I giovani si fidano più dell’Unione europea che dei partiti politici italiani
- 25/06/2024
- Giovani
I giovani non si disinteressano alla politica così tanto come si potrebbe credere ed esiste una domanda di partecipazione, di ricerca continua di spazi e di nuove modalità di espressione. Questo è quanto è emerso dall’indagine condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo che ha analizzato la fiducia dei giovani verso le istituzioni e quanto si sentano coinvolti nei processi decisionali politici.
Solo il 31,6% ha fiducia nei partiti a oltre il 55% per il Presidente della Repubblica, ma per le istituzioni non politiche si arriva anche oltre il 60% come per la scuola, gli ospedali e il volontariato, fino al 74% per la ricerca scientifica. La fiducia nei confronti dell’Unione europea è al 54,5%, confermando in sostanza il livello pre-elezioni europee del 2019 (quando era al 54,2%). Vediamo nel dettaglio cos’è emerso.
La disillusione dei giovani
Il male maggiore è considerato il fatto che “ognuno pensa per sé e i cittadini non si occupano davvero del bene comune”. C’è anzi, secondo i giovani, una tendenza dell’attuale politica a polarizzare il dibattito pubblico, a tenere distanti le posizioni per logiche di parte anziché cercare punti di sintesi.
A far ben sperare sono quei quasi 3 giovani su 4 che, seppur considerato difficile, credono ancora che sia possibile impegnarsi in prima persona per far funzionare meglio il Paese. Ancor più elevata è la percentuale di coloro che affermano che, se la politica italiana offrisse vero spazio di partecipazione per i giovani questo migliorerebbe la loro visione della partecipazione democratica e li avvicinerebbe maggiormente all’impegno politico.
Più che disaffezione, in realtà, quello che è emerso è una disillusione ancora aperta alla possibilità di recuperare fiducia con un miglioramento della qualità dell’offerta politica e con evoluzione più inclusiva dei meccanismi che mettono in relazione domanda e offerta. Va considerato comunque con attenzione il fatto che oltre 1 giovane su 4 pensa che impegnarsi non serva ed è del tutto sfiduciato sul fatto che la politica possa essere utile per la sua vita e per quella del Paese.
Fiducia verso i partiti: una questione anche di cultura
A incidere sulla percezione e la fiducia che i giovani hanno nei partiti è il titolo di studio. La fiducia aumenta tra chi ha maggiori risorse socioculturali; mentre per i social network, ad esempio, la relazione risulta invertita con maggior fiducia per chi ha titolo di studio basso.
Ma ci può essere democrazia senza partiti? Il 6,3% risponde di non essere per niente d’accordo, mentre l’8,7% di essere pienamente d’accordo. I valori intermedi registrano le percentuali più alte. Potremmo essere tentati di interpretare questi dati come poco rilevanti dato che la parte più consistente degli intervistati è d’accordo o completamente d’accordo con l’importanza dei partiti, confermando, in tal senso, un trend tendenzialmente positivo che, come si è ricordato, vede la percentuale di fiducia nei loro confronti in aumento. Ma ciò che è importante sottolineare è il fatto che questo dato non si riferisce semplicemente alla fiducia nei partiti (che è del 31,6%), ma al loro ruolo per un (buon) funzionamento della democrazia: “Queste risposte indicano che una fetta non maggioritaria – spiega l’Istituto Toniolo -, ma non trascurabile degli intervistati pensa che i partiti non siano importanti per la democrazia, svilendo (più o meno consapevolmente) il loro ruolo come strumenti per “fare” le elezioni, oltre che come soggetti capaci di aggregare interessi, formulare le politiche pubbliche e reclutare la classe politica. Chi ha dato un voto inferiore a 5, esprimendo quindi una visione negativa abbastanza netta, è oltre 1 su 5 (si sale a quasi il 30% per chi ha titolo basso)”.
“Tutto questo interagisce anche con le attese delle nuove generazioni rispetto all’offerta politica. Nei focus group ricorre spesso l’espressione “votare il meno peggio” nelle parole dei giovani. Il loro “politico ideale” dovrebbe essere concreto, guardare oltre l’orticello del proprio mandato una volta eletto, credibile, coerente, onesto e convincente, innovativo e aperto mentalmente, credere veramente in quello che fa, spendersi per il bene del Paese: una persona che non fa il politico di professione ma mosso soprattutto da passione e vocazione sincera”, conclude l’Istituto.
La figura del leader politico
L’immagine dell’uomo forte e di potere si è diffusa nel nostro Paese a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, complice la televisione. Oggi, questa figura è stata sostituita da criteri di immediatezza e capacità attrattive e accattivanti di linguaggio imposte dai social media. Non stupisce, quindi, che dall’indagine sia emerso che il 72,5% degli intervistati è d’accordo con l’idea che l’Italia abbia bisogno di un leader politico con forte personalità.
Il tema cruciale è capire come risolvere la questione di fondo già accennata, ovvero far convivere le logiche della mediazione tipiche di una forma di governo parlamentare, con l’aspettativa di un leader in grado di agire immediatamente sul piano nazionale (e internazionale).
