Tasse sugli extraprofitti delle banche, quanti italiani non riescono a pagare il mutuo?
Il governo ha deciso di introdurre le tasse sugli extraprofitti delle banche maturati nel 2023.
Il “gettito”, che deriva dal prelievo del 40% sugli extraprofitti delle banche, potrebbe ammontare anche a 2,8 miliardi di euro, ma è ancora difficile fare delle stime. Ci sono certezze, invece, sull’utilizzo di questi fondi che “saranno destinati all’aiuto ai mutui prima casa e al taglio delle tasse”, come ha assicurato il vicepremier Salvini.
Passeranno delle settimane per l’effettiva entrata in vigore della misura, perché l’iter prevede prima la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e poi successiva conversione in legge entro 60 giorni. La norma potrebbe diventare operativa da settembre.
La decisione sorprende, soprattutto ascoltando le parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, stranamente assente nella conferenza stampa di ieri, che a giugno diceva: “Non abbiamo in cantiere nessuna tassazione sugli extraprofitti”. D’altro canto, il governo aveva più volte invitato ad una maggiore cautela sul rialzo dei tassi che non conosce tregua e che dall’anno scorso sta mettendo in difficoltà molte famiglie italiane. “Così correggiamo gli errori della Bce”, ha dichiarato dopo la conferenza stampa l’altro vicepremier Antonio Tajani.
Quante famiglie hanno un mutuo in Italia?
In Italia le famiglie indebitate sono circa 6,8 milioni, oltre la metà (3,5 milioni) con un mutuo prima casa. A marzo 2023 il totale delle rate non pagate da quasi un milione di famiglie italiane ha sfiorato i 15 miliardi di euro.
Chiaramente, il rialzo dei tassi imposto dalla Bce per contrastare l’inflazione non si è riversato solo sui mutui, ma più in generale sui prestiti chiesti alle banche. Da un’analisi della Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, emerge che, dei 14,9 miliardi di crediti deteriorati, 6,8 miliardi sono mutui non pagati, altri 3,7 sono rate di credito al consumo non rimborsato e altri 4,3 sono arretrati di altri prestiti personali.
Dal punto di vista geografico, i dati sugli inadempimenti divisi per regione mostrano un notevole parallelismo con la distribuzione demografica del Paese. La Lombardia si piazza in cima alla lista con un ammontare di 2,6 miliardi di euro, rappresentando la regione con la più alta concentrazione di finanziamenti in difficoltà. Poi c’è il Lazio con 2 miliardi, la Campania con 1,4 miliardi, la Sicilia con 1,2 miliardi, e Puglia e Basilicata insieme con 1 miliardo e 65 milioni. La classifica prosegue con il Veneto a 1 miliardo e 27 milioni, Piemonte e Valle d’Aosta insieme con 984 milioni, l’Emilia-Romagna con 983 milioni, la Toscana con 973 milioni, la Calabria con 418 milioni, le Marche con 390 milioni, e l’Abruzzo e il Molise insieme con 372 milioni. Seguono la Liguria con 361 milioni, la Sardegna con 318 milioni, il Trentino-Alto Adige con 239 milioni, l’Umbria con 226 milioni, e il Friuli-Venezia Giulia con 222 milioni. Concentrandoci sui mutui, nella Lombardia gli arretrati ammontano a 1,4 miliardi di euro (618 milioni di sofferenze, 707 milioni di inadempienze probabili e 124 milioni di rate scadute); nel Lazio, il fenomeno rappresenta un valore di 934 milioni (327 milioni di sofferenze, 503 milioni di inadempienze probabili e 104 milioni di rate scadute); in Campania l’ammontare si attesta a 614 milioni (279 milioni di sofferenze, 275 milioni di inadempienze probabili e 60 milioni di rate scadute); infine, la Sicilia contribuisce con 549 milioni di euro (205 milioni di sofferenze, 282 milioni di inadempienze probabili e 62 milioni di rate scadute).
A tenere banco nelle discussioni politiche e in cima alle preoccupazioni dei cittadini sono i mutui a tasso variabile. A fine luglio la Banca centrale europea ha alzato nuovamente i tassi di interesse di 0,25 punti percentuali, portando il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali dal 4 al 4,25%. Si tratta del nono rialzo dei tassi in meno di un anno.
“Una rovina per chi ha un mutuo a tasso variabile e per le famiglie e le imprese che devono chiedere un prestito”, commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione consumatori italiani.
Nel 2021 i tassi di interesse erano fermi allo 0,6%. Oggi i mutui a tasso fisso di durata 20 anni possono partire da un tasso del 3,8% e da un Taeg (Tasso annuale effettivo globale che tiene conto delle spese accessorie) del 4%. Utilizzando gli stessi parametri con un tasso variabile, il tasso parte dal 4,5% e il Taeg arriva al 4,8%.
In molti casi chi ha contratto un mutuo a tasso variabile prima del rialzo dei tassi iniziato l’anno scorso, oggi si trova a pagare una rata raddoppiata. Dunque, oggi il variabile è più caro del fisso, una situazione che non si verificava dal 2008, non a caso nel 2023 le richieste di mutui a tasso variabile sono crollate, rappresentando solo il 16% del mercato. Chiaramente, soprattutto sui mutui, le valutazioni andrebbero fatte sul lungo periodo e non nel breve.
Il rialzo dei tassi e l’impatto sull’economia
Quello appena chiuso è stato il primo semestre negativo per il Pil italiano dopo la costante crescita registrata post pandemia. Due forze tra loro contrapposte contribuiscono a ridurre gli acquisti: l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse. Guardando l’incidenza delle spese obbligate sui consumi degli italiani, pari al 41,5%, si fa strada il dubbio che la politica scelta dalla Bce sia troppo restrittiva. “L’azione delle banche centrali per contrastare l’inflazione è comprensibile – diceva qualche settimana fa il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti – ma parimenti comprensibile è il timore degli effetti recessivi per l’economia europea ancora sotto stress”.
Come riporta il Sole 24 Ore, Antonio Patuelli, presidente di Abi, ci ha tenuto a sottolineare che: “Le banche sopportano da anni una pressione fiscale più elevata del 3,5% rispetto alle altre imprese, con un’Ires del 27,5% rispetto all’aliquota ordinaria del 24%, cui si aggiunge il 26% di ritenuta di acconto per i dividendi dei risparmiatori azionisti”.
Una denuncia che non ha smosso le intenzioni del governo, fermo nell’evidenziare come, a differenza dei tassi sui mutui e finanziamenti, il tasso sui depositi non abbia goduto di alcun beneficio. Anche questo disallineamento ha spinto il governo ad approvare il prelievo sugli extraprofitti delle banche, anche per ridare ossigeno alle famiglie a pochi giorni dal tramonto del Reddito di cittadinanza.
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