Natalità, -1,7%. Schillaci: “Salute riproduttiva centrale”
- 18/12/2023
- Fertilità
Economia, cultura, diritti e salute. Sono questi i pilastri sui quali si basa il futuro della demografia italiana e sui quali il governo attuale sta ponendo la sua attenzione. Nello specifico, quando si parla di denatalità, si ha a che fare con un problema che rischia di ridurre drasticamente il numero di cittadini residenti italiani e con essi, sul lungo periodo, le possibilità di crescita del Paese.
“La salute riproduttiva è un tema centrale del programma del ministero della Salute, perché attraverso programmi di prevenzione della fertilità, maggiore accesso alle tecniche PMA e maggiore omogeneità sul territorio nazionale nella qualità del percorso nascita potremmo dare un contributo significativo alla lotta alla denatalità”. A usare queste parole, Orazio Schillaci, ministro della Salute, nel video messaggio inviato in occasione del 98esimo congresso nazionale della Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (Sigo).
“L’equità e l’appropriatezza delle cure – ha aggiunto -, la centralità della persona e l’accesso a servizi adeguati alle problematiche specifiche della salute femminile sono obiettivi cardine delle nostre azioni”.
A distanza di pochi giorni, però, è il censimento Istat che ha mostrato la situazione attuale in materia nel nostro Paese: bilancio demografico ancora negativo. Si rilevano quasi 7mila nascite in meno rispetto al 2021 (-1,7%). La flessione della popolazione si mantiene contenuta grazie alla dinamica positiva della popolazione straniera.
E mentre la discesa delle nascite prosegue, il Parlamento europeo dice sì a quella che è la genitorialità “indipendentemente da come nasce un bambino”, promuovendo per tutti gli Stati membri, la maternità surrogata.
Maternità surrogata
Ad esprimersi in materia di maternità surrogata è stato Claudio Giorlandino, direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine. Come riporta l’Ansa, infatti, il direttore ha affermato che con tale modalità “si perde quel rapporto intimo definito limbic imprinting. Una connessione profonda che tutte le madri hanno da sempre sperimentato e che sentono esistere in modo indissolubile. È quel processo mediante il quale le esperienze prenatali si imprimono sul sistema limbico attraverso la madre e che la madre, da parte sua, vive e sperimenta come un primitivo senso di nutrizione, di accudimento, di legame indissolubile e profondo verso il prodotto del concepimento. Il sistema limbico comprende le strutture del cervello che controllano le emozioni, i ricordi, la passionalità ma anche la commozione, l’eccitazione, la sensibilità, l’empatia. Questo importante meccanismo differisce tra l’uomo e la donna. La natura ha fatto in modo che la donna, per essere madre, usi la porzione limbica evoluta più recentemente rispetto a quella maschile. Tutto serve a fare, della gravidanza, un processo infinitamente più profondo e strutturante la personalità femminile rispetto alla semplice biologia placentare”.
Alla maternità surrogata ricorrono in genere, ha sottolineato, “donne che hanno difficoltà o impossibilità a portare avanti una gravidanza a causa di problemi medici o di fertilità, ad esempio per condizioni che rendono pericolosa o impossibile una gestazione oppure, più frequentemente, per essere state sottoposte a interventi chirurgici che hanno reso impossibile per loro portare avanti una gravidanza allo stesso modo di coloro che nascono senza l’utero. Tutte queste donne, però, hanno ovaie in grado di produrre ovociti fecondabili che, una volta fecondati possono essere trasferiti a una donna ricevente. Ovviamente, in questi casi, la maternità surrogata può rappresentare l’unica opzione per avere un figlio biologico”.
Rimozione degli ostacoli economici
Una sintesi utile sullo stato d’arte delle cose arriva dall’ambito della formazione e dell’accademia. In un editoriale sull’Avvenire, infatti, il Docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano e Coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto G. Toniolo, Alessandro Rosina, ha così espresso il suo parere.
“Il desiderio di avere figli deve combinarsi con la felicità di una sua piena realizzazione – si legge nell’articolo -. Desiderio e felicità portano ad andar oltre, con effetti positivi nel proprio percorso di vita e contaminazione positiva verso l’esterno. Facciamo in modo che le giovani madri e i giovani padri siano felici di avere un figlio, come parte di una sfera di realizzazione più ampia. Proviamo ad immaginare un Paese nel quale al colloquio di lavoro a una giovane donna venga sì chiesto se desidera avere figli, ma non per penalizzarla nell’assunzione, all’opposto: con la finalità di illustrare quello che l’azienda offre a madri e padri in modo che la loro attività sia positivamente integrata, non in contrapposizione, con gli impegni familiari. In una situazione di questo tipo non esiste più un “ostacolo” maternità per le donne, con conseguenti possibilità di carriera e di reddito non diverse rispetto alle donne che non hanno figli e agli uomini”.
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