Esistono spazi di partecipazione?
Alla domanda se la politica italiana offra reale spazio di partecipazione, oltre il 60% dei giovani intervistati risponde che attualmente non ci sono opportunità per i più giovani di partecipare e agire in ambito politico. Solo il 32,5% dei rispondenti ritiene che alcuni partiti o movimenti offrano tali spazi e una esigua minoranza (pari al 5,2%) risponde in maniera affermativa. E se il 57,8% dei maschi risponde negativamente a questa domanda, tale percentuale sale di quasi 10 punti percentuali se consideriamo le risposte delle giovani intervistate (66,9%). La variabile “genere” pare quindi influire negativamente sulla possibilità di accedere a contesti nei quali agire e far sentire la propria voce.
Indagando ulteriormente questi dati, emergono informazioni interessanti andando ad analizzare le fasce d’età. All’aumentare dell’età cresce anche la percentuale di coloro che dichiarano che la politica non offra alcuno spazio di partecipazione: dal 15,5% nella fascia 18-22 anni al 27,6% tra i 32-34enni.
Forme e modi di partecipazione
Rimanendo in tema “giovani”, le nuove generazioni sono sempre più coinvolte in nuove forme di impegno politico nella sfera virtuale. Alla luce di tale cambiamento per comprendere le forme della partecipazione delle giovani generazioni è necessario andare oltre una concezione restrittiva di quest’ultima al fine di includere quelle attività che mirano ad affrontare problemi collettivi, che sono rivolte alla sfera pubblica e che sono messe in atto con espliciti obiettivi politici.
“La presente indagine ha rilevato informazioni non solo sulle forme di partecipazione politica “classiche” (manifestazioni, boicottaggio ecc.) ma anche su quelle più recenti, quali il mailbombing, l’uso delle foto profilo per veicolare un messaggio politico fino a seguire attivisti/influencer su questioni di interesse politico o pubblico”, spiegano i ricercatori. Ed è emerso che:
- Per quanto riguarda le forme di engagement dei giovani, più di 4 su 5 dichiarano di aver discusso negli ultimi 12 mesi di problemi locali (relativi al proprio quartiere o comune) o di temi di attualità con la propria cerchia sociale (familiari, amici, colleghi ecc.). Particolarmente di rilievo è la percentuale di giovani ̶ ben il 63,6% ̶ che dichiarano di seguire influencer in relazione a questioni politiche o di interesse pubblico.
- Per quanto riguarda le fonti di informazione, comprese quelle sulla politica, ma un ampliamento che aggiunge l’arena dei social a quanto veicolano i telegiornali, i dibattiti televisivi, i siti dei quotidiani, le discussioni in famiglia o con compagni di scuola e università. Il peso degli influencer, pur di rilievo, è tra quelli considerati meno rilevanti nella formazione di una propria opinione come documentato in precedenti indagini. Ad esempio, i dati riportati nel Rapporto Giovani 2024 sulla consapevolezza rispetto ai temi legati all’ambiente mostrano come il ruolo degli influencer risulti meno rilevante se confrontato a quello degli altri soggetti indicati (familiari, stampa, tv, insegnanti, coetanei).
Ma quali sono le forme di partecipazione politica? Le più comuni includono il boicottaggio di prodotti (69,0%) e la firma di petizioni (62,9%), entrambe strettamente legate all’essere informati su alcune questioni di interesse comune. Si boicottano prodotti per motivi etici e politici, mentre le petizioni vengono firmate su questioni verso le quali si è sensibilizzati. Inoltre, oltre il 50% del campione ha partecipato negli ultimi 12 mesi a iniziative riguardanti la propria comunità locale, come il quartiere o il comune, dimostrando che il contesto locale rappresenta un’importante arena per l’azione politica delle giovani generazioni.
Altre forme di partecipazione rilevanti si svolgono nel mondo digitale: più della metà degli intervistati (56,3%) ha preso parte attivamente a discussioni politiche online e il 46,5% ha utilizzato hashtag per diffondere idee o iniziative su questioni politiche o di interesse pubblico. Infine, un’altra modalità con la quale i giovani prendono posizione nel dibattito politico è cambiando la foto del profilo sui social media (41,0%). Il mondo digitale offre quindi spazi articolati di condivisione e azione centrali per i giovani. La percentuale di coloro che ha partecipato anche alle forme di partecipazione meno comuni tra i giovani, quali l’essere parte di movimenti politici, è comunque vicino alla soglia del 40%.
“In coerenza con questi dati – continuano i ricercatori -, ciò che sembra emergere dai focus group in modo più nitido è la visione alta che i giovani hanno della democrazia; una democrazia di fronte alla quale spesso sono le persone a non essere adeguate: dai politici “distanti” ai cittadini che non votano. Per i giovani, in buona sostanza, la democrazia è soprattutto cittadinanza, vita armoniosa e ordinata entro un contesto istituzionalmente regolato e protetto, in cui ognuno, a partire dai cittadini, deve fare la propria parte”.
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