Il 17% della GenZ si identifica come Lgbtq+
È arrivato il mese del Pride e come ogni anno porta con sé polemiche e discussioni. E mentre l’Italia si colora di arcobaleno nei prossimi giorni, in altri Paesi o per alcune generazioni i diritti Lgbtq+ sono ancora un problema. Un dato significativo è che la Generazione Z è la più propensa a identificarsi nella comunità Lgbtq+. Questo è quanto è emerso in un’indagine Ipsos in vista del Pride Month 2024, secondo la quale il 17% dei giovani in media nei 26 Paesi analizzati si identifica nella comunità. Questo dato si scontra con l’11% dei Millennials, il 6% della Generazione X e il 5% dei Baby Boomers.
L’incremento delle identificazioni Lgbtq+ è soggetto, quindi, a divari di genere, generazionali e geografici su una serie di questioni specifiche. Scopriamole insieme.
Month Pride 2024: a che punto siamo?
Il mese di giugno è il Month Pride: trenta giorni dedicati alla comunità Lgbtq+ e a chi la sostiene e ne tutela il diritti e si celebra in tutto il mondo con eventi specifici e dedicati. Nonostante le bandiere multicolore invaderanno le città italiane, europee in molti altri Paesi, non vuol dire che la lotta alla parità dei diritti per la comunità sia stata vinta. Lo spiega chiaramente l’indagine Ipsos, secondo la quale, il sostegno alle unioni omosessuali varia ancora notevolmente da Paese a Pese. Ne è un esempio il confronto tra la Svezia, con l’86% dei cittadini che si dichiara a favore contro il 37% della Turchia.
Dal report, inoltre, è emerso che sono le donne, della GenZ nello specifico, quelle più propense rispetto ai coetanei maschi a sostenere diversi diritti e protezioni per le persone Lgbtq+. Il 65% delle donne GenZ, ad esempio, concorsa sul fatto le che coppie dello stesso sesso debbano potersi sposare legalmente. Per i maschi della stessa generazione, il bilancio si ferma al 45%.
Meno di una persona su due – continua l’indagine – sostiene le aziende e brand che promuovono attivamente l’uguaglianza per le persone Lgtq+. Il sostegno è sceso di cinque punti percentuali al 44% dal 2021, mentre il 19% si oppone ora a questa mossa di marketing.
Preoccupazione per le discriminazioni
C’è una preoccupazione diffusa per le discriminazioni subite dalle persone transgender. Una media globale del 66% afferma che le persone transgender sono molto/abbastanza discriminate nella società di oggi. Il 72% afferma che le persone transgender dovrebbero essere protette da discriminazioni in materia di occupazione, alloggio e socialità.
Come osserva l’Ipsos Generations Report 2024, la GenZ è probabilmente la prima generazione veramente globale e quindi, anche nei Paesi conservatori, ha opinioni più aperte sui temi della sessualità e del genere.
Questo significativo cambiamento della società si riflette in molti dei sondaggi globali, secondo i quali la GenZ è la generazione più propensa a identificarsi come parte della comunità Lgbtq+, seguita dai Millennials con l’11%: “Resta da vedere se le generazioni più giovani continueranno a identificarsi come Lgbtq+ con l’avanzare dell’età e con l’instaurarsi di relazioni sentimentali a lungo termine”, scrivono i ricercatori.
Divisione all’interno della GenZ
Il confronto tra uomini e donne della GenZ è di quanto più significativo. Indagini angloamericane hanno già dimostrato in passato che le divergenze di opinioni conducono lentamente maschi e femmine verso direzioni opposte sulle definizioni di maschilismo, femminismo e gender gap. Mentre i giovani maschi si dimostrano più conservatori su una serie di tematiche, le donne hanno manifestato un’apertura maggiore e lo stesso vale quando si parla di diritti per la comunità Lgbtq+. Ad esempio, le donne della Generazione Z tendono ad appoggiare maggiormente le aziende e i marchi che si impegnano attivamente per l’uguaglianza delle persone LGBT+, con una percentuale del 58%, rispetto al 37% degli uomini della stessa generazione.
Questo divario di opinione si riscontra anche riguardo alla presenza di più personaggi Lgbtq+ in televisione, cinema e pubblicità, con il 51% delle donne della Generazione Z che lo approva, rispetto al 33% degli uomini.
La discordanza tra i sessi si estende anche ad altre questioni relative ai diritti, come l’importanza di leggi che proibiscano la discriminazione basata sull’orientamento sessuale nell’occupazione, nell’educazione, nell’alloggio e nei servizi sociali. Infine, è importante notare che questo divario di genere tra i membri della Generazione Z non è limitato alle questioni LGBT+, ma si riflette anche in altre questioni sociali, come evidenziato dal recente Ipsos Equalities Index 2024.
Le questioni transgender sono divisive
Una forte maggioranza (71% in 23 Paesi, -3% dal 2021) concorda sul fatto che le coppie omosessuali dovrebbero essere autorizzate a sposarsi e/o legalizzare la loro relazione. In Italia il 77% è favorevole a una qualche forma di riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso; nello specifico il 58% è favorevole al matrimonio egualitario e il 19% al riconoscimento legale, mentre i contrari sono il 10%.
Anche il sostegno verso le adozioni varia tra i diversi Paesi oggetto dell’indagine, con l’82% della Thailandia a favore e il 29% della Turchia contrario. In Italia, la maggioranza assoluta (il 66%) è favorevole alle adozioni per le coppie omosessuali, mentre il 30% è contrario.
Se negli ultimi anni una maggiore apertura dei confronti del matrimonio egualitario è evidente, al contrario c’è una preoccupazione diffusa per le discriminazioni subite dalle persone transgender. Una media globale del 66% afferma che le persone transgender sono molto discriminate nella società attuale. Il 72% sostiene che dovrebbero essere protette da discriminazioni sul lavoro, nell’alloggio e nella socialità. Nonostante queste posizioni di sostegno nei confronti di maggiori protezioni, solo la metà (51% in media nei 26 Paesi) è attualmente d’accordo sul fatto che le persone transgender dovrebbero essere autorizzate ad utilizzare bagni o spogliatoi che corrispondono al genere con cui si identificano, mentre uno su tre (34%) si oppone.
Sempre la metà (50%) è d’accordo che i documenti rilasciati dal governo, come i passaporti, debbano includere un’opzione diversa da “maschio” e “femmina” per le persone che non si identificano in nessuno dei due generi, mentre il 36% è contrario.
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