Robot che partorisce: in Cina la sperimentazione è a uno stadio “molto avanzato”
E se la prima parola pronunciata dai bambini non fosse né “mamma”, né “papà”, ma “robot”?. Ecco, forse questo non si verificherà, ma una startup cinese sta progettando un robot in grado di portare avanti una maternità umana dall’inizio alla fine, dando alla luce un bambino sano. Un bambino vero, per citare Collodi.
Nonostante lo scetticismo di alcuni esperti, l’idea di una maternità surrogata affidata a un androide è stata accolta come una valida soluzione per aggirare l’infertilità, contrastare il mercato degli affitti uterini e regalare a milioni di persone il sogno di diventare genitori senza dover pagare cifre insostenibili.
L’utero artificiale, spiegano dalla Cina i ricercatori, riprodurrà le condizioni del grembo materno, garantendo al feto i nutrienti necessari alla crescita tramite un tubo collegato all’addome, che fungerà da cordone ombelicale. La gestazione androidiana durerebbe circa dieci mesi.
L’azienda protagonista di questa rivoluzione ha annunciato di essere a uno stadio avanzato nello sviluppo di questo particolare robot.
Robot in grado di partorire: come funzionerebbe
L’innovazione è stata presentata ai media cinesi da Qifeng Zhang, dottore di ricerca alla Nanyang Technological University di Singapore e fondatore della start-up Kaiwa Technology, con sede a Guangzhou.
Citato dal New York Post, Zhang spiega che “La tecnologia dell’utero artificiale è già in una fase matura e ora deve essere impiantata nell’addome del robot in modo che una persona reale e il robot possano interagire per ottenere una gravidanza, consentendo al feto di crescere al suo interno”. Il passo successivo, spiega il ricercatore, consiste nell’impiantare l’utero artificiale all’interno di un robot umanoide, così da permettere l’interazione tra esseri umani e macchina e la crescita di un feto in un ambiente artificiale che replica quello naturale.
L’utero artificiale è un dispositivo riempito con liquido amniotico sintetico in grado di riprodurre le condizioni del grembo materno. L’azienda non ha ancora chiarito, invece, come avverrebbe l’ovulazione.
Quanto costerà e da quando sarà in commercio
La “fase molto avanzata” della ricerca trova conferme dalle indiscrezioni, secondo cui già un prototipo dovrebbe essere disponibile già dal prossimo anno. Ancora più sorprendenti dei tempi, sono i costi previsti per la maternità surrogata affidata ai robot: dalla Cina dicono che l’androide verrà commercializzato a un prezzo di circa 100.000 yuan, poco meno di 12.000 euro. Si tratta di una cifra ben più contenuta rispetto alla maternità surrogata umana, che negli Usa può arrivare fino a 200.000 dollari, circa 171.200 euro, mentre in Italia è diventata reato universale.
La differenza di prezzo è il principale motore della ricerca cinese, che si prefigge di constrastare la pratica della commercializzazione dell’utero e di rendere la maternità surrogata accessibile a molte più persone.
Le reazioni sui social
La diffusione della notizia ha scatenato un’ondata di reazioni sui social cinesi. Su Weibo, l’hashtag dedicato al “primo robot che partorisce” è diventato subito un trend, mentre il video dell’intervista a Zhang Qifeng pubblicato su Douyin (la versione cinese di TikTok) ha scatenato migliaia di commenti, molto diversi tra loro.
Alcuni hanno preso la notizia con entusiasmo, sottolineando come in questo modo si potrebbe liberare la donna dalle fatiche e dai rischi del parto, altri hanno definito il progetto “immorale” o “crudele” perché priva il feto del legame naturale con la madre.
Quando viene usata la maternità surrogata
La maternità surrogata, o gestazione per altri (Gpa), è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di un’altra donna, chiamata genitore intenzionale. Con lo stesso termine ci si riferisce alla donna che, in una coppia omosessuale, non ha partorito il bambino ma ne risulta genitore ufficalmente iscritto all’anagrafe.
