Dalla fabbrica alla scuola: la lunga strada per eliminare il lavoro minorile
- 12/06/2024
- Giovani
Ogni anno, il 12 giugno, il mondo si ferma per riflettere su una delle piaghe sociali più profonde e persistenti: il lavoro minorile. La Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, istituita dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) nel 2002, rappresenta un’occasione fondamentale per accendere i riflettori su questa problematica e per coordinare gli sforzi globali volti alla sua eliminazione. Quest’anno, la giornata è dedicata al lavoro domestico, una delle forme più invisibili e pervasive di sfruttamento minorile.
I numeri del lavoro minorile
Il lavoro minorile è un fenomeno globale che continua a rappresentare una seria preoccupazione, nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni. Secondo le ultime rilevazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e di Unicef nel mondo ci sono 160 milioni di bambini e adolescenti tra i 5 e i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile. Quasi la metà di questi, circa 79 milioni, sono impegnati in lavori pericolosi che mettono a rischio la loro salute, sicurezza e sviluppo psicofisico.
La maggior parte di questi bambini, circa il 70%, lavora nel settore agricolo, spesso in condizioni estremamente difficili e con scarsa protezione legale. L’Asia e il Pacifico e l’Africa sub-sahariana sono le regioni con il maggior numero di lavoratori minorili, mentre l’incidenza più alta si riscontra in Africa sub-sahariana, dove uno su cinque bambini è coinvolto nel lavoro minorile. Questi numeri sono allarmanti, soprattutto se consideriamo che il lavoro minorile è in aumento in molte aree del mondo, complice la povertà, i conflitti armati e le crisi economiche, inclusa quella scaturita dalla pandemia di Covid-19. La pandemia di COVID-19 ha, infatti, aggravato ulteriormente la situazione, spingendo molte famiglie in condizioni di povertà estrema e aumentando il rischio che i bambini siano costretti a lavorare per contribuire al sostentamento familiare. In sintesi, quasi 1 bambino su 10 è privato della sua infanzia per essere sfruttato nel mondo del lavoro.
Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030
L’eliminazione del lavoro minorile è strettamente legata all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che con l’obiettivo 8.7 si prefigge di porre fine a tutte le forme di lavoro minorile entro il 2025. Questo traguardo richiede un’azione concertata a livello globale, coinvolgendo governi, organizzazioni internazionali, aziende, società civile e singoli individui. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi decenni, la strada da percorrere è ancora lunga e accidentata.
Il lavoro minorile in Italia
In Italia, il fenomeno del lavoro minorile è meno visibile rispetto a molte altre parti del mondo, ma è comunque presente e preoccupante. Quasi 1 minore su 15 tra i 7 e i 15 anni ha avuto esperienza di lavoro minorile. Il numero dei minori in povertà assoluta ha raggiunto la cifra di 1 milione e 382 mila, rappresentando il 12,1% delle famiglie con minori. La povertà è uno dei principali fattori che spinge i bambini verso il lavoro precoce, spesso in condizioni pericolose e senza tutele adeguate.
Il rapporto Unicef
Il Rapporto Unicef “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”, offre una panoramica dettagliata e preoccupante sulla condizione dei lavoratori minorenni nel nostro paese. Secondo il documento, nel 2023 il numero di lavoratori minorenni tra i 15 e i 17 anni ha raggiunto quota 78.530, un incremento rispetto ai 69.601 del 2022 e ai 51.845 del 2021. Se si estende l’analisi alla fascia di età fino ai 19 anni, i lavoratori erano 376.814 nel 2022, un aumento significativo rispetto ai 310.400 dell’anno precedente. Questo incremento non riguarda solo il periodo post-pandemia, ma rappresenta un trend crescente rispetto agli anni precedenti, evidenziando un problema in costante aggravamento.
Le regioni italiane con la percentuale più alta di minorenni occupati sono Trentino-Alto Adige, Valle D’Aosta, Abruzzo e Marche. In queste regioni, la percentuale di minorenni lavoratori è significativamente superiore alla media nazionale del 4,5%, con il Trentino-Alto Adige che registra il 21,7% di occupazione tra i 15-17enni.
Questi numeri non solo evidenziano una crescita costante nel numero di minori impiegati, ma rivelano anche un quadro allarmante in termini di sicurezza sul lavoro: tra il 2018 e il 2022, le denunce di infortunio per i minori di 19 anni sono state 338.323, di cui 83 con esito mortale. Il rapporto mette in luce una disparità di genere nei redditi settimanali, con i ragazzi che guadagnano mediamente di più rispetto alle ragazze. La maggior parte di questi incidenti si verifica nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, che insieme rappresentano quasi il 60% delle denunce a livello nazionale. Inoltre, esiste un significativo divario di genere nei salari, con i ragazzi che guadagnano mediamente più delle ragazze: nel 2022, il reddito settimanale medio per i maschi era di 320 euro contro i 259 euro per le femmine.
