Social freezing, nel nostro Paese +20% l’anno: cruciale il ruolo dell’Ai
- 10/04/2024
- Fertilità
Il congelamento degli ovociti femminili per preservare la fertilità. Questa è la tendenza che sta prendendo sempre più piede in Europa e nel mondo. In media, che sia per motivi medici o per una scelta personale, le procedure sono aumentate del 25-30% dal 2016. A confermarlo sono i dati della Società americana per le tecnologie di riproduzione assistita (Sart) e la Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) che riportano punte del +46% e del +70% nel biennio 2020-2021 rispettivamente negli Usa e in Australia-Nuova Zelanda.
A fotografare la situazione è un nuovo studio del gruppo italiano specializzato in medicina della riproduzione Genera, pubblicato sulla rivista ‘Fertility and Sterility’.
Social freezing in Italia
I dati del gruppo Genera relativi a otto cliniche su tutto il territorio nazionale segnalano inoltre per l’Italia un aumento di circa il 20% anno su anno del numero di procedure di ‘social freezing‘, il congelamento per motivi prettamente sociali. Lo studio ha evidenziato le chance di ottenere una gravidanza, in un secondo momento, utilizzando gli ovociti prelevati.
“Nelle donne più giovani, quindi fino a 35 anni – ha spiegato il primo autore della ricerca Danilo Cimadomo, biologo molecolare e responsabile della ricerca del gruppo Genera – le probabilità cumulative di nati sono comprese fra il 70% con 15 ovociti prelevati e congelati (considerato il numero ottimale) e il 95% con 25 ovociti. Ma ci sono comunque chance di gravidanza comprese tra il 30% e il 45% nel caso in cui vengano vitrificati 8-10 ovociti”.
“Il numero di ovociti necessari per raggiungere la gravidanza è chiaramente maggiore – specifica Cimadomo, in merito al superamento della soglia dei 35 anni -, rendendo la procedura di preservazione la fertilità più impegnativa. Per questo motivo, tutti i centri specializzati oggi consigliano alle donne di fare questa scelta, se ritenuta opportuna a seconda dei propri progetti di vita, entro i 35-37 anni, in modo da avere le migliori possibilità di riuscita se un giorno si dovranno utilizzare quegli ovociti congelati, nel caso insorgessero problemi nel tentare una gravidanza”.
Il ruolo dell’Ai
“La Società americana per la medicina della riproduzione (Asrm) ha rimosso l’etichetta di procedura sperimentale dalla vitrificazione degli ovociti nel 2013 – interviene Laura Rienzi, embriologa e direttrice scientifico del gruppo Genera, la scienziata che ha contribuito a portare e a studiare in Italia per la prima volta questa tecnica – e, anche per questo motivo, la richiesta di procedure di preservazione della fertilità è aumentata sensibilmente in tutto il mondo. La vitrificazione è una metodica di congelamento che consente di mantenere inalterati la vitalità e il potenziale riproduttivo degli ovociti mediante l’esposizione a bassissime temperature (-196°C) ed è stata confermata essere una procedura riproducibile, sicura ed economica, fino a diventare l’approccio gold standard per la preservazione della fertilità”.
Il ruolo dell’automazione, in questo caso, può essere fondamentale. La vitrificazione viene per lo più condotta manualmente e richiede operatori ben formati. “Ecco perché – continua la dottoressa – l’automazione sta assumendo un ruolo sempre più importante nei nostri laboratori: le nuove tecnologie ci consentono e ci consentiranno di migliorare i risultati delle tecniche. La necessità di trattamenti di procreazione medicalmente assistita è in costante crescita in tutto il mondo”.
In parallelo i progressi tecnologici, “come la valutazione dei gameti basata sull’intelligenza artificiale e l’automazione, promettono una sempre maggiore standardizzazione dei protocolli negli anni a venire. Anche grazie agli sforzi che la scienza sta facendo in questa direzione, la crioconservazione degli ovociti, quando scelta per motivi sociali, è un tema che sta stimolando il dibattito sociale e politico nel nostro Paese e confidiamo presto non sarà più percepita come un tabù, ma come uno strumento per salvaguardare l’autonomia riproduttiva delle donne”, conclude Rienzi.
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