Lavoro minorile, è record in Italia: oltre 80mila under 18 nel 2024
- 12 Giugno 2025
- Giovani
In Italia, nel 2024, il numero di lavoratori minorenni tra i 15 e i 17 anni ha superato quota 80mila. Per l’esattezza: 80.991. È il dato più alto degli ultimi anni. Un record che arriva a confermare una tendenza ormai evidente: il lavoro minorile non è in calo, è in crescita costante. Nel 2021 erano poco più di 51mila. Nel 2022 sono diventati quasi 70mila. Nel 2023 si sono avvicinati agli 80mila. Quest’anno, hanno superato la soglia.
Il dato arriva dal terzo rapporto statistico “Lavoro minorile in Italia” presentato da Unicef Italia. Non si tratta di stime su lavoro sommerso o irregolare. Sono numeri ufficiali, basati sulle posizioni attive registrate presso l’Inps. Significa che almeno 80mila adolescenti lavorano con contratti riconosciuti: dipendenti (esclusi agricoli e domestici), operai agricoli, collaboratori e giovani professionisti nella gestione separata.
I numeri crescono anche dove ci si aspetterebbe meno. In Trentino-Alto Adige, il 21,6% dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni lavora. In Valle d’Aosta sono il 15,3%. L’Abruzzo segue con l’8,4%, poi arrivano le Marche, la Puglia e la Sardegna, tutte sopra il 6%. La distribuzione è ampia: Nord, Centro e Sud. Non c’è un’unica causa né un unico territorio.
Guardando anche ai 15-19enni, il fenomeno risulta ancora più esteso. Nel 2023, i lavoratori 15-19enni erano 415.495. Due anni prima, erano 310.400. Un aumento del 35% in un quinquennio. La suddivisione è netta: 258mila maschi, 157mila femmine. Il lavoro precoce, in Italia, non è un fenomeno residuale. È stabile. E in espansione.
Secondo l’Unicef, questo dato entra in rotta di collisione con quanto previsto dall’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia: ogni ragazzo e ragazza ha diritto ad essere protetto dallo sfruttamento economico e da ogni forma di lavoro che ostacoli la salute, l’educazione o lo sviluppo. Ma in Italia, questo diritto oggi è solo parziale.
Crescono anche gli infortuni
La crescita dei numeri non si ferma al fronte occupazionale. Anche gli infortuni seguono lo stesso andamento. E lo fanno con percentuali ancora più nette. Nel 2020, le denunce di infortunio tra i 15 e i 17 anni erano 5.816. Nel 2023, sono salite a 18.825. Tre volte tanto, in appena tre anni. Nessun altro indicatore, nel mondo del lavoro, registra un’impennata di questo tipo.
Nel 2021 le denunce erano già quasi raddoppiate, a quota 9.859. Poi sono passate a 17.681 nel 2022. E ancora su, l’anno successivo. Si parla di incidenti reali, denunciati all’Inail. Di questi, sei hanno avuto esito mortale nel quinquennio 2019-2023, nella sola fascia 15-17 anni.
Se si considerano anche i lavoratori fino ai 19 anni, gli infortuni totali diventano 126.495 nello stesso periodo. A questi si aggiungono oltre 200mila denunce riguardanti minori di 14 anni, che teoricamente non dovrebbero trovarsi in alcun contesto lavorativo. Totale: 330.864 denunce in cinque anni per under 19.
Gli infortuni mortali, nel complesso, sono 84: undici sotto i 14 anni, settantatré nella fascia 15-19. Più della metà di questi decessi si concentra in sei regioni: Veneto, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Calabria.
Le regioni con la maggiore incidenza di infortuni nella fascia 15-17 anni sono Lombardia (20,89% del totale nazionale), Veneto (12,06%), Emilia-Romagna (10,99%), Piemonte (8,91%) e Trentino-Alto Adige (6,81%). Insieme coprono il 60% circa di tutte le denunce. In parte, questi numeri riflettono la maggiore presenza di minori al lavoro. In parte, una maggiore tracciabilità. Ma il risultato è lo stesso: il rischio è alto, e lo è ovunque.
Infortuni anche a scuola
Nel 2024, sono state 77.883 le denunce di infortunio presentate da studenti. Un numero in aumento rispetto al 2023 (+10,9%) e al 2022 (+22,9%). L’incremento è legato all’estensione della tutela Inail, attiva da settembre 2023, che ha incluso anche gli studenti delle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado.
Ma il dato in sé mostra un’altra cosa: che anche il contesto scolastico, sempre più spesso, si sovrappone a quello lavorativo. Tra tirocini, stage, laboratori tecnici e percorsi Pcto, migliaia di studenti svolgono regolarmente attività che rientrano nel perimetro assicurativo degli ambienti di lavoro.
Nel 2022, le denunce erano 63.340. Nel 2021 erano appena 40.025. Nel 2019 – prima della pandemia – si era arrivati a 78.877. Il calo del biennio 2020-2021 era stato temporaneo. Con la ripresa, anche i rischi sono tornati a salire.
Unicef rileva che, a partire dal 2023, è stato possibile per la prima volta monitorare sistematicamente gli infortuni accaduti in ambito scolastico, anche nel tragitto casa-scuola, inclusi quelli con esito mortale. Il risultato è un quadro più preciso. Ma anche più critico.
Cosa prevede la legge
Oggi, 12 giugno, ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. In Italia, la normativa vigente definisce in modo preciso i limiti entro cui è possibile l’impiego di adolescenti. L’età minima per lavorare è fissata a 16 anni, subordinata all’assolvimento dell’obbligo scolastico. Al di sotto di questa soglia, il lavoro è vietato. Tra i 16 e i 18 anni, l’attività lavorativa è consentita solo a condizioni specifiche: contratti regolari, orario massimo di 8 ore giornaliere e 40 settimanali, divieto di lavoro notturno, esclusione da mansioni pericolose o dannose per la salute.
Il quadro normativo è regolato principalmente dal Decreto legislativo n. 345/1999 (recepimento della direttiva 94/33/Ce), dalla legge n. 977/1967 sulla tutela del lavoro minorile e dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008). La normativa impone al datore di lavoro obblighi specifici: valutazione dei rischi connessi all’età del minore, informazione e formazione adeguata, sorveglianza sanitaria e vigilanza rafforzata.
L’Italia ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che all’articolo 32 stabilisce il diritto dei minori ad essere protetti dallo sfruttamento economico e da qualsiasi lavoro che possa compromettere istruzione, salute e sviluppo.
Dal 2023, è stata estesa la tutela Inail a tutti gli studenti, indipendentemente dal tipo di scuola frequentata, per gli infortuni verificatisi sia all’interno dell’istituto sia durante il tragitto casa-scuola. La copertura include anche i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto), introdotti dalla legge 107/2015, che coinvolgono ogni anno migliaia di studenti tra i 15 e i 19 anni in attività esterne, spesso assimilabili per contenuto e rischio a veri e propri contesti lavorativi.
Le sanzioni previste in caso di impiego irregolare di minori possono arrivare fino a 6.000 euro per ciascun lavoratore, con possibilità di sospensione dell’attività e responsabilità penale nei casi più gravi (art. 603-bis del codice penale sullo sfruttamento lavorativo).
Nonostante il quadro normativo sia dettagliato, l’applicazione è frammentaria. Non esiste un piano nazionale organico aggiornato contro il lavoro minorile. I controlli sono affidati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ma la frequenza delle ispezioni, la distribuzione territoriale e l’assenza di una banca dati centralizzata rendono l’intervento limitato. La normativa è chiara. La capacità di farla rispettare, molto meno.