Tumori, aumentano i casi sotto i 40 anni: come preservare la fertilità
- 01/02/2024
- Fertilità
Preservare la fertilità nei pazienti in età riproduttiva è una necessità che diventa più forte se associata ad una diagnosi di patologia tumorale. Sottoporsi a dei trattamenti, infatti, potrebbe causare gravi conseguenze alla propria capacità di riprodursi e, visti i dati di diagnosi sempre più precoci, la questione diventa ancora più problematica.
Ogni giorno, infatti, in Italia, vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni. Si tratta del 3% della casistica generale. Circa 371mila nuove diagnosi di tumore maligno nel 2019 di cui 196mila negli uomini e 175mila nelle donne.
La Giornata mondiale contro il cancro che si celebrerà domenica 4 febbraio sarà un’occasione per attirare l’attenzione sull’aumento di diagnosi in età sempre più giovanili e sul tema della fertilità.
A richiamare l’attenzione in merito è stata la Società italiana della riproduzione umana (Siru) che ha ricordato l’importanza di preservare la fertilità nei pazienti in età riproduttiva che ricevono una diagnosi di patologia tumorale e che devono sottoporsi a trattamenti. “I tipi di cancro più diffusi nell’uomo – ha ricordato la Siru – risultano essere il tumore del testicolo, il melanoma, tiroide, linfoma non Hodgkin, tumore del colon-retto, mentre nella donna sono più frequenti carcinoma mammario, tumori della tiroide, melanoma, carcinoma del colon-retto e cervice uterina. Si tratta di patologie oncologiche con importante impatto sulla capacità riproduttiva del paziente in età fertile”.
Tasso di fertilità in calo
Questo assunto rimanda anche ad un calo sempre più generalizzato della fecondità dello sperma mondiale. Aumentano i casi di infertilità, cala la natalità in numerosi Paesi e, per il rapporto che intercorre con una diagnosi di tumore, la prevenzione e il ricorso a determinate pratiche medicalmente assistite potrebbe tornare utile per chi intenda, in futuro, avere dei figli.
“La preservazione della fertilità nei pazienti oncologici – afferma Francesca Parissone, coordinatrice del Gruppo di interesse speciale donazione e preservazione della fertilità della Siru – rappresenta ormai una realtà possibile in molti casi. Negli ultimi anni si è via via sempre più concretizzata grazie a nuove strategie terapeutiche: da una parte vengono adottati regimi di trattamenti antitumorali a minore tossicità sull’apparato riproduttivo, dall’altra sono disponibili tecniche consolidate di crioconservazione, ovvero di congelamento di gameti, ovociti e spermatozoi, e tecniche innovative di crioconservazione del tessuto ovarico e testicolare”.
La conservazione di ovociti e spermatozoi è una pratica diffusa e sempre più analizzata. Iniziano a essere disponibili sempre più dati e possibilità di esecuzione, e del tessuto testicolare, sebbene sia ancora in una fase sperimentale, e della crioconservazione del tessuto ovarico.
Tale procedimento assume ancora più rilevanza quando ad essere colpiti da tumori sono pazienti in età infantile o adolescenziale, età nella quale può ancora non essere avvenuto lo sviluppo dell’individuo e quindi impossibile recuperare ovociti e spermatozoi con capacità di fecondazione. Qui corre in ricorso la ricerca e la sperimentazione che coinvolgeranno esperti nel settore in una sfida di non poco conto.
Oncofertilità
“L’oncofertilità – ha commentato Guglielmo Ragusa, direttore Usd Pma-Preservazione fertilità Aoui di Verona – è ormai una vera e propria disciplina che può avvalersi di linee guida nazionali e internazionali, raccomandazioni scientifiche e modelli organizzativi che hanno l’obiettivo di rendere snello e facilmente accessibile il percorso al paziente oncologico che desidera preservare la fertilità; oltretutto si tratta di prestazioni rimborsate dal sistema sanitario nazionale. Malgrado i notevoli passi avanti a cui abbiamo assistito negli ultimi 15-20 anni, ad oggi purtroppo una parte di pazienti, uomini e donne, ancora non riceve le informazioni necessarie sulla possibilità di preservare la fertilità. Quindi, parallelamente al progresso scientifico, andrebbe favorito un processo di consapevolezza della classe medica e di informazione ai pazienti”.
“La Siru è attiva nella promozione della preservazione della fertilità a livello scientifico e divulgativo – ha dichiarato Antonino Guglielmino, fondatore della Siru – attraverso l’organizzazione di webinar dedicati anche in collaborazione con associazioni medico-pazienti, la stesura di articoli scientifici e di linee guida cliniche nazionali in collaborazione con altre società scientifiche. L’impegno per il futuro deve essere rivolto a garantire sempre di più questa possibilità su tutto il territorio nazionale con modelli organizzativi multidisciplinari e tempestivi”.
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