Social vietati ai minori? Dal ban a TikTok al coprifuoco digitale: la stretta francese
TikTok non è più soltanto un fenomeno di costume: per la Francia è diventato un problema politico. La commissione parlamentare d’inchiesta lo ha definito “uno dei peggiori social network che attacca i nostri giovani”, accusandolo di costruire dipendenza con contenuti tossici e algoritmi predatori. Per la prima volta, un Parlamento europeo propone misure drastiche: divieto per gli under 15, coprifuoco digitale fino ai 18 e un nuovo reato di “negligenza digitale” a carico dei genitori. Un precedente che rischia di ridisegnare la cornice normativa dei social in Europa.
Perché TikTok è considerato il più pericoloso dei social
Nel rapporto emerge che TikTok non è visto soltanto come “un altro social” ma come il più problematico per i giovani, a causa dell’algoritmo che premia l’estremizzazione, la velocità di consumo e la ripetizione incessante. Secondo i parlamentari, questo crea una “trappola algoritmica”, dove i minorenni restano intrappolati in un ciclo ripetitivo: video brevi, altamente stimolanti, spesso privi di mediazione, con pochi momenti di pausa spontanea.
Le audizioni e la consultazione cittadina – 178 esperti, parti interessate e testimoni ed oltre 30.000 risposte raccolte – hanno prodotto dati concreti: molti adolescenti segnalano difficoltà a interrompere l’uso, perdita del senso del tempo, cali del rendimento scolastico, alterazioni del sonno. “Questa è un’azienda che non si preoccupa della salute mentale dei nostri giovani”, ha detto la relatrice Laure Miller. Anche il presidente della commissione, Arthur Delaporte, è della stessa linea: “Questa piattaforma espone consapevolmente i nostri figli […] a contenuti tossici, pericolosi e che creano dipendenza”.
Un elemento che rende TikTok particolarmente pericoloso è l’assenza di limiti interni efficaci: molti genitori e insegnanti riferiscono che non esistono filtri adeguati per segnalare o interrompere automaticamente contenuti che inducono ansia o disturbi dell’immagine corporea. Inoltre, la soglia di ingresso bassa (13 anni nelle policy), in combinazione con la facilità di creare account falsi, alimenta l’esposizione precoce.
Le raccomandazioni shock della commissione francese
Il rapporto non si limita alla diagnosi bensì contiene proposte precise, tra le più rigorose viste finora in Europa:
- divieto per gli under 15: è una soglia più alta rispetto a quella già prevista da policy e regolamenti internazionali;
- coprifuoco digitale dalle 22 alle 8 per gli adolescenti tra 15 e 18 anni: per limitare l’uso notturno, che compromette il sonno, la concentrazione e aumenta i rischi psicologici;
- campagna informativa nazionale: scuole, famiglie e istituzioni dovrebbero essere coinvolte in un’operazione educativa di vasta scala, volta a sensibilizzare sui rischi concreti di dipendenza, ansia e isolamento sociale;
- reato di “negligenza digitale” per i genitori: responsabilizzare legalmente chi non esercita adeguata supervisione sull’uso dei social da parte dei figli.
Sono raccomandazioni che colpiscono non solo per la durezza, ma per la loro sistematicità: affrontano insieme dimensioni normative, culturali ed educative. Si punta a un pacchetto integrato, che non si limiti a imporre divieti ma costruisca consapevolezza collettiva.
Il dibattito sul “reato di negligenza digitale”
L’idea di introdurre un reato apre scenari inediti. In Francia si ipotizza che i genitori possano essere chiamati a rispondere se non controllano in modo adeguato i comportamenti online dei figli. Il concetto di “negligenza digitale” porta l’educazione familiare nell’arena del diritto penale, una scelta che ha diviso l’opinione pubblica.
Il problema di fondo è definire cosa significhi “adeguata supervisione”. È sufficiente imporre limiti orari? Serve controllare direttamente le app? E fino a che punto è legittimo invadere la sfera privata dei figli?
In Italia, il tema della responsabilità genitoriale online non è nuovo. Demografica ha raccontato l’aumento delle denunce legate allo “sharenting”: genitori che pubblicano in modo massiccio le foto dei figli, con ricorsi in tribunale in caso di conflitti tra ex coniugi. Un segnale che la sfera digitale dei minori è già terreno di tensione legale, senza che serva aspettare nuove norme.
Il rischio, secondo alcuni esperti, è che la criminalizzazione della “negligenza” spinga le famiglie verso una sorveglianza esasperata, creando conflitti interni e rendendo più difficile il dialogo con i figli. Per altri, invece, è un deterrente indispensabile in un contesto in cui i dati mostrano che l’età media del primo smartphone è ormai scesa a 10-11 anni.
Oltre la Francia
Il caso francese si inserisce in un’onda più ampia che, con accenti diversi, sta cambiando le regole del gioco.
Negli Stati Uniti, la Florida ha approvato una legge che punta a vietare i social agli under 14 e a consentirne l’uso solo con l’autorizzazione dei genitori per i ragazzi di 14 e 15 anni. Le piattaforme dovranno cancellare gli account non conformi e attivare sistemi di verifica dell’età esterni. L’intervento è stato presentato come un punto di svolta, anche se la sua applicazione pratica è stata rallentata da ricorsi giudiziari e dubbi di costituzionalità.
In Australia, dal prossimo dicembre entrerà in vigore una norma che vieta l’uso dei social ai minori di 16 anni. Non solo TikTok, ma anche Instagram, Facebook e YouTube saranno soggetti alla nuova disciplina. Il governo ha previsto multe salate per le piattaforme inadempienti e ha acceso il dibattito sugli strumenti di verifica dell’età, un tema che solleva enormi interrogativi di privacy.
Nel Regno Unito, l’Online Safety Act ha aperto la strada a nuove regole sui contenuti accessibili ai minori. L’attenzione non è solo sull’età minima per accedere, ma anche sulla natura dei materiali proposti: musica esplicita, video violenti o materiali che possono incidere sulla salute mentale dei giovanissimi.
In Italia, il tema è presente soprattutto nel dibattito pubblico. Una petizione nazionale chiede di vietare lo smartphone sotto i 14 anni e i social sotto i 16, mentre il Ministero dell’Istruzione ha annunciato il divieto dei cellulari anche alle scuole superiori. Sul fronte regolatorio, l’Agcom ha varato le regole per la verifica dell’età sui siti a contenuto adulto, in attuazione del Decreto Caivano, e ha esteso gli obblighi di trasparenza e tutela dei minori anche agli influencer con un nuovo codice di condotta.
Tutti scenari diversi, ma con un comune denominatore: l’idea che l’uso compulsivo dei social non sia un fenomeno marginale, bensì una questione politica, sanitaria e culturale di prima grandezza.