Endometriosi, quando il dolore diventa invisibile (ma non per chi lo vive)
- 28/03/2025
- Fertilità
Ogni mese, milioni di donne si trovano a combattere una battaglia invisibile, fatta di dolore cronico, diagnosi tardive e pregiudizi che ancora oggi circondano una delle patologie femminili più diffuse e invalidanti: l’endometriosi. Eppure, se ne parla ancora troppo poco. Ecco perché il 28 marzo, Giornata Mondiale dell’Endometriosi, diventa un’occasione cruciale per accendere i riflettori su questa condizione, che colpisce circa 190 milioni di donne nel mondo, con una prevalenza tra il 10% e il 15% solo in Italia. Un numero impressionante, eppure il percorso per arrivare a una diagnosi resta lungo e tortuoso, con un ritardo medio di ben sette anni. Ma cos’è esattamente l’endometriosi e quali sono le sue implicazioni sulla vita di chi ne soffre?
L’endometriosi: cos’è e come si manifesta
L’endometriosi prende il nome dall’endometrio, il tessuto che riveste l’interno dell’utero e che, in condizioni normali, si sfalda ogni mese con il ciclo mestruale. Tuttavia, quando questo tessuto cresce in sedi anomale – come ovaie, tube di Falloppio, peritoneo e persino intestino o vescica – si innesca una reazione infiammatoria cronica che può provocare dolore e, nei casi più gravi, infertilità.
La sintomatologia dell’endometriosi varia notevolmente da donna a donna, ma il tratto distintivo è il dolore pelvico cronico. “Il dolore mestruale intenso non dovrebbe mai essere considerato normale”, sottolinea il dottor Marco Grassi, ginecologo presso l’ospedale ‘C. e G. Mazzoni’ di Ascoli Piceno. “Spesso si tende a minimizzare il problema, etichettandolo come un semplice fastidio femminile, ma la realtà è ben diversa. L’endometriosi è una patologia infiammatoria cronica che colpisce soprattutto tra i 25 e i 35 anni, ma può manifestarsi anche in età più giovane. Se non diagnosticata in tempo, può compromettere gravemente la qualità di vita della donna“.
Tra i sintomi più comuni troviamo dismenorrea severa (dolore mestruale molto intenso), dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali), dolori addominali e pelvici persistenti, sanguinamenti abbondanti e irregolari, problemi intestinali come stipsi o diarrea e gonfiore addominale. Nei casi più gravi, si possono verificare aderenze tra gli organi interni, con ripercussioni importanti sulla funzionalità degli stessi.
Perché è così difficile diagnosticarla?
Uno degli aspetti più frustranti per le donne affette da endometriosi è il ritardo nella diagnosi. In media, servono tra i sette e i dieci anni per ottenere un riconoscimento ufficiale della malattia. “Il ritardo diagnostico è dovuto a diversi fattori: la scarsa conoscenza della patologia, la variabilità dei sintomi e la tendenza a normalizzare il dolore mestruale”, spiega il dottor Grassi. “Molte pazienti passano da un medico all’altro senza ottenere risposte concrete, accumulando anni di sofferenza non necessaria”.
Per diagnosticare l’endometriosi, si parte dall’anamnesi della paziente, valutando la storia clinica e la familiarità con la malattia, inoltre è importante considerare la presenza di casi in famiglia, poiché esiste una predisposizione genetica alla condizione. “L’ecografia pelvica è un primo passo fondamentale per individuare la presenza di cisti ovariche endometriosiche, ma nei casi più complessi è necessaria la risonanza magnetica per una diagnosi più dettagliata”, afferma Grassi. La laparoscopia, un intervento chirurgico minimamente invasivo, rimane l’unico metodo certo per confermare la diagnosi e, quando possibile, rimuovere i tessuti anomali.
Gli stadi dell’endometriosi e il loro impatto sulla fertilità
Non tutte le forme di endometriosi sono uguali. L’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) ha classificato la patologia in quattro stadi, in base alla gravità della diffusione del tessuto ectopico:
- Primo stadio (minimo): poche lesioni superficiali, senza cisti o aderenze significative.
- Secondo stadio (lieve): maggiore diffusione del tessuto, ma senza alterazioni significative degli organi pelvici.
- Terzo stadio (moderato): presenza di cisti ovariche endometriosiche e aderenze tra gli organi.
- Quarto stadio (grave): impianti profondi, cisti di grandi dimensioni e aderenze estese che possono compromettere seriamente la funzionalità riproduttiva.
L’endometriosi è una delle principali cause di infertilità femminile, con un’incidenza che varia dal 30% al 50% tra le donne con difficoltà a concepire. Tuttavia, non tutte le donne con endometriosi sono infertili: “Le forme più lievi consentono comunque una gravidanza naturale, mentre nei casi più avanzati si può ricorrere alla procreazione medicalmente assistita”, chiarisce Grassi.
Esiste una cura definitiva?
Attualmente, non esiste una cura risolutiva per l’endometriosi, ma diverse terapie mirano a gestire i sintomi e a migliorare la qualità di vita delle pazienti. Il trattamento varia in base alla gravità della malattia, all’età della donna e al suo desiderio di maternità. “Nei casi meno gravi, la terapia ormonale con contraccettivi estroprogestinici o progestinici aiuta a ridurre il dolore e la progressione della malattia”, spiega Grassi. “Per le pazienti che non rispondono ai farmaci o che desiderano una gravidanza, l’intervento chirurgico laparoscopico è spesso la soluzione migliore”.
Alcuni trattamenti più avanzati includono gli analoghi del GnRH, che bloccano la produzione ormonale simulando una menopausa temporanea, con effetti collaterali importanti. “Questo approccio è riservato ai casi più complessi e deve essere attentamente monitorato”, aggiunge Grassi.
Dieta, sport e benessere: come convivere con l’endometriosi
Anche se l’endometriosi non si può prevenire, alcune scelte di vita possono contribuire a migliorare i sintomi. “L’alimentazione gioca un ruolo chiave”, afferma Grassi. “Una dieta ricca di fibre, Omega 3 e povera di zuccheri raffinati può ridurre l’infiammazione e migliorare il benessere generale”. Tra gli alimenti consigliati ci sono verdure a foglia verde, legumi, pesce azzurro e frutta secca, mentre è preferibile limitare il consumo di latticini, carne rossa e cibi processati.
Anche lo sport può fare la differenza. “L’attività fisica regolare aiuta a ridurre il dolore grazie al rilascio di endorfine e abbassa i livelli di estrogeni, ormoni che stimolano la crescita dell’endometrio”, spiega Grassi. Discipline come yoga e pilates, in particolare, migliorano la flessibilità e riducono la tensione pelvica, offrendo sollievo a molte pazienti.
Nonostante la sua diffusione, l’endometriosi resta ancora oggi una patologia poco conosciuta e spesso sottovalutata. Parlare di endometriosi significa dare voce a milioni di donne che per troppo tempo sono state ignorate, permettendo loro di ricevere diagnosi più precoci e trattamenti più efficaci.