra grosse limitazioni), molti giornali sono stati chiusi e l’Afghanistan è scivolato dal 122mo al 178mo posto su 180 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere.
Donne invisibilizzate e ammutolite
E non è finita qua: la nuova legge sui media è composta, secondo quanto riportato da Associated Press che ha potuto visionarla, da 114 pagine e 35 articoli su molti e variegati aspetti della vita quotidiana come i trasporti pubblici, la musica e le celebrazioni.
Aspettiamoci dunque ulteriori proibizioni, che andranno a sommarsi a tutte le limitazioni imposte anche con la forza dai talebani da quando sono tornati al potere nell’agosto 2021.
Soggetti preferiti: le donne, alle quali negli ultimi tre anni è stato vietato di apparire in pubblico da sole, di viaggiare per più di 72 chilometri senza un accompagnatore maschio, di parlare, salutare, cantare in pubblico perché la loro voce è una cosa ‘intima’, di leggere testi sacri fuori dalla propria abitazione. Ancora: non possono andare dal parrucchiere o nei centri estetici, sopra i 12 anni non possono più studiare, e tanto meno è consentito loro lavorare. Nelle poche occasioni in cui, mute e accompagnate da un uomo di famiglia, possono ancora mettere piede fuori di casa devono coprirsi completamente con un burqa o un’abaya con niqāb, lasciando scoperti, sebbene velati, solo gli occhi. E se per caso riuscissero a commettere adulterio, i talebani per loro hanno ripristinano la lapidazione.
Una situazione che ha condotto la Corte di giustizia europea (Cgue) ad emettere nei giorni scorsi una sentenza secondo cui le donne afghane hanno diritto di asilo negli Stati membri dell’Unione europea senza bisogno di accertamenti o controlli, perché ai loro danni, nel Paese, si verificano veri e propri atti di persecuzione.
Nemmeno gli uomini ridono
Se le donne vivono una situazione drammatica, nemmeno gli uomini ridono: secondo i dati della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), dal 2021 al 2022 nel Paese sono stati frustati pubblicamente almeno 307 uomini, 80 donne e 4 bambini (da 30 a 100 colpi) e due persone sono state lapidate. Le loro colpe? Adulterio, fuga da casa, omosessualità, consumo di alcol, frode e traffico di droga.
Nel 2022 nella capitale Kabul molti uomini sono stati percossi per essersi tagliati troppo la barba, per non essere andati in moschea il venerdì o per aver ascoltato musica in automobile. Esiste infatti il divieto della riproduzione musicale.
Questa la situazione. Intanto, mentre i talebani pensano a cos’altro è vietato dalla legge coranica, il Paese sprofonda (anche) in una gravissima crisi umanitaria.
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