La gestazione per altri è utilizzata principalmente da coppie eterosessuali con problemi di fertilità, in alcuni casi dovuti a malattie grave che hanno reso necessaria la rimozione dell’utero. Più raramente viene utilizzata da coppie di uomini e ancora più raramente da coppie di donne. Il dibattito sulla maternità surrogata si è acceso da quando esistono tecnologie mediche in grado di estendere su vasta scala la Gpa.
La maternità surrogata può essere tradizionale, quando la madre surrogata è fecondata con lo sperma del padre intenzionale e ha un legame genetico con il bambino, o gestazionale, quando l’embrione, creato tramite fecondazione in vitro con gameti dei genitori intenzionali o di donatori, è impiantato nell’utero della madre surrogata, che non ha legami genetici con il bambino.
Il nodo del compenso
La regolamentazione della Gpa cambia molto da Paese a Paese, soprattutto per quanto riguarda il compenso economico della donna che porta avanti la gravidanza. Molti, tra civili e istituzioni, condannano chi , prestandolo, trasforma il proprio utero in un business. Per questo, in alcuni Stati (come Paesi Bassi, Grecia, Canada) è vietato ricevere un compenso per la maternità surrogata, ma solo un rimborso per coprire le spese mediche e l’assicurazione sanitaria.
La Gpa che prevede un compenso economico è legale in alcuni Paesi, ma in nessun Paese europeo.
La gestazione per altri è legale solo in alcuni degli Stati federati Usa, anche dietro compenso. Le spese vanno dai 100mila ai 150mila dollari e coprono i costi sanitari, quelli burocratici, la retribuzione delle agenzie che seguono la pratica. Il compenso per la donna può variare tra i 25mila e i 50mila dollari.
Tra i Paesi che hanno messo al bando ogni forma di maternità surrogata ci sono Italia, Spagna, Francia e Germania.
In base alla legge italiana chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la Gpa è punito con una reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro. A seguito della modifica approvata a ottobre scorso, queste sanzioni valgano anche per i cittadini italiani che vanno a praticare la Gpa all’estero nei Paesi in cui è legale. Da qui la definizione di “reato universale”, che, in realtà, non è del tutto corretta, come spieghiamo in questo articolo.
Robot che partorisce, meno rischi per le donne?
La ricerca cinese può offrire vantaggi anche in termini di salute.
Infatti, come riporta una ricerca pubblicata nel mese di settembre 2024 negli Annals of Internal Medicine, le madri surrogate subiscono un rischio di gravi complicazioni tre volte maggiore rispetto a chi concepisce naturalmente.
I dati sono emersi dopo che il team di ricercatori, guidato dalla dottoressa Maria Velez dell’Institute for Clinical Evaluative Services di Kingston, ha analizzato i dati di oltre 863.000 nascite avvenute in Canada tra il 2012 e il 2021.
Per approfondire: Le madri surrogate rischiano tre volte più del parto naturale
L’infertilità crescente e il ruolo dei robot
I crescenti problemi di infertilità, che toccano da vicino anche l’Italia, incentivano i ricercatori a proseguire nella progettazione del robot che partorisce. Il problema è particolarmente sentito in Cina, dove, secondo un rapporto pubblicato su The Lancet nel 2022, la percentuale di coppie che non riescono ad avere figli è schizzata dall’11,9% del 2007 al 18% del 2020. Alcune amministrazioni locali hanno incuso la fecondazione assistita e la fertilizzazione in vitro nelle coperture assicurative, ma i costi e l’alto tasso di fallimento rimangono un ostacolo per molte famiglie.
Per queste persone, un robot capace di portare avanti una gravidanza surrogata è una grande speranza, piuttosto che una distopico orizzonte.
L’immagine di copertina è stata realizzata con l’Ai.