Ritardare la menopausa aumenta la longevità: cosa dice la scienza
- 01/07/2024
- Fertilità
Ritardare la menopausa aumenta la longevità? La domanda ha attirato l’attenzione di scienziati e studiosi che si sono occupati della salute e del corpo femminile. Negli ultimi anni, infatti, in molti hanno confermato che all’apparato riproduttivo femminile è associato tutto il mondo legato alla salute fisica e mentale delle donne. Così il fenomeno della menopausa, che arriva raggiunta la “mezza età”, contribuisce all’invecchiamento e al declino del corpo: dal cervello al cuore. Ma si può ritardare? E cosa comporterebbe questo processo “inverso”? Scopriamolo insieme.
La salute delle donne
Le ovaie sono l’unico organo umano “che accettiamo possa fallire un giorno”, ha spiegato Renee Wegrzyn, direttore dell’Advanced Research Projects Agency for Health al New York Times. I ricercatori dell’istituto condividono l’idea che l’accettazione del deterioramento dell’apparato femminile non dovrebbe essere così lineare. La durata della vitalità delle ovaie contribuisce alla vitalità degli altri organi ed è per questo che, anche se le donne vivono tendenzialmente più a lungo rispetto agli uomini, trascorrono la propria vita convivendo con più malattie e patologie varie.
Ad accendere i riflettori sulla questione è stata la first lady americana Jill Biden che ha lanciato un progetto finanziato con cento milioni di dollari per studiare il corpo femminile e capire come ritardare il rapporto tra menopausa e invecchiamento.
Come ritardare la menopausa
Innanzi tutto, è ormai noto che le ovaie sono il centro di controllo del corpo di una donna. Con estrogeni e progesterone comunicano con gli altri organi. Se ci sono patologie come l’ovaio policistico, aumenta il rischio di malattie cardiache o problemi di salute mentale. Quando però le ovaie smettono di funzionare, arrivano rischi maggiori di demenza, malattie cardiovascolari o osteoporosi. Prima una donna entra in menopausa, maggiore è il rischio che viva una condizione patologica cronica.
Il Nyt ha spiegato che una società, Oviva Therapeutics, è nelle prime fasi di sperimentazione – principalmente su topi e gatti – su una versione farmaceutica dell’ormone anti-Mülleriano (AMH), che modulerebbe il numero di follicoli che maturano in ciascun ciclo mestruale e che potrebbe essere utilizzata per ridurre la quantità di follicoli che maturano in ciascun ciclo. Pensa all’AMH come a “un panno poroso con cui copri l’ovaio”, ha affermato Daisy Robinton, co-fondatrice e amministratore delegato di Oviva, che è in competizione per alcuni dei finanziamenti dell’iniziativa della Casa Bianca. Il livello di AMH determina la dimensione dei fori nel tessuto; se ci sono enormi buchi (in altre parole, c’è un basso AMH), un gruppo di ovuli può fuoriuscire in ogni ciclo. Ma se ci sono solo piccoli fori (il che significa che c’è un alto AMH), possono fuoriuscire meno ovuli. In sintesi: se una donna perde meno ovuli, mantiene le sue riserve ovariche e il suo corpo resterà più giovane e sano.
Uno studio clinico attualmente in corso alla Columbia University, inoltre, sta anche cercando di rallentare la velocità con cui le donne perdono i loro ovuli. Lo studio sta testando l’uso di un farmaco immunosoppressore chiamato rapamicina, che viene utilizzato per prevenire il rigetto dei trapianti di organi, nelle donne di età compresa tra 35 e 45 anni per vedere come influisce sulla loro riserva ovarica. La rapamicina influenza il numero di ovuli che maturano ogni mese e il farmaco ha dimostrato nei topi di estendere la funzione ovarica.
Lo studio è ancora in corso e lo scienziato che ne a capo, il dottor S. Zev Williams, professore associato di salute delle donne alla Columbia, sta facendo domanda per il finanziamento dell’agenzia sanitaria americana. Gli esperti hanno chiarito che l’obiettivo di questo tipo di ricerca non è quello di prolungare indefinitamente il ciclo mestruale delle donne, né di rendere possibile la gravidanza all’età di 70 anni, anche se i trattamenti potrebbero potenzialmente estendere la fertilità.
Ma è davvero possibile?
A lanciare un’ipotesi di fattibilità del ritardo della menopausa è stata la Yale School of Medicine. Prelevando una porzione di tessuto ovarico in giovane età, conservandola a -196 gradi e reinserendola nell’organismo prima dei 50 anni, la menopausa potrebbe essere posticipata anche di 20 o 30 anni. Lo studio a firma di uno dei pionieri del settore, Kutluk Oktay, docente di ginecologia e direttore del Laboratory of Molecular Reproduction and Fertility Preservation ha dimostrato il potenziale della procedura dell’espianto e autotrapianto ovarico, già nel 1999, su pazienti oncologiche. Gli ovociti, scriveva Oktay sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology, si riattiverebbero dando il via a una serie di attività biochimiche e ormonali che allungherebbero la fase fertile, allontanando, anche di molto, la menopausa.
Non è quindi così impensabile immaginare un futuro della fertilità femminile completamente cambiato dove al controllo delle nascite con cure ormonali come la pillola, si potrebbe associare anche un controllo della menopausa.
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