Il ruolo delle istituzioni
“Nessun bambino dovrebbe essere privato della sua infanzia per essere sfruttato nel mondo del lavoro”, afferma il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile. “L’articolo 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza riconosce il diritto di ciascun bambino ad essere protetto dallo sfruttamento economico e da qualsiasi lavoro pericoloso”, sottolinea con vigore. La sua voce autorevole e impegnata richiama l’attenzione sulla necessità di un impegno collettivo per garantire un futuro dignitoso ai bambini, liberi da ogni forma di sfruttamento. “Le guerre e la povertà strappano le bambine e i bambini alla vita, obbligandoli ad abbandonare la scuola per forme di lavoro ignobili, molto spesso illegali e clandestine”, denuncia con veemenza. Mattarella pone l’accento sull’importanza di proteggere i diritti dei minori e di creare un ambiente in cui possano crescere sani, istruiti e liberi
Le sue parole risuonano come un richiamo all’azione, un invito a unire gli sforzi di governi, organizzazioni, imprese e individui per eliminare il lavoro minorile e costruire un futuro migliore per le generazioni future. Mattarella ha, poi, lodato le iniziative europee volte a responsabilizzare le imprese lungo tutta la catena del valore e a vietare la commercializzazione di beni realizzati con il lavoro forzato, in particolare quello minorile.
Le iniziative internazionali
La lotta al lavoro minorile richiede un approccio globale. In Bangladesh, ad esempio, il lavoro minorile è una realtà endemica con oltre 1,7 milioni di bambini lavoratori. Organizzazioni come ActionAid lavorano instancabilmente per offrire soluzioni concrete, come le ‘happy home’, case sicure per bambine e ragazze in situazioni di estrema fragilità. Attraverso queste iniziative, ActionAid fornisce protezione, educazione e speranza per un futuro migliore a migliaia di bambini.
Le Storie di Jui e Noor
Nel vasto panorama della lotta contro il lavoro minorile, emergono storie di coraggio e resilienza che ci ricordano la complessità di questa piaga sociale e l’importanza di un impegno congiunto per porvi fine. Tra queste storie, quelle di Jui e Noor, due giovani protagonisti provenienti dal Bangladesh, illuminano la realtà cruda e spesso misconosciuta di milioni di bambini in tutto il mondo.
Jui, una ragazza determinata dal sorriso timido, porta con sé il peso di una realtà familiare difficile. Ha dovuto abbandonare i suoi sogni di diventare medico per aiutare la sua famiglia a far fronte ai debiti. Con solo 12 anni, le sue piccole mani lavorano senza sosta nelle fabbriche di abbigliamento di Dacca, la capitale del Bangladesh. I suoi turni giornalieri, lunghi e faticosi, non le lasciano spazio per l’istruzione o per giocare come faceva una volta. Ma nonostante le sfide, Jui mantiene viva la speranza di un futuro migliore. “Se potessi avere un desiderio, sarebbe diventare medico”, rivela con occhi pieni di determinazione. “Anche se il mio sogno non si è realizzato, lavoro per aiutare mia sorella a crescere e diventare lei un medico”.
Noor, dall’altro lato, ha trovato rifugio e speranza nelle “case felici” create da organizzazioni come ActionAid. Questi spazi sicuri e protetti rappresentano un’oasi di pace per Noor e altri bambini che hanno conosciuto il dolore e la durezza della vita troppo presto. Da quando è entrata in queste case, la sua vita ha preso una svolta positiva. Ha ripreso gli studi e i suoi occhi brillano di nuovo di speranza per un futuro diverso. “Prima di stare qui, ero costretta a lavorare come domestica e avevo smesso di studiare”, racconta Noor con gratitudine. “Qui posso mangiare regolarmente e vado a scuola. Se non fossi venuta qui, avrei probabilmente dovuto lavorare in una fabbrica per sempre”.
Le storie di Jui e Noor sono solo due tra i milioni di bambini che affrontano quotidianamente le sfide del lavoro minorile. Tuttavia, sono anche simboli di speranza e resilienza, dimostrando che anche nelle situazioni più difficili, c’è spazio per il cambiamento e la trasformazione.
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