Fuga di cervelli, il freno dell’Inghilterra alle migrazioni
- 24/11/2023
- Giovani
Giovani emigranti italiani dite (forse) addio all’Inghilterra. Il Ministero degli Interni inglese sta esaminando un pacchetto di misure per tagliare l’immigrazione legale verso la Gran Bretagna e ridurre l’”abuso” dei visti di lavoro, nel tentativo di rassicurare l’opinione pubblica sul controllo dell’immigrazione. È quanto fa sapere il Financial Times, secondo cui, l’aumento delle soglie salariali per i visti per lavoratori qualificati potrebbe cambiare le strategie inglesi sul sistema dell’immigrazione post Brexit.
Ulteriori cambiamenti potrebbero riguardare la riduzione del numero di persone a carico degli operatori sanitari migranti che attualmente include partner e figli. La svolta potrebbe essere un divieto totale o la limitazione di ciascun richiedente a una sola persona a carico. Dai dati, è emerso che questa categoria lavorativa, tende a portare con sé più familiari rispetto a quelli con visto per lavoratori qualificati, con persone a carico che rappresentano più della metà delle persone arrivate attraverso visto assistenziale dell’ultimo periodo analizzato (giugno 2022-giugno 2023).
“L’elefante nella stanza è che molti britannici non vogliono svolgere lavori di assistenza perché sono pagati male – ha affermato Madeleine Sumption, direttrice del think tank dell’Osservatorio sulla migrazione di Oxford -. Cambiare i requisiti del sistema di immigrazione non cambia questo aspetto”.
Ma questo rappresenta un problema per gli italiani che vogliono trasferirsi in Inghilterra? Scopriamolo insieme.
Migrazione: il freno ai neolaureati
Per quanto riguarda il requisito di una soglia minima salariale, si passerebbe dalle 26.200 sterline lorde annue a oltre 30mila e c’è chi propone anche 40mila sterline e, cioè, circa 46mila euro lordi annui. Lo stipendio iniziale per un neolaureato in Gran Bretagna si aggira in media attorno alle 25 mila sterline annue o poco più. Questo significa che chi fosse interessato a lavorare in Inghilterra, potrebbe avere delle problematiche di accesso, favorendo perciò la migrazione solo di figure lavorative con una RAL elevata e competenze altamente specializzate.
Il punto di equilibrio
La manodopera a basso costo proveniente dall’estero e dai tanti italiani in Inghilterra è stata un punto di forza per la Nazione, ma dopo l’uscita dell’UK dall’Unione Europea, la sfida del governo è quella di trovare il proprio punto di forza tra un’immigrazione “selvaggia” e la necessità di lavoratori in diversi settori. Si attesta che il numero di italiani residenti in Inghilterra di aggiri intorno ai 300mila, ma stime meno rigide considerano il numero più vicino ai 500mila.
Fuga di cervelli
Con il termine ‘fuga di cervelli’ si fa riferimento a figure tecnico-specializzate che emigrano, in questo caso dall’Italia, per trovare condizioni lavorative più favorevoli e appaganti. Stando a quanto riportato dall’Istat, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2021 risulterebbero ben 377mila gli italiani tra i 20 e i 34 anni a emigrare verso i principali paesi europei economicamente avanzati. L’Inghilterra, meta di destinazione diffusa tra i giovani, con la Brexit, è diventata un punto di arrivo sempre più complesso da raggiungere. E il sentiment inglese sulla tematica dell’immigrazione lo dimostra.
I dati Ipsos, che vanno dal 2015 al 2022, e i dati Kantar per il 2023 hanno riportato il risultato delle ricerche svolte sulla popolazione inglese a cui è stato chiesto se pensasse che il numero di immigrati in arrivo in Gran Bretagna dovesse essere aumentato o ridotto. I dati mostrano che c’è stato un ammorbidimento degli atteggiamenti tra il 2015 e il 2022, con la percentuale che sostiene che l’immigrazione dovrebbe essere ridotta, diminuita del 23% in questi sette anni. Tuttavia, si è registrato un recente aumento della percentuale di persone che affermano che l’immigrazione dovrebbe essere ridotta (dal 42% nel 2022 al 52% nel 2023), che potrebbe essere il risultato dell’aumento proprio dell’attenzione politica alle questioni legate all’immigrazione.
Il post Brexit
Nonostante la Brexit, però, non è calato il numero di migranti italiani a Londra. L’Inghilterra, con l’uscita dall’Ue esattamente due anni fa, aveva bloccato la libera circolazione delle persone (sono, infatti, richiesti un visto per chi emigra e il passaporto per il turista). Ma il flusso di italiani che lasciano il paese per andare a lavorare nella City è in continua crescita.
Sebbene la Brexit si fosse rivelata un momentaneo ostacolo per settori come quello della ristorazione e quello alberghiero, che vivevano della manodopera per lo più italiana, l’appetibilità e la capacità di attrazione di Londra sono rimaste intatte.
Con questi cambi al sistema migratorio le cose potrebbero peggiorare per i nostri connazionali, ma altre mete sono già state individuate dai giovani neolaureati che scelgono di emigrare: Germania, Francia, Svizzera e Spagna, sono le nazioni europee preferite dagli italiani. Per l’oltre Ue, restano sul podio Stati Uniti e Australia.
La perdita italiana: 25 miliardi di euro in meno
L’emigrazione di circa 20mila laureati all’estero ogni anno rappresenta una perdita significativa per l’Italia e ad esserne colpite sono le finanze del Paese. Il costo dell’istruzione dei laureati ammonta a oltre tre miliardi di euro per lo Stato italiano. Confindustria stima, inoltre, che una famiglia spende circa 165mila euro per crescere e educare un figlio fino ai 25 anni, mentre lo Stato eroga 100mila euro per scuola e università. In termini di mancate entrate, l’Istat stima una perdita di più di 25 miliardi di euro in gettito fiscale dovuta ai laureati che emigrano all’estero.
È difficile dire che il rimpatrio di questi giovani laureati in Italia potrebbe contribuire a risolvere il deficit demografico che si sta registrando, ma non è una condizione di cui preoccuparsi perché anche se le mete cambiano la fuga di cervelli continua.
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