L’inquinamento aumenta il rischio nei disturbi psichiatrici in preadolescenza
- 22/07/2024
- Giovani
L’inquinamento atmosferico danneggia le capacità cognitive dei ragazzi e dei bambini. Lo riporta uno studio della Wayne State University di Detroit e del Cincinnati Children’s Hospital che ha evidenziato il problema a pochi giorni dalla Giornata Mondiale del Cervello che si celebra oggi, 22 luglio.
Lo studio ha preso in analisi 10mila bambini tra i 9 e i 12 anni. Ecco cos’è emerso.
Lo studio
I ricercatori, diretti dalla neuroscienziata comportamentale Clara Zundel, hanno scoperto come l’esposizione alle polveri sottili e al Particolato con diametro inferiore a 2,5 micron (Pm2,5) possa provocare alternazioni alle connessioni cerebrali. In altre parole, esporsi allo smog, soprattutto per alcune fasce d’età in cui il proprio corpo è in sviluppo costante, può essere pericoloso. Pubblicato sulla rivista Brain Connectivity, la ricerca misura le conseguenze del fenomeno che vanno dai disturbi dell’attenzione a più gravi problemi mentali.
L’esposizione al Pm2,5 è stato appurato essere responsabile di problemi respiratori come l’asma, ad esempio. Ma nello specifico, si aggiunge agli inquinanti e microplastiche che quotidianamente alimentano malattie nel corpo umano e che nei più piccoli può essere ancora più pericoloso.
“Studi epidemiologici recenti collegano l’esposizione all’inquinamento atmosferico a un rischio elevato di disturbi psichiatrici – scrivono i ricercatori -. Inoltre, l’inquinamento atmosferico da particolato può avere un impatto sul sistema nervoso centrale; bambini e adolescenti possono essere più vulnerabili degli adulti a causa dello sviluppo cerebrale in corso. Tuttavia, i meccanismi neuroevolutivi devono ancora essere identificati. I risultati di questo studio indicano che la connettività funzionale a riposo all’interno e tra la rete Dmn, e le reti di attenzione anticorrelate, è influenzata dall’esposizione al particolato durante l’infanzia. La Dmn è implicata in vari disturbi neuropsichiatrici e può, pertanto, essere un obiettivo di studio promettente per mitigare gli effetti negativi sulla salute mentale dell’inquinamento atmosferico”.
Per ‘rete Dmn’ si intende il “default mode network”, una rete neuronale implicata in alcuni tra i più noti disturbi neuropsichiatrici come ansia, deficit dell’attenzione, depressione. La rete si “spegne” quando siamo impegnati in attività cognitive complesse e si “accende” quando siamo coscienti ma a riposo.
Inquinamento e conseguenze
Ciò che è stato riscontrato, in sintesi, è che l’esposizione da Pm2,5, per un determinato periodo di tempo, è impattante sull’organizzazione funzionale intrinseca del cervello (rsFC): maggiore era l’esposizione al particolato inquinante, più alterazioni si registreranno a livello rsFC nel tempo.
“Il presente studio – aggiungono i ricercatori – ha dimostrato un legame tra elevate concentrazioni di Pm2,5 e interruzioni nello sviluppo delle reti neurocognitive di base durante la prima adolescenza. Le implicazioni per la salute mentale stanno diventando sempre più evidenti, dal momento che si prevede un piccolo ma importante aumento delle concentrazioni di Pm2,5 in tutto il Nord America nei prossimi 25 anni a causa dei cambiamenti climatici”.
E concludono: “Questi risultati supportano la revisione delle linee guida sul Pm2,5 e sottolineano l’urgente necessità di valutare in modo esaustivo le conseguenze sul neurosviluppo e sulla salute delle esposizioni a Pm di livello inferiore. Sono necessarie ulteriori indagini per chiarire i meccanismi neurobiologici sottostanti (per esempio infiammazione e reazioni immunitarie) responsabili di questi effetti associati all’inquinamento atmosferico, per sviluppare metodi di prevenzione primaria e secondaria”.
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