“Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”, l’iniziativa per prezzi calmierati nei ristoranti
- 05/02/2024
- Giovani
Sostenere la cucina locale e tradizionale e, al tempo stesso, le famiglie con bambini piccoli.
Questo è il duplice fine dell’iniziativa “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”, presentata ieri dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso insieme insieme ad altri quattro ministeri: Agricoltura e della Sovranità alimentare, Turismo, Salute, Pari Opportunità e Famiglia.
Il progetto mette unisce le esigenze dei ristoratori di promuovere la cucina locale con quella delle famiglie di poter mangiare senza spendere cifre esagerate, impresa sempre più difficile soprattutto nelle grandi città. Per questo hanno partecipato alla presentazione dell’iniziativa anche le principali associazioni di categoria di agricoltura e ristorazione.
Vi è anche un aspetto più prettamente salutare tramite la valorizzazione dei prodotti tipici e della dieta mediterranea.
Cosa è “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”
L’iniziativa prevede che i ristoranti aderenti offrano menù ad hoc e sconti per le famiglie, come ad esempio menù bambini sotto i 10 euro, menù infrasettimanali a prezzi ridotti, piatti del territorio con prodotti locali e di qualità. Il progetto “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più” è valido fino al 30 giugno 2024 e l’elenco dei ristoranti che hanno aderito, suddiviso regione per regione, è consultabile sul sito del ministero.
L’adesione dei ristoranti è volontaria e può avvenire tramite le associazioni di categoria o direttamente al ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Chi può accedere
Non ci sono dei requisiti di reddito per accedere a questa iniziativa. L’unica condizione è di essere una famiglia con almeno un figlio minore di 10 anni e scegliere un ristorante aderente al progetto.
L’iniziativa, inoltre, non prevede alcun onere a carico della finanza pubblica, ma si basa sulla volontarietà delle imprese che offrono menù ad hoc e sconti per le famiglie.
Le associazioni aderenti
La collaborazione di 4 differenti ministeri è motivata dalla voglia di portare benefici ad altrettanti stakeholder:
- Le imprese aderenti, il cui nome viene pubblicato sul sito del ministero, potranno raggiungere un pubblico più ampio rispetto a quello attuale;
- gli agricoltori e i produttori locali, i cui cibi saranno al centro dell’offerta culinaria;
- chi lavora nel turismo, dal momento che, sostengono i promotori, far conoscere la tradizione culinaria di un posto significa anche valorizzarne i valori, la storia e il territorio stesso;
- le famiglie, che, se con bambini sotto i 10 anni, potranno accedere a menù con prezzi calmierati. Inoltre, l’inizativa mira a promuovere una cucina sana e la dieta mediterranea, i cui benefici sono noti a tutti, oltre che provati scientificamente.
Su quest’ultimo punto si ricorda ancora la polemica per le parole del ministero della Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida per cui “chi è più povero, spesso mangia meglio” perché, sostenne allora il ministro, acquista cibi direttamente dal prodotto e meno cibi lavorati dalle industrie.
La povertà alimentare in Italia
Secondo un rapporto dell’Osservatorio Con i bambini, realizzato da Con i Bambini e Openpolis, l’8,4% delle famiglie italiane non può permettersi un pasto a base di proteine ogni due giorni, come fortemente consigliato dai nutrizionisti.
Una situazione che rende più diffusa la povertà alimentare, che si verifica quando una persona non ha la possibilità di consumare quotidianamente e in quantità adeguate cibi sani, equilibrati, nutrienti e sicuri.
Le scarse risorse economiche non sono l’unica causa della povertà alimentare, innescata anche dalla difficoltà di accedere ai servizi di assistenza, dalla scarsa educazione alimentare e dalla qualità del cibo presenti sul mercato.
Questa carenza assume un peso ancora più rilevante quando colpisce i bambini o i giovani in età di sviluppo, per la cui crescita è fondamentale una dieta sana e varia, come raccomanda l’Efsa (European Food Safety Authority).
Anche in questo caso si rilevano importanti differenze territoriali lungo la penisola.
La povertà alimentare registra infatti il suo conto più salato nelle regioni del Sud. In Sicilia la quota di bambini e ragazzi che non consumano almeno un pasto proteico al giorno supera l’8%: in una classe di 25 bambini, più di 2 non assumono il giusto apporto di proteine.
Seguono Campania (5,4%), Basilicata (4,9%) e Lazio (4,5%), mentre fa eccezione la Puglia, dove la percentuale si attesta sotto l’1% così come nelle Marche, in Abruzzo e in Piemonte.
Per diverse regioni (Calabria, Liguria, Lombardia, Molise, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta) il dato non è stato rilasciato perché corrispondente ad una campione inferiore a 20 unità.
Come riporta Save the Children, il sistema educativo del paese presenta ancora numerose carenze, nonostante i progressi compiuti negli anni. Nel 2022 il 13,4% di bambine, bambini e adolescenti viveva in condizioni di povertà assoluta. Un bambino su 20 vive in povertà alimentare e circa tre su dieci sono in sovrappeso o obesi.
È particolarmente interessante la correlazione tra la povertà alimentare e la distribuzione delle mense scolastiche nelle regioni. Come spiegato dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti “le mense scolastiche, per alcuni bambini, rappresentano il pasto più completo e sano della giornata”.
Non è un caso, quindi, se le regioni a maggior rischio di povertà alimentare tra i minori coincidono in molti casi con quelle con meno mense scolastiche. Anche in questa speciale classifica, Sicilia e Campania registrano i dati peggiori con una sola mensa ogni dieci scuole pubbliche. Segue la Basilicata, in terza posizione per incidenza di bambini e ragazzi che non consumano quotidianamente pasti proteici (4,9%), che è quartultima per presenza di mense (presenti nel 20,2% delle scuole pubbliche). Analogamente il Lazio, quarto in base all’indicatore di deprivazione alimentare (4,5%), è quintultimo per distribuzione di mense scolastiche (21%), seguito a stretto giro dal Molise (21,8%).
Al contrario in Toscana e Piemonte, le uniche due regioni oltre alla Valle d’Aosta in cui la quota di edifici dotati di mensa supera il 60%, la percentuale di bambini e ragazzi che non consumano quotidianamente pasti proteici si attesta al di sotto del 2%. In particolare, il Piemonte è la regione con il migliore indicatore di deprivazione alimentare (0,2%) e la seconda con maggiore offerta di mense subito dopo la Valle d’Aosta, di cui il dato sui minori a rischio povertà educativa non è disponibile per scarsità del campione.
Con queste premesse, l’inizativa “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più” può inserirsi come aiuto concreto per le famiglie.
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