Parlamento italiano, il più vecchio dal 1968
- 24/11/2023
- Giovani
Il ricambio generazione è richiesto anche a chi ci rappresenta? Apparentemente no, in quanto, ad essere eletti sono politici con un’età che, alla fine di questa legislatura, vedrà la maggior parte degli attori coinvolti avere un’età superiore a quella di 50 anni. Non è detto che ciò sia un bene se consideriamo la spaccatura sociale che si sta creando tra le nuove generazioni rispetto a quelle precedenti che, come in ogni epoca, si scontrano e incontrano in punti differenziati del vivere comune.
A riportare tale fatto è YouTrend che ha analizzato ed elaborato i dati relativi ai protagonisti in Senato e in Camera dei deputati constatando che, dopo due legislature con un parlamento molto giovane nella XIX legislatura, nell’attuale, si è verificata un’inversione di tendenza.
“Le elezioni del 25 settembre 2022 – scrive la piattaforma su X-Twitter – hanno infatti portato ad avere camere con una percentuale inferiore di giovani rispetto a quanto avvenuto dopo le ultime due elezioni, forse anche per effetto del taglio del numero di parlamentari. Al primo gennaio 2023 i parlamentari con almeno 70 anni erano il 4,8% del totale e quelli fra i 60 e i 69 anni il 17,2%. Con questi dati, e se non ci fossero ulteriori variazioni nella composizione del parlamento, oltre a quelle già avvenute, alla fine di questa legislatura avremmo il parlamento con la più alta % di over-70 (9,4%) dal 1968. Inoltre, a fine legislatura i parlamentari con più di 60 anni sarebbero più di quelli con meno di 50 anni”.
Ricambio generazionale: problema in ogni settore
L’organo parlamentare, chiamato a rappresentare gli italiani, lo fa “sul serio”. Non è un caso, infatti, che per ogni 143 senior ci siano 100 junior. Il quadro del collocamento, tuttavia, non è così negativo: se consideriamo il tasso di occupazione giovanile della fascia 15-24 anni, scopriamo che in Italia è aumentato del 13% nel 2022 rispetto al 2021 e del 5% per la fascia 25-34 anni. Secondo quanto riportato da ilSole24ore, infatti, i settori dei servizi, del terziario avanzato, profit e non profit, sono gli ambiti in cui a livello nazionale i nuovi lavoratori troveranno maggiori opportunità di impiego: la trasformazione digitale in corso, sia nel settore privato che in quello pubblico, favorirà la creazione di professioni altamente specializzate. È, anche, quanto emerge dai dati Istat. Ma vale anche per la politica?
Giovani e rappresentanza
I giovani si sentono poco rappresentati dai politici. ‘Il rapporto tra giovani e politica’ realizzato dall’Istituto di ricerca Mg Research per L’Espresso su 500 ragazzi di età compresa tra i 16 e i 26 anni, ha evidenziato la sfiducia nel meccanismo elettivo. Non si fidano, in sostanza, di chi si candida e quindi della politica attuale. Il sentiment è quello di istituzioni lontane dai bisogni reali: i partiti non sono più attrattivi e la loro forma tradizionale rischia di creare una vera spaccatura. Il 60% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di non sentirsi rappresentato dai partiti presenti oggi in Parlamento.
Questione di fiducia?
Il calo generalizzato della fiducia nella politica è evidente, in primis, dal numero di persone che si dirigono alle urne ad esprimere la propria libertà di voto, 63,91% alle ultime elezioni, mai così basso prima. Per non parlare delle tornate di referendum che non hanno raggiunto neanche il 30% di affluenza alle ultime votazioni alle urne. In sintesi, chi va a votare è solo una percentuale ridotta di italiani e sceglie, spesso, senza conoscere in modo approfondito i programmi partitici o la storia del leader di turno. L’età, si potrebbe pensare, rappresenti una maggior esperienza in campo politico, cosa che però, fa i conti con passione e preparazione.
La sfida della denatalità
Paese per vecchi e, quindi, anche il Parlamento ne è la sintesi. Secondo l’Istat, ci sono 187 anziani per 100 giovani e l’indice di vecchiaia è salito di cinque punti percentuali: sono vent’anni che la tendenza è in crescita. E si tratta anche di una questione di denatalità. Lo evidenzia il Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’Ufficio di Statistica del ministero della Salute. Nel Rapporto sono presentate le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di assistenza al parto (Cedap) dell’anno 2022.
Negli ultimi dieci anni, in Italia, si è assistito ad un crollo demografico costante. La Nazione è passata da 500mila nati all’anno, al record negativo di 390mila nascite nel 2022, a fronte di 700mila decessi. Passeremo, quindi, da 59 milioni di abitanti a 48 milioni, ponendo il tema della denatalità al centro delle sfide dei governi, attuale e futuri.
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